Il blitz dei commandos della Marina israeliana contro la "Gaza flottilla" è al centro dell'analisi di esperti militari che ne esaminano il
fallimento. In realtà, in termini puramente militari, la missione ha avuto successo perché l'obiettivo di impedire alle sei imbarcazioni di raggiungere la Striscia di territorio palestinese controllata da Hamas è stato raggiunto.
Di fallimento si può parlare in termini politici e mediatici di fronte allo sviluppo dell'operazione, nella quale gli incursori israeliani hanno ucciso nove attivisti, non al suo esito. Dan Williams, dell'agenzia Reuters , parla senza mezzi termini di errori nell'intelligence, nelle armi usate e nelle tattiche.
Un portavoce della Marina di Gerusalemme, parlando alla radio militare israeliana, ha ammesso ieri che «non ci aspettavamo tanta resistenza da parte degli attivisti, ci avevano parlato di membri di organizzazioni umanitarie» . Un'ammissione implicita dell'insufficienza delle informazioni acquisite in fase di pianificazione del blitz, almeno per quanto riguarda la nave turca «Mavi Marmaris» dove si sono verificati gli scontri e alcuni militari israeliani sono stati aggrediti e feriti appena scesi sul ponte dall'elicottero dal quale si calavano appesi a una fune determinando la reazione dei loro commilitoni.
Un gap nelle informazioni che può sorprendere se si considera che a mettere a punto l'operazione per violare dal mare l'embargo a Gaza è stata l'organizzazione non governativa turca IHH (Fondo di Aiuto Umanitario), il cui fondatore Bulent Yildirim ha incontrato recentemente a Damasco Khaled Meshaal, segretario generale di Hamas. I servizi segreti statunitensi ed europei segnalarono in passato attività dell'IHH a favore dei miliziani iracheni mentre l'antiterrorismo turco evidenziò già nel 1997 il ruolo di Yldirim nel reclutamento di miliziani jihadisti per la guerra in Bosnia. Jason Alderwick, esperto di guerra marittima dell'International Institute for Strategic Studies di Londra, ritiene che i commandos israeliani non siano stati abbastanza forti e veloci né in numero sufficiente per assumere il controllo totale della "Mavi Marmaris" nonostante il blitz sia scattato alle 4 di mattino, quando molti attivisti ancora dormivano
Le armi non letali, i lacrimogeni, sfollagente e granate stordenti flash-bang impiegati dai team d'assalto nell'abbordaggio effettuato con elicotteri e motoscafi, si sono rivelate inadeguate. I fucili con proiettili di gomma e a vernice per "marcare" i facinorosi si sono rivelati del tutto inefficaci controattivisti armati di spranghe, coltelli e bombe molotov che si erano addestrati ad affrontare gli israeliani con le tattiche della guerriglia urbana ed erano per lo più equipaggiati con giubbotti imbottiti, antiproiettile e maschere antigas.
«È evidente che l'equipaggiamento impiegato per disperdere la folla era inadeguato», ha ammesso il capo di stato maggiore della Difesa, generale Gabi Ashkenazi. Paradossalmente l'aver utilizzato armi troppo poco offensive e letali, scelte per non causare gravi danni a un "nemico" composto da civili, ha contribuito ad azzerare la deterrenza dei militare incoraggiando gli attivisti pro-Hamas a scatenare la violenza. Un aspetto singolare, ben noto agli esperti di anti-sommossa, in base al quale una ridotta manifestazione di potenza può costringere poi a un uso sproporzionato della forza.
Con sette compagni feriti, due gravi colpiti da armi da fuoco, gli incursori israeliani hanno utilizzato armi e munizioni letali per avere ragione degli avversari. Considerando che il blitz è stato effettuato in alto mare, i commandos erano il reparto più adatto ma la natura dell'obiettivo, che non era rappresentato né da militari nemici né da terroristi, avrebbe reso più idoneo l'impiego di reparti antisommossa della polizia, meglio addestrati e abituati a contrastare la folla (specie i manifestanti ben organizzati) ma difficilmente impiegabili per arrembaggi dal mare e dal cielo.
«
Ci aspettavamo di dover contrastare al massimo qualche forma di resistenza passiva - ha detto il capitano R. ai media israeliani - ma quelli volevano ammazzarci». Gli analisti di Debka.com, sito israeliano molto vicino agli ambienti militari e dell'intelligence, criticano l'impiego di forze speciali, addestrate per colpi di mano contro obiettivi strategici e «sprecate» in una rissa corpo a corpo con centinaia di attivisti. Anche il blitz in mare a 80 miglia dalla costa viene giudicato inutile dal momento che l'area di blocco navale intorno Gaza comincia a 20 miglia e un raid a quella distanza dalla costa sarebbe stato più facile da giustificare.
Infine occorre valutare
l'unica altra opzione al blitz rappresentato dall'impiego di navi da guerra per dirottare anche la "Mavi Marmaris" sul porto israeliano di Ashdod dove la gestione della sicurezza sarebbe ricaduta sulla polizia di frontiera dotata di reparti anti-sommossa. Se questa opzione non avesse avuto successo sarebbe comunque rimasto tempo sufficiente a lanciare un blitz con le forze speciali.
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