Oggi alla cena di Arcore si parlerà
anche del successore di Luca Zaia
UGO MAGRI
ROMA
Sulla premessa (vera o falsa non importa) che la Lega ha stravinto le elezioni al Nord, e il Pdl invece le ha straperse, Bossi getterà lo spadone sulla bilancia. In amicizia, per carità, perché lui e Berlusconi hanno giurato a vicenda di non litigare mai più. Però ci sono un paio di questioni in sospeso che riguardano il governo e la politica di qui al 2013. Due questioni su cui la Lega vuole parole chiare già stasera, quando Silvio e Umberto si siederanno a tavola.
Anzitutto, il ministero delle Politiche agricole. Chi vive in città non si rende conto di che peso abbia, e quanti voti muova, specie in Padania. Ora lì c’è Zaia, del Carroccio, che però è stato eletto governatore in Veneto. Dovrà mollarlo. E nel «do ut des» con il Piemonte, ceduto alla Lega, quel dicastero tornerà al Pdl. In teoria ci sarebbe Galan, spodestato proprio da Zaia. Ma Galan pensa di meritare ben altro. E poi la Lega gli rimprovera di avere sparso veleni, ha consegnato a Berlusconi un dossier di interviste e discorsi dove (tolta l’accusa di sbranare i bambini) Galan imputa al Carroccio la qualunque. Per cui, una volta accomodati a cena, Bossi dirà al premier: «Noi rinunciamo all’Agricoltura, d’accordo; ma chi dei vostri sarà ministro dopo Zaia, lo decidiamo noi». Quel «qualcuno» nella testa del Senatùr ha nome e cognome, si tratta di Enzo Ghigo che i leghisti considerano amico fedele. Se Berlusconi darà l’okay, al Nord passerà il messaggio che va avanti chi è gradito alla Lega, e chi non lo è viene punito duro.
Qui può nascere il mugugno, i dirigenti Pdl si sentiranno sacrificati, piangeranno calde lacrime col Capo, i finiani ne profitteranno per chiedere fermezza verso il Carroccio. Ma al dunque, fra il prendere e il lasciare, si può scommettere per cosa opteranno i «berluscones». Che spargono voci incontrollate, tipo quella di Bossi deciso a reclamare qui e subito la poltrona di vice-premier per Calderoli, in modo da sancire il diverso equilibrio nel centrodestra: ipotesi che Berlusconi aveva già soppesato un anno e mezzo fa ma poi dovette abbandonare perché i vice-premier sarebbero stati due, e nel Pdl si sarebbe scatenata la rissa tra i pretendenti.
Calderoli, tra parentesi, mira più in alto: vorrebbe tracciare la rotta sulle riforme istituzionali. Ed è l’altra questione che si toccherà stasera ad Arcore, politicamente insidiosa. Bossi ricorderà al Cavaliere che ministro delle riforme, fino a prova contraria, è ancora lui. E che sua intenzione sarebbe di esercitare la delega dando credito a Calderoli. Il quale, a quel punto, tirerà fuori di tasca dei fogli con su scritta la grande riforma targata Lega: federalismo, si capisce, bilanciato dal semi-presidenzialismo alla francese. In pratica, un Capo dello Stato coi vasti poteri di Sarkozy, poi si vedrà se eletto a turno unico o a doppio turno (sistema preferito dalla sinistra italiana). Calderoli spera in questo modo di agganciare il Pd e di mettere il federalismo in cassaforte. Berlusconi verrà lusingato: «Caro Silvio, con il sistema francese potrai salire al Colle dopo Napolitano...». Se il Cavaliere non le desse retta, la Lega sarebbe pronta a tutto. Perfino a presentare in modo autonomo la sua proposta. E non sarebbe un bel segnale per la tenuta del governo.
Anche qui, però: se il progetto Calderoli va avanti, il Pdl rischia di apparire l’ennesima volta a traino. Un vagone eternamente agganciato alla «locomotiva Lega». Ecco perché il gruppo dirigente berlusconiano sta lavorando a una «proposta complessiva» sulle riforme che verrà depositata in Parlamento la prossima settimana. Già domani (nell’attesa dell’incontro chiarificatore tra il Cavaliere e Fini che ancora risulta da fissare) si riunirà l’ufficio di presidenza. Che batterà un colpo sulle riforme per dire: oltre alla Lega, esistiamo anche noi.
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSez ... girata.asp
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.