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DONNE, POLITICA E SOCIETA’…

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: DONNE, POLITICA E SOCIETA’…

Messaggioda chango il 23/03/2010, 20:37

franz ha scritto:
chango ha scritto:ma chi ha detto che basta affermare per legge un giusto principio per modificare positivamente la realtà?
evita di trasformare i tuoi interlocutori in idioti solo perchè ti è comodo.

Mah, mi pare che tu ti esprima in un ottimo italiano e che abbia sostenuto quanto io ti contesto.
molta della nostra realtà è adeguamento alle leggi e al modo in cui vengono fatte rispettare. una legge che sia in grado di determinare un dato comportamento (es obbligo del 30% delle candidature femminili, pena esclusione della lista) incide sulla realtà. ...con il 30% la realtà vede un aumento consistente dei posti per le donne. ...il paese potrà rimanere incivile, ma lo è sicuramente meno di prima....

Ora io non sostengo che queste cose siano dette da idioti (quindi evita di fare la vittima come berlusconi) ma semplicermente che la norma impositiva non basta e che quindi ci uole ben altro.
In piu' sostengo che non è la norma in sè ma la qualità di questa norma che conta.
Spero di poterlo dire senza per forza sentirmi messo tra coloro che ritengono idioti chi la pensa diversamente.
Le quote sono una norma protezionistica, come i dazi doganali, come le quote latte.
Proteggono qualcuno e danneggiano altri. Sono norme compensatorie, tipiche di una società corporativa (come è la nostra, dal secolo scorso). Le società piu' free e liberal invece sono quelle prive di quelle norme ed in cui tutti (donne, giovani, anziani, stranieri, ...) possono emergere, senza alcun ausilio legislativo di tipo impositivo. Eventualmente solo con norme di indirizzo e sostengno.

Franz


una legge che sia in grado di determinare un dato comportamento non mi pare che sia semplicementer l'affermazione per legge di un giusto principio.
un giusto principio è affermare che non c'è differenza tra uomini e donne.
fissare delle quote vuol dire dare applicazione a quel principio.
ma si vede che abbiamo concetti di principio diversi.

le quote non c'entrano nulla con i dazi doganali, dato che hanno come obiettivo quello di rimuovere delle barriere all'ingresso per quei soggetti che altrimento dovrebbero superare ostacoli che altri non hanno.
le quote rose sono uno strumento di azioni positive o "discriminazioni positive" che in altre forme sono state utilizzate sia negli USA che previsti dall'UE.

una società può essere free e liberal quanto gli pare, questo non implica che non vi siano discriminazioni di genere e che queste si manifestino oltre che nei redditi anche e nella possibilità di ricoprire ruolo dirigenziali.
chango
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Re: DONNE, POLITICA E SOCIETA’…

Messaggioda chango il 23/03/2010, 21:10

franz ha scritto:
chango ha scritto:indipendentemente dal genere?
i carichi del lavoro di cura della famiglia non è indipendente dal genere proprio per nulla.
ai figli piccoli o agli anziani bada la donna non certo l'uomo.
la concilizione dei tempi tra lavoro pagato e lavoro non pagato è un problema della donna.
il dover scegliere tra famiglia e lavoro/carriera è un problema della donna.

Chiaro che esiste una oggettività nel fatto che l'uomo 40'000 anni fa andasse a caccia di mammut e la donna no.
E se oggi una donna puo' guidare treni, aerei, fare l'ingengere o il ministro, rimane comuque una traccia profonda (nella cultura) di quella oggettività. Proprio perchè "oggettiva" non è con una legge che la modifichi. Fa parte di un retaggio culturale che non a affrontabile per legge.
Per esempio la differenza tra la nostra cultura e quella svedese non è ricuperabile emanando leggi sulle quote rosa e il fatto che non lo si capisca è appunto un problema di cultura.

se un'intera società è organizzata male come la riorganizzi? con le leggi.

Non mi pare un banale problema organizzativo, per cui basta emanare una norma (non si passa col rosso, si circola sulla destra, si rispettano i limiti di velocità) come se bastasse una convenzione comunemente accettata per mettere tutto a posto. Il problema non è organizzativo ma culturale. Di mentalità, di comportamenti, abitudini.
A seguire il tuo esempio imporrei un obbligo di quote per film di cultura al cinema e televisione ed avremmo un netto miglioramento del livello culturale della nazione. Imponiamo anche ad ogni italiano di leggere 12 libri all'anno (un'apposita commissione del minculpop controllerà che cio' avvenga) con un'apposita legge dello stato. Non cambierà molto ma il paese sarà migliore (tue parole). Forse hai ragione a ma fa ridere e preferisco vivere dove non ci sono quote rosa ma la quantità di donne al lavoro ed in politica è il doppio che in Italia. Ritengo che proposte del genere siano la perfetta testimonianza dell'impotenza della politica di fronte a certi fenomeni. Non sapendo come fare nel concreto ad incidere nella società e nella cultura, ci si trastulla nell'illusione delle regola impositiva e prescrittiva (che è un concetto tipicamente maschile e autoritario). In reatà poi le donne non sono interessate questo modo politico di pensare perché è alieno ad ogni impostazione femminile del mondo salvo quelle poche donne autoritarie che si comportano come maschi e quindi apprezzano il modo maschile di impostare le regole del potere.

Tra l'altro proprio nei posti in cui le donne sono piu' avanti (come la Svezia) sono contro le quote, perché le penalizzano.
Metti che ci sia una quota del 50% (che per ovvia specularità impone il minimo di donne ma anche di uomini).
Se le donne brave ad un concorso fossero l'80%, risulterebbero penalizzate, perché c'è la quota massima di donne e minima di uomini. Idem se in un determinato contesto risultasse che i migliori candidati sono all'80% uomini. Alla fine quello che conta è il merito e la parità di condizioni di partenza.
http://www.repubblica.it/esteri/2010/01 ... a-2007736/

Comunque mi sento in buona compagnia, con Emma Bonino:

BONINO: QUOTE ROSA? RIDICOLE
La Stampa - 15 ottobre 2005 La bocciatura alla Camera: "Sono un provvedimento emergenziale da Afghanistan" di Antonella Rampino «E insomma, ancora con le quote rosa...». Un pò si stranisce Emma Bonino, a sentirsi chiedere di qualcosa che evidentemente considera la mitica arretratezza della politica anche femminile italiana. E non perché, ai tempi, la sua campagna «Emma for president» fosse tutta impostata sull'«uomo giusto per il Quirinale».

Ma, naturalmente, perché «il vero dramma è il ritorno al proporzionale che c'era negli anni Ottanta, la violazione delle regole, l'insulto agli elettori che con i referendum hanno scelto con chiarezza il maggioritario..». Però, Bonino, quello delle quote-rosa si è configurato come un dramma nel dramma. Lei le giudica alla stregua di liste-Panda, riserva d'apartheid femminile. Ma con la situazione che c'è in Italia, resa plasticamente evidente con il voto segreto per affossarle, e richiesto proprio dal centrosinistra, non si può considerare necessità una non-virtù? «Ancora con i provvedimenti emergenziali? Ma allora le donne sono davvero parte della politica! Guardi, sono accettabili in Afghanistan, in Marocco. Non in Italia». Lo dice perché il trenta per cento di quote rosa nelle proposte della Cdl e della Margherita erano ben al di sotto della riserva afghana, notoriamente fissata al cinquanta per cento? «Anche. Ma il punto è che fa ridere pensare che in Italia abbiamo bisogno di quote.

Il punto, come è noto, è il potere delle donne all'interno dei partiti, per quel che riguarda la politica. E forse è anche meglio che non siano passate, visto che per metterci una pezza tutti, da Forza Italia ad An ai diesse, hanno poi assicurato che ci saranno percentuali forti di candidate. Badi bene che quando dico "nei partiti" intendo "nella società". E' per quello che le quote sono ridicole. Che vogliamo fare, tot giornailiste alla Rai, tot signorine negli enti pubblici?». Quindi, meglio che la Camera abbia bocciato... «Meglio. A me sembra che noi donne dovremmo ritenere e cercare di valere ben oltre la semplice appartenenza a un genere.

Le faccio un esempio: quando nel 1976, non per legge ma per scelta politica, tutti i capilista del partito radicale erano donne, non per legge ma per scelta politica, verificammo la ridicolaggine. Fu difficilissimo non dover ricorrere a certe signorine che non avevano requisiti politici, o di intelligenza, difetti che si riscontrano naturalmente anche tra le donne, oltre che tra gli uomini. E bisognerebbe invece chiedersi perché, a parte la Aglietta, la Francescato e me, in Italia non ci sono e non ci siano state donne segretario di partito». Dunque un'emergenza c'è. Ed è, se vuole, un'emergenza che non riguarda solo le donne, essendo legata al meccanismo di selezione delle classi dirigenti, che in Italia ancora avviene troppo spesso più per cooptazione che per merito...

«La fermo subito. Io non penso affatto che i mezzi giustifichino i fini. Piuttosto, i mezzi prefigurano i fini. E a me prefigurare una società a quote, in cui dobbiamo essere tot neri, tot gialli, tot bianchi, tot donne nere, tot donne gialle...». Questo lei lo dice per via della sua larga esperienza nelle istituzioni internazionali, dove, dall'Onu alla Commissione europea, dal Fondo Monetario alla World Bank, le quote ci sono, e da sempre. «Lì è un problema di nazionalità, ed è una regola che vige anche e soprattutto in base ai finanziamenti, nazione per nazione. Si chiameranno anche quote, ma non sono stabilite da leggi, si tratta di semplice consuetudine, legata al fatto che chi più mette, più posti vuole. Una specie di lottizzazione, che nella Ue è legata specificatamente a criteri di grandezza e contributi dei paesi. E guardi che non produce risultati particolarmente brillanti. Anzi, è spesso uno dei motivi non secondari di disfunzione e inefficienza di queste istituzioni».

E tuttavia le quote rosa in Germania e in Francia esistono, anche se certo non sono state loro a produrre nè Edith Cresson, nè Angela Merkel... «In Germania le quote ci sono, ma all'interno dei partiti. In Francia non hanno prodotto, se così possiamo dire, neanche un sindaco. Ma farle in Italia, per il Parlamento, sa cosa signilicherebbe? In un Paese come il nostro produrrebbe quote tra i direttori di giornali, di banche pubbliche, di ospedali... E poi lei parlava di cooptazione: anche le quote lo sono. Perché c'è sempre qualcuno che decide, i segretari di partito, gli editori di giornali o televisioni, di enti locali o finanziari. E loro, in un mondo in cui c'è la cooptazione e non la meritocrazia, molto semplicemente invece degli amichetti loro ci metteranno le amichette loro. Problema non risolto, insomma».


la cultura di un popolo non influenza e non è influenzata dalle leggi che quel popolo si dà?

la differenza tra noi e gli svedesi è il tipo di organizzazione sociale che si sono dati.
un modello di welfare di tipo socialdemocratico caratterizzato dall'erogazione di servizi che allegerisce, rispetto al nostro, il carico di lavoro della donna e le garantisce la possibilità di conciliare lavoro e famiglia aiuta molto l'emancipazione della donna e la possibilità di un riequilibrio tra i generi.
il sistema di welfare lo realizzi attraverso le leggi non norme di indirizzo.
il sistema sociale in cui vivono ne rappresenta e ne forma la cultura.

in Svezia le quote rosa probabilmente non servono, visto il livello di partecipazione che hanno raggiunto. ma questo non implica che in altri contesti non siano applicabili.

certo che alla fine quello che conta è il merito e le condizioni di partenza.
il primo problema sono le condizioni di partenza, però. che non sono le stesse per uomini e donne.
soprattutto in un contesto di discriminazione di genere.
dire che tutti si parte uguali non basta.
ci sono differenze che non possono essere eliminate (le capacità individuali), ma ce ne sono altre che non hanno ragione di esistere.

e poi ti lamenti se uno ti contesta il fatto che vuoi far passare gli altri per idioti?
A seguire il tuo esempio imporrei un obbligo di quote per film di cultura al cinema e televisione ed avremmo un netto miglioramento del livello culturale della nazione. Imponiamo anche ad ogni italiano di leggere 12 libri all'anno (un'apposita commissione del minculpop controllerà che cio' avvenga) con un'apposita legge dello stato. Non cambierà molto ma il paese sarà migliore (tue parole).


a seguire il mio esempio, come minimo non hai capito molto di quello che ho scritto.
ma probabilmetne è colpa mia che non sono stata abbastanza chiaro e ho saltato qualche passaggio.
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Re: DONNE, POLITICA E SOCIETA’…

Messaggioda franz il 24/03/2010, 0:21

chango ha scritto:la cultura di un popolo non influenza e non è influenzata dalle leggi che quel popolo si dà?

Ecco, la cultura di un popolo infuenza al 95% le leggi che fa e quindi non è possibile fare la stessa affermazione al contrario. la culturà è causa, le leggi sono effetto. Non il contrario. Nessuno fa leggi contro la propria cultura.
chango ha scritto:a seguire il mio esempio, come minimo non hai capito molto di quello che ho scritto.
ma probabilmetne è colpa mia che non sono stata abbastanza chiaro e ho saltato qualche passaggio.

Ok, allora visto che il problema è culturale si fa una legge che ti impone di essere piu' chiaro oppure che mi impone di capire.
Il problema è risolto. Caso chiuso. :D
Franz
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Re: DONNE, POLITICA E SOCIETA’…

Messaggioda chango il 24/03/2010, 9:28

franz ha scritto:
chango ha scritto:la cultura di un popolo non influenza e non è influenzata dalle leggi che quel popolo si dà?

Ecco, la cultura di un popolo infuenza al 95% le leggi che fa e quindi non è possibile fare la stessa affermazione al contrario. la culturà è causa, le leggi sono effetto. Non il contrario. Nessuno fa leggi contro la propria cultura.
chango ha scritto:a seguire il mio esempio, come minimo non hai capito molto di quello che ho scritto.
ma probabilmetne è colpa mia che non sono stata abbastanza chiaro e ho saltato qualche passaggio.

Ok, allora visto che il problema è culturale si fa una legge che ti impone di essere piu' chiaro oppure che mi impone di capire.
Il problema è risolto. Caso chiuso. :D
Franz


quindi le leggi non hanno influenza sulla società e realtà in cui vengono applicate e non contribuiscono a formare la cultura di un popolo.
ne consegue che un Paese come l'Italia è sostanzialmente irriformabile, vista la cultura "dominante".
una cultura che deve considerarsi data e immodificabile nel tempo.

perchè provare a realizzare liberalizzazioni, semplificazione amministrativa, una riforma dei codici civili o un migliore welfare?
non incidono sulla realtà e la cultura che caratterizza quel determianto contesto sociale.
chango
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Re: DONNE, POLITICA E SOCIETA’…

Messaggioda franz il 24/03/2010, 10:21

chango ha scritto:quindi le leggi non hanno influenza sulla società e realtà in cui vengono applicate e non contribuiscono a formare la cultura di un popolo.
ne consegue che un Paese come l'Italia è sostanzialmente irriformabile, vista la cultura "dominante".
una cultura che deve considerarsi data e immodificabile nel tempo.

perchè provare a realizzare liberalizzazioni, semplificazione amministrativa, una riforma dei codici civili o un migliore welfare?
non incidono sulla realtà e la cultura che caratterizza quel determianto contesto sociale.

Teniamo separate le cose, perché fare un grande calderone fa solo confusione.
Le leggi influenzano (in parte, ma non del tutto) il comportamento di chi ne è sottoposto ma solo fino ad un certo punto.
Non credo che se in Svezia, per assurdo, si facesse una legge che obbliga a rubare, tutti lo farebbero.
La legge si muove quindi nell'ambito della cultura e dell'etica dominante, non puo' andare contro, non puo' mettersi di traverso.
E qui si capisce tutto il problema del rapprto tra stato italiano (e le sue leggi) e cultura mafiosa o camorristica.
Poi dopo 100 anni il mondo cambia ed anche le leggi, se ben fatte, danno il loro contributo.
Quello che io dubito sia che il concetto delle "quote rosa" appartenga al dominio del "ben fatto".
Sicuramente se ci aspettiamo per l'italia un inversione di rotta a 180 gradi, è irriformabile solo con le leggi.
Anzi è molto piu' probabile che data la pessima situazione si facciano pessime leggi (come fu l'equo canone) e che la situazione peggiori (come è avvenuto per il mercato dell'alloggio).
Le resistenze corporative alle liberalizzazioni (pur pallide) che abbiamo osservato dimostrano che non è affatto semplice fare leggi e aspettare che il mondo cambi.
In ogni caso non ho affatto detto che la cultura deve considerarsi data e immodificabile nel tempo. Ho solo detto che non è con la legge che cambi la cultura e a mentalità delle persone.
La cultura e la mentalità cambia per altri motivi, non per le leggi. E questo cambiamento poi si rifletterà in nuove leggi, se necessario. La cultura e la mentalità cambia molti di piu' per la qualità della comunicazione (le letture fatte, la televisione, la radio, Internet, i giornali e settimanali) e per il lavoro fatto da alcuni intellettuali guida. La cultura cambia con l'istruzione scolastica e con le relazioni che gli umani hanno tra loro. La società poi cambia in funzione dei cambiamenti economici (innovazione , investimenti, mercato) e culturali. La politica è solo una parte. La politica puo' regolare l'economia (con le leggi) non la cultura ed i comportamenti umani (e che siamo, in URSS?) ma anche qui va considerato che regolare è attività complessa. Il motore puoi regolarlo bene o anche male e se lo si regola male, si spegne. La politica puo' promuovere, in campo etico culturale, non imporre (quote).

Si, per me questi sono sintomi di una impostazione che vede sempre il primato della politica, una politica omnipotente su cultura, economia, comportamenti, etica. Una classica impostazione dall'alto, autoritaria (top down, con l'imposizione di leggi emanate in alto) mentre la società la si cambia soprattutto dal basso, bottom-up, con il dialogo, la comprensione dei problemi, la comunicazione, l'educazione.

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Re: DONNE, POLITICA E SOCIETA’…

Messaggioda chango il 24/03/2010, 14:20

franz ha scritto:
chango ha scritto:quindi le leggi non hanno influenza sulla società e realtà in cui vengono applicate e non contribuiscono a formare la cultura di un popolo.
ne consegue che un Paese come l'Italia è sostanzialmente irriformabile, vista la cultura "dominante".
una cultura che deve considerarsi data e immodificabile nel tempo.

perchè provare a realizzare liberalizzazioni, semplificazione amministrativa, una riforma dei codici civili o un migliore welfare?
non incidono sulla realtà e la cultura che caratterizza quel determianto contesto sociale.

Teniamo separate le cose, perché fare un grande calderone fa solo confusione.
Le leggi influenzano (in parte, ma non del tutto) il comportamento di chi ne è sottoposto ma solo fino ad un certo punto.
Non credo che se in Svezia, per assurdo, si facesse una legge che obbliga a rubare, tutti lo farebbero.
La legge si muove quindi nell'ambito della cultura e dell'etica dominante, non puo' andare contro, non puo' mettersi di traverso.
E qui si capisce tutto il problema del rapprto tra stato italiano (e le sue leggi) e cultura mafiosa o camorristica.
Poi dopo 100 anni il mondo cambia ed anche le leggi, se ben fatte, danno il loro contributo.
Quello che io dubito sia che il concetto delle "quote rosa" appartenga al dominio del "ben fatto".
Sicuramente se ci aspettiamo per l'italia un inversione di rotta a 180 gradi, è irriformabile solo con le leggi.
Anzi è molto piu' probabile che data la pessima situazione si facciano pessime leggi (come fu l'equo canone) e che la situazione peggiori (come è avvenuto per il mercato dell'alloggio).
Le resistenze corporative alle liberalizzazioni (pur pallide) che abbiamo osservato dimostrano che non è affatto semplice fare leggi e aspettare che il mondo cambi.
In ogni caso non ho affatto detto che la cultura deve considerarsi data e immodificabile nel tempo. Ho solo detto che non è con la legge che cambi la cultura e a mentalità delle persone.
La cultura e la mentalità cambia per altri motivi, non per le leggi. E questo cambiamento poi si rifletterà in nuove leggi, se necessario. La cultura e la mentalità cambia molti di piu' per la qualità della comunicazione (le letture fatte, la televisione, la radio, Internet, i giornali e settimanali) e per il lavoro fatto da alcuni intellettuali guida. La cultura cambia con l'istruzione scolastica e con le relazioni che gli umani hanno tra loro. La società poi cambia in funzione dei cambiamenti economici (innovazione , investimenti, mercato) e culturali. La politica è solo una parte. La politica puo' regolare l'economia (con le leggi) non la cultura ed i comportamenti umani (e che siamo, in URSS?) ma anche qui va considerato che regolare è attività complessa. Il motore puoi regolarlo bene o anche male e se lo si regola male, si spegne. La politica puo' promuovere, in campo etico culturale, non imporre (quote).

Si, per me questi sono sintomi di una impostazione che vede sempre il primato della politica, una politica omnipotente su cultura, economia, comportamenti, etica. Una classica impostazione dall'alto, autoritaria (top down, con l'imposizione di leggi emanate in alto) mentre la società la si cambia soprattutto dal basso, bottom-up, con il dialogo, la comprensione dei problemi, la comunicazione, l'educazione.

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le leggi influenzano fini ad un certo punto il comportamento di chi ne è sottoposto fino ad un certo punto?
mai negato.
probabilemtne in Svezia non tutti si metterebbero subito a rubare, ma dopo un arco di tempo ragionevole il numero di persone che ruba sarebbe decisamente più alto.
i vincoli etici davanti alla forza coercitiva dello Stato sono molto più deboli.

non è chiaro perchè fare leggi implichi aspettare che il modo cambi.
fare leggi (e, ripeto, applicarle) vuol dire agire con continuità per realizzare un obiettivo.
i risultati possono richiedere anche anni prima di essere almeno apprezzabili, ma da qualche parte e in qualche momento bisogna pure iniziare.

la cultura sicuramente cambia per la qualità della comunicazione, per l'istruzione scolastica e per le relazioni che gli umani hanno tra loro. ma anche queste (chi più chi meno) sono influenzate dalle leggi che regolano una società (es. durata dell'obbligo scolastico, materie insegnate, facilità di "fare" comunicazione/informazione, ecc.).
stesso discorso vale per i cambiamenti economici (innovazione , investimenti, mercato).

la politica regola i comportamenti umani (anche senza essere in URSS) nel momento in cui con le leggi prevedeil divieto di uccidere e per chi non lo rispetta la relativa pena, oppure quando prevede che non si passa con il rosso, quando stabilisce l'obbligo di mandare il proprio figlio a scuola da una certa età in poi, anche se uno avrebbe voglia si mandarlo a 7 anni a lavorare in fabbrica.

non mi è chiaro perchè le quote rosa rientrebbero nel campo etico-culturale.
le quote rosa sono un'imposizione tanto quanto lo è il limite dei due mandati fissato per sindaci e presidenti di regione.
in nessuno dei due casi vedo implicazioni etiche di qualche rilevanza.

una società si cambia sia dall'alto che dal basso attraverso un "flusso circolare".
dal basso, attraverso il dialogo, la comprensione dei problemi possono essere promosse delle giuste istanze sentite da una minornaza nell'indifferenza generale della maggioranza.
dall'alto quelle istanze possono ricevere la forza necessaria per essere accettate dalla maggioranza.
vale per le quote rosa, ma può valere anche per es. per le aggravanti per omofobia.
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Re: DONNE, POLITICA E SOCIETA’…

Messaggioda franz il 24/03/2010, 17:51

chango ha scritto:la politica regola i comportamenti umani (anche senza essere in URSS) nel momento in cui con le leggi prevedeil divieto di uccidere e per chi non lo rispetta la relativa pena,

Ci stiamo avvitando nella ripetizione per cui sarebbe meglio smettere.
Come ho già datto, il fatto che uccidere sia ovunque un reato ed ovunque sia prevista una pena (anche la morte, in certi paesi) non fa si' che la società cambi e diventi meno violenta.
Il divieto di uccidere, sul piano morale-etico e sul piano giuridico-penale, è presente ovunque da millenni, anche come comandamento religioso. Eppure - come dicevo - lo scorso secolo ci son state diverse centinaia di milioni di morti violente.
Ed a parità di legge ci sono nazioni con tassi di omicidi elevati ed altri piu' bassi.
Stessa legge, stessa norma, realtà diverse. Come la mettiamo?
Non è la legge in questo caso a cambiare la realtà sociale. E faccio questo esempio giusto perché lo hai proposto tu.

Io direi che invece di perdere tempo discutere di quote, come soluzione errata, sarebbe meglio cercare di capire i motivi reali delle differenze di genere nella società (nel campo del lavoro, nella politica). Magari poi si arriva a soluzioni piu' interessanti. Un po' come nel campo degli omicidi, capire la realtà sociale e le dinamiche della violenza aiuta a capire come la misura normativa piu' estrema (la pena di morte) sia assolutamente inutile, cosi' come anche l'ergastolo ed altre pene minori. Il concetto che sia sufficente la legge e la deterrenza della pena per indurre un comportamento virtuoso per me è molto illusorio. Eppure le differenze ci sono: il tasso di omicidi in finlandia o giappone è 10 volte pu' basso che negli USA. Forse che negli USA gli omicidi siano ammessi e non sanzionati? Non mi pare.

Il tasso di occupazione femminile varia di paese in paese per molti fattori e le quote sono ininfluenti.
Se volgiamo intervenire sul tasso, cerchiamo di capire le realtà sociali degli altri paesi.
Ok, lo so, per un politico incapace (ed in Italia abbondano) è molto piu' semplice e demagogico proporre le quote.
Che la realtà cambi o non cambi non importa ma potrà dire di avere fatto qualcosa.

Franz

PS: poi evitare (a proposito di regole) di quotare tutto l'intervento? Si quota solo la parte coinvolta nella risposta.
è una consuetudine utile, che non cambia molto la realtà ma permette di risparmiare spazio nella pagine e banda nella rete.
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Re: DONNE, POLITICA E SOCIETA’…

Messaggioda chango il 24/03/2010, 19:12

franz ha scritto:Come ho già datto, il fatto che uccidere sia ovunque un reato ed ovunque sia prevista una pena (anche la morte, in certi paesi) non fa si' che la società cambi e diventi meno violenta.


sicuro che una società in cui sia prevista la possibilità legale di uccidere o di farsi giustizia da soli non sia una società più violenta di una società invece che certe pratiche le punisce?
certo la violenza non sparisce, in quanto un dato livello è fisologico in ogni società e varia in base alla storia, alle regole(leggi) e alla cultura che caratterizza una determinata società.
ma una società che punisce l'omicidio è meno violenta di una che lo consente impunemente.

franz ha scritto:Il tasso di occupazione femminile varia di paese in paese per molti fattori e le quote sono ininfluenti.
Se volgiamo intervenire sul tasso, cerchiamo di capire le realtà sociali degli altri paesi.


le quote rosa non c'entrano nulla con il tasso di occupoazione delle donne, dato che possono essere applicate solo ad ambiti specifici e riguardano donne che un lavoro l'hanno già.
sono un semplice strumento che permette a donne già occupate di poter accedere a posti che sono loro preclusi senza un reale e ragionevole motivo.
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Re: DONNE, POLITICA E SOCIETA’…

Messaggioda franz il 24/03/2010, 20:03

chango ha scritto:sicuro che una società in cui sia prevista la possibilità legale di uccidere o di farsi giustizia da soli non sia una società più violenta di una società invece che certe pratiche le punisce?
certo la violenza non sparisce, in quanto un dato livello è fisologico in ogni società e varia in base alla storia, alle regole(leggi) e alla cultura che caratterizza una determinata società.
ma una società che punisce l'omicidio è meno violenta di una che lo consente impunemente.

Non sono sicuro e nessuno puo' esserlo perchè non mi risultano società che non vietino e puniscano l'omicidio.
la realtà è che tutte lo vietano, con maggiore e miniori pene ok, ma che i risultati sono diversi per fattori che non paiono legati agli aspetti legali. caso mai conta la qualità della giustizia sociale, la cultura e l'educazione ... insomma ci siamo capiti.

chango ha scritto:le quote rosa non c'entrano nulla con il tasso di occupoazione delle donne, dato che possono essere applicate solo ad ambiti specifici e riguardano donne che un lavoro l'hanno già.
sono un semplice strumento che permette a donne già occupate di poter accedere a posti che sono loro preclusi senza un reale e ragionevole motivo.

Sarà ma in un paese in cui il 30% delle donne lavora ed un altro in cui lavora il 70% ... c'è una bella differenza.
Anche qui vediamo perché l'Italia appartiene gruppo fanalino di coda del tasso di occupazione e si pone il problema delle quote mentre i paesi in cui tante donne lavorano il problema non si pone. Magari c'entra poco ma "nulla" non direi.

Franz
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Re: DONNE, POLITICA E SOCIETA’…

Messaggioda Loredana Poncini il 25/03/2010, 9:06

Quale percentuale di donne frequenta la Rete ed in che modo ? M'interessa davvero saperlo.

Le Vostre mogli e figlie e sorelle e zie che ne pensano dei panni che stendete al sole cliccando qui, ad esempio ?
Non è una mera curiosità, la mia. E' piuttosto un richiamo a osservare da vicino in un mondo che ci porta a usare il cannocchiale mediatico e ci distrae così dal prossimo più prossimo...

Riponiamo per un attimo le statistiche e diamo attenzione a chi conosciamo di persona, senza mediazioni di sorta !
Che ne dite ?
Loredana Poncini
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