Cara Loredana, sei stata così entusiasta che ho quasi il sospetto che la tua sia solo un'amara ironia.
Io invece sono molto scettico e deluso, proprio da ciò che mi viene dalla frequentazione del forum, che mi aspetterei abitato da idee, volontà e persone "diverse" dalla cultura tracimante in questi anni in Italia.
Intendiamoci: la diversità c'è, molti dei frequentatori sono evidentemente ottime persone (persone politiche, voglio dire), ma francamente - per un motivo o per un altro - il livello, la tendenza, il sapore complessivo di molti argomenti e il modo in cui sono trattati, di come vengono inseriti nel quadro generale, è scoraggiante.
Per spiegarmi meglio: mi viene da pensare che, se questa è la parte migliore - più attenta, più informata, più civile, meno qualunquista e più "politica" - dell'elettorato, come può non essere impermeabile, fisiologicamente impermeabile, a certe pulsioni qualunquiste, a certe stravaganze ideologiche?
C'è sempre come un peso che trascina in basso ogni discorso, che soffoca ogni slancio.
Un peso, di per sé, ben noto, antico, ma che c'eravamo abituati a considerare un contrappeso, non il corpo qualificante della cultura comune - un peso che è la parte più pigra e più arcaica di noi stessi, che potevamo anche avvertire con affettuosa complicità, a patto di non doverlo accettare come limite o, peggio ancora, come una rappresentazione esauriente del nostro mondo.
Probabilmente è per questo che spesso mi lascio affascinare di più da ramificazioni dialettiche che portano la conversazione sulla "filosofia" - affascinare, intendo, più di quanto già non mi succederebbe normalmente.
Ma so benissimo che questi non sono tempi da filosofia, come so benissimo da chi e come, con quali parole, quello che sto dicendo sarà qualificato.
Come per altro vedo bene che anche questa "filosofia" è sempre più di retroguardia, chiamata cioè a tornare su temi e su ragioni che per qualche decennio si pensava che fossero superati, definiti, almeno nei cieli e nelle spelonche della "sinistra", massimalista o riformista che fosse.
Chi si preoccupa di un centro-sinistra che non riesce a produrre un "programma" adatto a contendere le poltrone di governo alla destra, non si accorge che in questo stesso centro-sinistra, noi qui e noi o voi nel PD, non siamo più capaci di avere una posizione o un'idea portata con orgoglio, ma siamo ridotti in continuazione a misurare la distanza di sicurezza dalle idee e dalle intenzioni spesso vergognose di questa destra.
Tra un richiamo al "realismo", un altro al "riformismo", un altro al minimalismo, un altro al pragmatismo, ci stiamo abituando a vergognarci - quasi - di ogni affermazione ideale, che cerchiamo di nascondere sotto un paravento di calcolo e di utilità. Ci stiamo abituando a cancellare il concetto stesso di giustizia e ingiustizia, di persona, di idealità, per paura di sentirci chiamare "massimalisti" o illusi: ci stiamo abituando a riportare tutto sotto la specie del reato, e non abbiamo più il coraggio di parlare di colpe e di responsabilità, e il coraggio di dire no. Il "coraggio di avere un cuore", come disse Pasolini in uno dei suoi tanti momenti da lucidissimo visionario, e peggio di tutto è la ragione: perché "avere un cuore" non è "economico" e, per molti, ormai, non è "liberale" e non è competitivo.
Stretto tra tutti questi, più o meno avvertibili, legami, come può svilupparsi un dialogo vero, quando sono legami che "tolgono forza al cuore e calore al sentimento", per citare sempre Pasolini?