da pierodm il 01/01/2010, 14:45
Fin dai primi momenti di tangentopoli, ho sempre avuto poco interesse a intervenire sul tema Craxi: non perché fosse poco importante, ma perché tutto era così chiaro da offrire poco spazio a ulteriori commenti.
Una cosa simile mi è successa su calciopoli: dopo anni nei quali le cose si sapevano benissimo, anzi si "vedevano", averne conferma tramite quelle quattro intercettazioni in un certo senso limitava e minimizzava il fenomeno, ossia rischiava di farlo apparire circoscritto alle vicende intercettate.
Si dà il caso che io, negli ultimi anni '80 e i primi '90, fossi più che mai in navigazione negli arcipelaghi romani del sottogoverno, degli enti e delle fondazioni, degli apparati pubblici, semi-pubblici e privati governati o condizionati dal potere politico. Una navigazione non volontaria, ossia non cercata, ma inevitabile, occupandomi di giornalismo ed editoria.
Ebbene, voglio rimanere su toni contenuti e il più possibile asettici: era un casino.
Come tutti i casini, aveva anche aspetti gioiosi, vale a dire goderecci, tali insomma da soddisfare chi desiderava la possibilità di trafficare e contrattare benefici e occasioni, tra un appuntamento da Rosati e un convegno, una puntatina nell'anticamera del sottosegretario e il rimorchio di una delle tante dame in camicina di seta che ronzavano negli uffici del Senato, nella biblioteca della Camera, nelle redazioni di giornali e riviste, nelle concessionarie di pubblicità, negli uffici-studi, negli istituti di ricerca del sindacato o di confindustria.
Era quell'Italia e quella Roma dei salotti e delle terrazze, immortalata spledidamente da Cuore, per quanto riguardava gli aspetti diciamo così folkloristici.
Quale fosse la sostanza politica e sociale è testimoniato, blandamente, da tangentopoli.
Di "interessi di partito" c'era ben poco, e sarebbe comunque assai difficile separare quel genere di partito e di classe dirigente dalla figura e dagl'interessi personali dei diversi personaggi che li comandavano.
L'argomento della "necessità di finanziamento" e dei "costi della politica" è largamente pretestuoso - una furba extrema ratio, espediente dialettico ad uso di foglia di fico.
E poi: se una radice, un albero, ha una natura controversa, per capire torna utile vederne i frutti: li abbiamo visti, da tangentopoli a Berlusconi.
Nel '78 il congresso socialista che avrebbe incoronato Craxi aveva lo slogan Governare il cambiamento: abbiamo visto com'è andata a finire.
La verità vera mostrarono quale fosse i tanti socialisti che durante e subito dopo tangentopoli ho visto perfino piangere: non per rabbia contro le "toghe rosse", ma per la disilllusione e l'indignazione verso i dirigenti nei quali avevano creduto, anche quando per crederci bisognava avere davvero una grande dose di fiducia cieca.
Il grande delitto di Craxi è stato quello di aver ammazzato il partito socialista: la storia di questo delitto non è la storia di una persecuzione o di un'incomprensione, ma quella di un'ambizione che ha fatto perdere ai protagonisti la capacità di capire cosa stavano facendo.