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Ora che fare?

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Re: Ora che fare?

Messaggioda pinopic1 il 29/12/2009, 16:13

franz ha scritto:
pinopic1 ha scritto:I diritti delle masse lavoratrici che oggi votano per Berlusconi?
Appunto quando le masse lavoratrici smettono la loro identità di masse lavoratrici per essere considerati popolo o peggio ggente, votano per la destra e si affidano all'uomo della Provvidenza. Non è per niente una novità. La masse informi di popolo e ggente già stavano con i monarchi assoluti contro i liberali, con il Borbone contro i repubblicani, sono stati con Mussolini e con Hitler, ecc. Il fenomeno è ben noto.

!!!??? Quando le masse smettono di considerarsi tali ed ogni individuo viene considerato individuo, ... vorrai dire.
Sta qui il problema. Prima, un secolo fa, si risolvevano i problemi delle "masse" ed i lavoratori avevano una "coscienza di classe". Ora questa non esiste piu' ed ognuno risolve i suoi problemi idividualmente. Anche i partiti di sinistra lo hanno capito, quando hanno visto il vuoto nelle loro fila. Masse e classe sono concetti ormai chiusi nei cassetti ed è per questo che certi partiti "di classe" ora sono su percentuali da prefisso telefonico. I lavoratori votano in modo del tutto libero.
Nessuno vota piu' per partiti che considerano "massa" la propria base (e direi che massa o classe o gente sono comunque quasi sinomimi) ma per partito che si propongono come risolutori di problemi in cui ognuno, singolarmente, si riconosce.
Franz


Possiamo anche dire quando ogni individuo viene considerato un individuo se vuoi. O meglio, quando ogni individuo è cosciente e geloso della sua identità e abbastanza forte da non farsela usurpare da nessun partito di massa e tanto meno da un uomo della Provvidenza. Da non farsi indicare da altri i capri espiatori del proprio eventuale disagio. Uomini così esistono da sempre ma sono da sempre una minoranza, una élite.
Dare una identità a settori di "popolo", aiutarli ad organizzarsi secondo interessi e bisogni serve a superare il limite della debolezza individuale rispetto a poteri e interessi in contrasto con i loro.
Comunque la sinistra si rivolgeva alla classe lavoratrice ed effettivamente masse lavoratrici e classe lavoratrice avevano lo stesso significato.
GGente invece non ha lo stesso significato. E la ggente è una massa informe. La massa che viene manovrata dai populisti.

Ognuno risolve i suoi problemi individualmente. Non è una novità, una moderna acquisizione. Era forzatamente così anche prima della nascita dei partiti di massa (incluso il Partito Popolare) e dei sindacati (incluso il sindacato cattolico) che in un modo o nell'altro hanno aggregato individui in gruppi sociali con la loro identità.

Forse non esistono le classi, ma nessuna sinistra o centrosinistra riavrà il consenso della maggioranza se non contrasta la disgregazione sociale e l'individualismo (cosa diversa dall'individualità).
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Re: Ora che fare?

Messaggioda pierodm il 29/12/2009, 22:36

Cominciamo da Ranvit, così ci leviamo il pensiero.
Tu non parlavi degli ultimi quindici anni, ma di tutta la storia della sinistra, vale a dire di una parte inestricabile dal resto della storia nazionale.
Le tue sono definibili come cazzate perché affermazioni apodittiche che non hanno alcun argomento a sostegno, e sono in contraddizione più o meno esplicita sia tra loro, sia con altre tue valutazioni, sia con la verità dei fatti, oltre ad essere giudizi pretenziosi e semplicistici, di caratura assolutamente sproporzionata all'entità dei fatti stessi che tu evochi.
Mi ricordano un mio compagno di scuola - tale Scelsa - che un giorno si alzò, proclamando: "il Paradiso di Dante è un aborto poetico".

Veniamo a Franz.
Nel tuo caso non è applicabile la stessa definizione adatta agli anatemi di Ranvit, perché sei più furbo e abile di lui.
Ma si può fare lo stesso un buon lavoro.

Quando le masse smettono di considerarsi tali ed ogni individuo viene considerato individuo, ... vorrai dire.

La definizione di "massa" non è un'auto-definizione, ma proviene dall'esterno della massa stessa - tanto è vero che tu, accortamente, fai una giravolta dialettica e passi da una prima frase "riflessiva" ad una seconda "passiva" (è considerato).
Nel merito, è poi tutto da dimostrare che nel periodo in cui si parlava di "masse lavoratrici", non ci fosse sia un'auto-coscienza, sia una etero-coscienza dell'individuo.

Sta qui il problema. Prima, un secolo fa, si risolvevano i problemi delle "masse" ed i lavoratori avevano una "coscienza di classe". Ora questa non esiste piu' ed ognuno risolve i suoi problemi idividualmente.

Un secolo, due secoli, vent'anni fa o ieri sera, la politica risolve sempre problemi di massa - ossia che riguardano un garnde numero di persone - e assai raramente i problemi di singoli individui o di ristrettissime categorie.
Questa è la prima - come vogliamo chiamarla? Sciocchezza? Imprecisione? Falsa premessa?
Il concetto di classe e di massa erano/sono concetti che non nascono dal nulla, ma rispecchiano una realtà: massa, in quanto grande numero, e classe, in quanto persone che hanno in comune caratteristiche e interessi comuni, e che sono individuati dal potere politico e legislativo, oltre che dalla controparte sociale, come insieme di persone che hanno caratteristiche e intersessi comuni.
La forza politica e operativa di una classe - non solo quella dei lavoratori - si basa sulla coscienza di essere tale: le banche, i capitalisti, gl'imprenditori, i "datori di lavoro" sanno benissimo quali sono i propri interessi, e non solo seguendo questi interessi s'incontrano spontaneamnete, ma a scanso di equivoci si accordano e si organizzano, formano lobbies più o meno esplicite e influendo fortemente sul potere politico.
Quello che ha distinto per lungo tempo la coscienza di classe di sinistra - la classe lavoratrice - è stata la dilatazione di tale coscienza al di là dei propri stretti interessi dei singoli o di categoria - cosa che semmai coinciderebbe con la coscienza corporativa, come poi è diventata, prima di diventare individualismo.
La scomparsa o l'attenuazione di una tale coscienza non è un progresso, ma dovrebbe semmai essere considerata una forma di degrado.
Un individualismo che deriva da un annullamento della coscienza comune, ossia della capacità di riconoscere la "comunità" e complessità sociale dei problemi, non so come si possa considerarlo in senso positivo.
Anche qui, mi sembra che si giochi sulla terminologia: individualismo contrapposto ad autoritarismo, e dunque come elemento positivo che si è guadagnato prestigio politico come fondamento del liberalismo, viene speso irrazionalmente per giustificare in sostanza un regresso.
Infatti, un individuo come quello da te evocato è certamente più debole, e assai meno consapevole: "individuo" ovviamente che esiste come new entry solo nella "massa", dato che le sue controparti rimangono le lobbies e le "confraternite" ben organizzate di sempre.


Anche i partiti di sinistra lo hanno capito, quando hanno visto il vuoto nelle loro fila. Masse e classe sono concetti ormai chiusi nei cassetti ed è per questo che certi partiti "di classe" ora sono su percentuali da prefisso telefonico. I lavoratori votano in modo del tutto libero.

Bella paraculata, no? Finalmente siamo tutti più liberali: questo intendevi dire, caro Franz?
Sul dettaglio delle tue affermazioni non ci entro: mi sembra di stare su Scherzi a Parte, e rischierei di apparire scortese.
Ricordati, comunque, che anni fa, nella vecchia ML dicevo: se la sinistra può esistere, esista, ma se deve sparire, sparisca. Non è detto che la sinistra ci debba stare per forza.
Ma, se c'è, non può essere un qualcosa-purchessia. E, se c'è stata, non può consentire ricostruzioni a vanvera.

Nessuno vota piu' per partiti che considerano "massa" la propria base (direi che massa o classe o gente sono comunque quasi sinomimi) ma per partito che si propongono come risolutori di problemi in cui ognuno, singolarmente, si riconosce.


Innanzi tutto: massa, classe e gente non sono per niente sinonimi, nemmeno "quasi".
Dico sul serio: mi meraviglio di te. 'Sta roba nemmeno mia zia l'avrebbe detta.
Il fatto che "nessuno vota più", etc, è un'afefrmazione che aspetta di essere argomentata o in qualche modo dimostrata: il fatto che sia una tua idea è già una garanzia, ma uno straccio di prova non guasterebbe.
Io per esempio ho votato Prodi - e diomiperdoni Rutelli - ma non avevo l'idea che mi servissero a risolvere nemmeno uno dei miei problemi.
Comunque, quand'anche fosse, lo vedi come un gran progresso? Una "rivoluzione liberale" - una rapporto tra cittadini e politica in cui ognuno vota secondo un orizzonte individuale della società e del mondo?
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Re: Ora che fare?

Messaggioda ranvit il 29/12/2009, 22:54

pierodm ha scritto:Cominciamo da Ranvit, così ci leviamo il pensiero.
Tu non parlavi degli ultimi quindici anni, ma di tutta la storia della sinistra, vale a dire di una parte inestricabile dal resto della storia nazionale.
Le tue sono definibili come cazzate perché affermazioni apodittiche che non hanno alcun argomento a sostegno, e sono in contraddizione più o meno esplicita sia tra loro, sia con altre tue valutazioni, sia con la verità dei fatti, oltre ad essere giudizi pretenziosi e semplicistici, di caratura assolutamente sproporzionata all'entità dei fatti stessi che tu evochi.
Mi ricordano un mio compagno di scuola - tale Scelsa - che un giorno si alzò, proclamando: "il Paradiso di Dante è un aborto poetico".




Pierodm.... chi scrive e argomenta bene non è che, solo per questo, non dice cazzate!
Quando dico che la sinistra abbonda di pseudo-intellettuali mi riferisco esattamente a questo. Tu ne sei un esemplare davvero da manuale! Boria....tanta, sostanza....poca. Solo un mare di chiacchiere. Ma è una lingua morta fatta di retorica e con la testa rivolta all'indietro. Insomma veri tromboni!
Capaci di analizzare nel minimo dettaglio quanto già accaduto (ovviamente dal proprio punto di osservazione), ma assolutamente incapaci di dire qualcosa di sensato (ed intelligente) sul prossimo futuro.
Buona notte.

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Re: Ora che fare?

Messaggioda franz il 30/12/2009, 10:14

Piero, non ho proprio voglia di discutere alla fine dell'anno di metafisica con te e credo che anche ne avessi voglia annoieremmo i nostri lettori.
Una breve precisazione è che i concetti, come massa, sono tali (concetti) e quindi non reali.
Sono costruzioni della nostra mente.
Cercano di descrivere la realtà. Non sono la realtà, ne sono una chiave interpretativa.
Poi si possono vedere quante persone si identificano in quella chiave di lettura.
Per esempio quante persone ritengono di sentirsi parte di una massa, di una classe o semplicemente gente.
Bene, 100 o 50 anni fa poteva esiste una coscienza di classe e molti si identiifcavano.
E votavano per partiti che facevano della classe e della lotta di classe il loro punto centrale.
Oggi no. In soldoni quello che volevo dire è questo.
Magari l'ho detto malamente ma credo che si sia capito benissimo.
Poi sul progresso o sul degrato ogni opinione è lecita.

Franz
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Re: Ora che fare?

Messaggioda franz il 30/12/2009, 10:33

pinopic1 ha scritto:Forse non esistono le classi, ma nessuna sinistra o centrosinistra riavrà il consenso della maggioranza se non contrasta la disgregazione sociale e l'individualismo (cosa diversa dall'individualità).

Che esistano o non esistano le classi il problema non è questo. Il computer che ho davanti esiste. Le classi sono un concetto mentale, che esiste solo nella testa di chi ci crede. Il problema allora è solo quanti oggi usano o si identificano nel concetto di classe e quanto hanno una "coscienza di classe". Diciamo anche qui che oggi si tratta di pochi, di una elite. Non è piu' un fenomeno di massa, come il secolo scorso e quello precedente. Ora sulla disgregazione sociale penso che sia il caso di aprire altrove una discussione, per dare concrettezza al termine ed evitare che diventi una categoria dello spirito. Molti la citano ma non è chiero cosa intendano. Una richiesta di precisazione invece sull'individualismo, che in politica mi pare essere una corrente di pensiero dell'anarchismo piu' radicale. Al suo opposto si dice stia il personalismo (dato diverso concetto di individuo e di persona) e tra gli esponenti di spicco troviamo il nostro attuale pontefice. Dalla padella alla brace?
Cosa mi proponi per combattere l'individualismo? O cosa dovrebbe fare o proporre una sinistra o centrosinistra per combattere l'individualismo?
Scusa se forse divago ma il titolo del thread, così aperto, invoglia.
Franz
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Re: Ora che fare?

Messaggioda pinopic1 il 30/12/2009, 13:19

franz ha scritto:
pinopic1 ha scritto:Forse non esistono le classi, ma nessuna sinistra o centrosinistra riavrà il consenso della maggioranza se non contrasta la disgregazione sociale e l'individualismo (cosa diversa dall'individualità).

Che esistano o non esistano le classi il problema non è questo. Il computer che ho davanti esiste. Le classi sono un concetto mentale, che esiste solo nella testa di chi ci crede. Il problema allora è solo quanti oggi usano o si identificano nel concetto di classe e quanto hanno una "coscienza di classe". Diciamo anche qui che oggi si tratta di pochi, di una elite. Non è piu' un fenomeno di massa, come il secolo scorso e quello precedente. Ora sulla disgregazione sociale penso che sia il caso di aprire altrove una discussione, per dare concrettezza al termine ed evitare che diventi una categoria dello spirito. Molti la citano ma non è chiero cosa intendano. Una richiesta di precisazione invece sull'individualismo, che in politica mi pare essere una corrente di pensiero dell'anarchismo piu' radicale. Al suo opposto si dice stia il personalismo (dato diverso concetto di individuo e di persona) e tra gli esponenti di spicco troviamo il nostro attuale pontefice. Dalla padella alla brace?
Cosa mi proponi per combattere l'individualismo? O cosa dovrebbe fare o proporre una sinistra o centrosinistra per combattere l'individualismo?
Scusa se forse divago ma il titolo del thread, così aperto, invoglia.
Franz


Velocemente sull'essenza di quello che volevo dire. La destra usa la tattica di creare divisioni all'interno di gruppi o strati sociali o classi, chiamali come vuoi, cercando di portare dalla sua parte la maggioranza di ogni gruppo.
La sinistra invece ha bisogno di realizzare l'unità, di aggregare gruppi sociali ai quali rivolgersi. Non funziona per la sinistra il rivolgersi genericamente alla gente o al popolo indistinto.
La destra usa il capo carismatico per tenere insieme le parti di gruppi sociali che riesce a portare dalla sua parte e che delegano la tutela dei loro interessi e la soluzione dei loro problemi appunto al capo carismatico.
La sinistra usa la partecipazione, il coinvolgimento diretto di gruppi, aggregazioni, classi che dir si voglia.

Naturalmente non è possibile rivolgersi agli individui uno per uno se non con pratiche clientelari.
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Re: Ora che fare?

Messaggioda pierodm il 30/12/2009, 16:11

Ranvit
La querelle che tu alimenti, contro gl'intellettuali e gli pseudo, è stravecchia, e comunque non me ne sento offeso: trovo legittimo da parte tua ricorrere a queste parole forti, se questo serve ad essere chiari e sinceri. Le trovo parole inopportune e infondate, ma questo è un altro discorso.
Altrettanto serenamente, devo però informarti che il mio modo di ragionare mi ha portato - fin dagli anni antichi, cioè da quando ho cominciato ad interessarmi alla politica - a non essere mai costretto a fare autocritica, a dovermi rimangiare un giudizio: anzi, ho quasi sempre "indovinato" quali sarebbero stati gli sviluppi futuri, sia a breve che a lungo termine, specialmente quando non mi sono lasciato fuorviare da considerazioni di "opportunità" e ho invece seguitostrettamente ciò che mi veniva suggerito da un libero convincimento.
Potrei portarti numerosi esempi: dall'evoluzione "socialdemocratica" del vecchio PCI, all'inizio degli anni '70, al riflusso elettorale successivo alla fase del compromesso storico, alla rovina del PSI in mano a Craxi, alla valutazione del fenomeno Berlusconi, allo scandalo della guerra in Irak, alla confusione ulivista e a quella dell'attuale PD.
Certo, però, che hai ragione quando ti chiedi "a che serve tutto ciò": all'Italia non serve a niente, ma -come ho detto - serve a me per non dover fare ogni tre o quattro anni una retromarcia, o in alternativa (che riguarda altri) a dover fare finta di niente e ignorare bellamente le mie eventuali cappellate. E dovrebbe servire a chi mi conosce, o a chi discute con me nel corso del tempo, per evitare di attribuirmi vizi e demeriti che non ho.

Franz.
Che la discussione insorgente sul tema sia poco attraente siamo d'accordo.
Ma la metafisica non c'entra niente, e poco attendibile mi sembra anche la questione dell'astrezza di certi concetti.
Ogni parola, come tale, rappresenta una realtà, ma non è di per sè "la realtà": però lo diventa, nel momento in cui quella parola acquista un valore, e questo a sua volta diventa un valore politico e comunicativo.
All'incirca da quando esiste non diciamo "il pensiero" , ma almeno la scrittura, la realtà non è fatta solo di oggetti materiali, ma anche di idee, di comportamenti susseguenti alle idee e a fenomeni costituiti da persone che hanno idee e comportamenti susseguenti alle idee.
Così, tanto per essere precisi.
pierodm
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Re: Ora che fare?

Messaggioda ranvit il 30/12/2009, 17:59

Pierodm, naturalmente non è il tuo caso, ma ti voglio dire cosa penso della "coerenza" (in contrapposizione alle mie presunte contraddizioni) : spesso è figlia dell'incapacità di afferrare tutte le sfumature del mondo e quindi sinonimo di una mente chiusa a difesa del "fortino" costituito dalle proprie certezze. Insomma, tutto sommato, una mezza cartuccia...indipendentemente dalla "verve" verbale che, anzi, si ritrova spesso in questi personaggi.

Vittorio
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Re: Ora che fare?

Messaggioda pierodm il 30/12/2009, 19:40

..."coerenza" (in contrapposizione alle mie presunte contraddizioni) : spesso è figlia dell'incapacità di afferrare tutte le sfumature del mondo e quindi sinonimo di una mente chiusa a difesa del "fortino" costituito dalle proprie certezze - Ranvit.

Concordo, naturalmente, ma la chiamerei meglio: la tigna, che deriva più spesso dalla volontà più che dall'incapacità.
La volontà di non ammettere i propri errori.
Però attenzione: altrettanto inccettabile è la banderuola, che cambia direzione e opinione ad ogni girare del vento, o l'opportunista, che giudica secondo il mutare dei propri interessi, o sull'onda della moda del momento.

In altra sede dissi una volta che i pensieri corrono più delle cose, che spesso rimangono statiche e uguali molto a lungo.
Questo fa sì che qualcuno si stanca di ripetere e perfino di avere gli stessi pensieri, e li cambia per il solo gusto di cambiarli, e qualche volta questo gli sembra l'unico modo per avere la sensazione di incidere sulla realtà: cambiandone il racconto o la rappresentazione.
Un fenomeno questo, tanto comprensibile umanamente, quanto foriero di errori, qualche volta veniali, qualche volta drammatici.
In un contesto di vera o presunta "libertà di idee" - com'è il nostro, contemporaneo - qualsiasi cappellata dovuta a tigna, opportunismo, stanchezza, impazienza può legittimamente passare per espressione di libertà: e lo è, a patto di ricordare che insieme alla libertà viaggia anche possibilità di sbagliare.
Non basta che un'opinione sia "libera" perché sia giusta, o utile, o adatta a spiegare una situazione.

Per applicare tutto questo armamentario di discorso al caso personale di cui parlavo nel mio post precedente, per rispondere alla tua "accusa", devo prendere in considerazione un altro aspetto.
Io non mi sono mai preoccupato della coerenza, sia perché non ne faccio un parametro di pensiero, specialmente se a priori, e poi perché sarebbe difficile per me stare dietro e ricordare tutte le ramificazioni dei miei pensieri e dei miei giudizi.
Però esiste quella che si chiama "coerenza di fondo", vale a dire una piattaforma di idee e di criteri di giudizio fondamentali, che fanno parte della cultura personale e del proprio modo di vedere il mondo: questa piattaforma fondamentale cambia soltanto se sopravvengono "illuminazioni" particolari, dovute all'esperienza o all'apprendimento di teorie nuove capaci di dare un corso diverso alla nostra personalità.
In base a questo, succede che si può benissimo percepire la diversità delle situazioni in tutta la sua gamma di sfumature, riuscendo a conservare un'unitarietà sostanziale dei propri giudizi, anche senza cercare, o preoccuparsi minimamente di essere "coerenti".
In sostanza, su temi quali la giustizia sociale, la guerra, la democrazia economica, la violenza, etc - tanto per citare argomenti del forum e della politica - possono cambiare le circostanze e la casistica, ma non può cambiare la mia "coerenza di fondo": adeguarsi alla realtà e alle sue mutazioni significa (1) rendersi conto di come e quanto queste mutazioni abbiano inciso nella propria piattaforma cognitiva, dato che siamo "osservatori che fanno parte della cosa osservata" e (2) capire se, quanto e come la varietà della casistica conservi in sé e in qualche modo mascheri una "coerenza di fondo" della realtà stessa.
Sembra complicato, ma solo se ne parliamo in via teorica: in pratica, per esempio, cambiano gli strumenti e le forme della prevaricazione di uomini su altri uomini, ma la prevaricazione rimane, e non saranno le forme più colorate o più raffinate a portarmi a dare un giudizio diverso, se quello che cerco è appunto la prevaricazione.
Naturalmente, ci sono momenti nei quali la mia "piattaforma ideologica" mi suggerisce di cercare la prevaricazione, altri nei quali devo essere capace di individuare altri snodi di indagine, e qui subentra l'elasticità e "l'apertura" di quella piattaforma. Ma, se chiamato comunque a misurarmi con la prevaricazione, posso collocarla diversamente, ma sarà difficile che ne possa dare un giudizio che si discosti significativamente delle mie idee-guida.

Sempre in pratica e in sostanza: il mondo è certamente molto cambiato, ma non tanto quanto si pretende di far credere, o quanto molti in buona fede mostrano di credere.
Non tanto cambiato, comunque, da rendere obsoleti o inapplicabili, inutili, fallaci alcuni criteri di indagine e di giudizio.
Anch'io sono cambiato, ma non mi sento diverso.
Come dicevo prima, i pensieri corrono molto più velocemente delle cose, ma non è detto che debbano correre fuori di sé e fuori di noi: c'è un grande spazio al di dentro che in una vita non abbiamo il tempo di esplorare, e forse nemmeno di renderci conto di quanto sia grande.
pierodm
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