Nel mio elenco delle varie "violenze" ne avevo messe alcune paradossali, per ricordare come sia possibile aprire bocca a vanvera: quindi non mi sembra il caso di attribuire a me l'intenzione o il significato sconclusionato di certi concetti.
Entrando nel merito, esistono - nella logica, nell'esperienza, nel linguaggio, così come nel codice penale - diversi tipi e gradazioni per definire i comportamenti.
In questi anni - soprattutto in questi anni - stiamo invece assistendo ad una semplificazione del linguaggio, che ha come scopo o come oggettiva conseguenza quella di rendere più selvaggio, più estremistico ogni ragionamento, ogni discorso: si va, come ho ricordato, dal "razzismo" allo "stalinismo", fino appunto alla "violenza", passando per il "comunismo" di stampo berlusconiano.
Per definire forma e sostanza di alcuni comportamenti che tu hai accennato, o altri limitrofi, ci sono termini differenziati: prevaricazione, prepotenza, disturbo, provocazione, maleducazione, oltraggio, insulto...
Se, come nel tuo esempio, dare dello stronzo equivalesse concettualmente all'aggressione fisica, le classi dei nostri licei romani d'antan sarebbero stati come campi di battaglia intrisi di sangue virtuale.
Tutt'al più, possiamo convenire che è una forma di prevaricazione - avvertita come violenza, nel senso che di questa ha l'effetto - quando un capo ufficio o un professore, o comunque una persona dotata di potere, dà dello stronzo a qualcuno che non è in grado di replicare.
Il mio discorso originario era che uno può anche decidere che tutti questi comportamenti preferisce definirli "violenza", e che se ne frega di tante distinzioni che preferisce magari chiamare come sofismi: bene, e allora io decido che anche introdursi in un forum è una violenza, se l'introdotto dice cose che non mi piacciono.
In altri termini, se vale l'arbitrio, vale per tutti e in ogni occasione, e tutti possono usare le parole che preferiscono per estremizzare qualunque concetto.
Tornando a quanto si diceva prima, è chiaro che ammassando tutto sotto il cappello della "violenza" si vuole - da una parte e dall'altra - giustificare ogni reazione con una presunta provocazione uguale e contraria: il lancio di una statuetta con le provocazioni di Berlusconi, e le manganellate della polizia contro chi disturba un comizio, e la chiusura di siti web o di giornali a causa delle opinioni espresse su quei siti o giornali, etc.
Ma, a parte le "azioni", questo ammasso indiscriminato, questa forzatura del linguaggio e delle idee, fa un pessimo servizio alla comprensione delle cose, alla possibilità di capire l'esatta natura umana e politica dei comportamenti e degli avvenimenti.
Pessimo servizio, e oltre a questo l'effetto di confondere e mascherare le violenze vere e proprie, quando si verificano.
Detto - e spero chiarito - tutto ciò, possiamo passare ad un secondo livello di discorso.
Forzare il significato delle parole, o forzare le regole di un forum, o falsare la propria identità, o qualunque altra forma di prevaricazione verso uno specifico oggetto, può correttamente essere chiamo "violenza" verso quelle parole o quell'oggetto, in senso metaforico.
Ma questa è cosa ben diversa dalla "violenza" intesa come atto esercitato direttamente verso le persone o la comunità, in senso generale e con significato socio-politico.
Poi, in definitiva, se vogliamo recuperare un minimo di rispetto per il senso delle parole che usiamo, va bene.
Se no, va bene lo stesso, ma mi ritengo in diritto di adeguarmi.