Ma sì, ma sì, l'idea della "verifica" è buona, è ovvio.
Ma mi solletica poco, visto che per avere non solo un senso, ma una possibilità di essere attuata secondo le intenzioni avrebbe bisogno di esistere dentro un partito formato, consolidato, con tutti i meccanismi basilari sperimentati, etc.
Per come stanno le cose mi sembra solo uno dei tanti discorsi che distolgono l'attenzione.
Loredana - triste constatazione che è sempre stato così, che il più forte ha sempre ragione e che il mestiere più vecchio del mondo è la guerra....
A parte che il mestiere più vecchio si dice che sia un altro, mi sembra che non mi sono evidentemente ben spiegato.
Nel mio ricordare i tempi dell'Alto Medioevo non intendevo, innanzi tutto, dare una connotazione negativa a niente, tanto meno sulla falsariga di un concetto tanto elementare come "l'eterna fallibilità umana".
Intendevo invece accennare alla necessità di rivedere in forma critica quello che da qualche anno a questa parte si è definitivamente consolidato come luogo comune praticamente dogmatico: l'idea che "la democrazia" sia non solo la forma di governo più praticabile, ma anche quella che assicura ipso facto una qualità migliore dei governanti, o la possibilità di un eventuale cambiamento di rotta più facile e più cònsono alle necessità del momento.
Un tema questo che ha molti aspetti di filosofia politica pura - o di filosofia tout court - ma anche diretti legami con la pratica e l'attualità.
Quando Incrociatore dice, per esempio, che se non se ne viene a capo su che posizione prendere sul testamento biologico perché le idee sono diverse e contrapposte, si chieda agli elettori (i tuoi) cosa ne pensano, apre, secondo me, un vaso di Pandora di riflessioni possibili.
Se si tratta di dirimere una posizione di stallo, l'idea della consultazione "popolare" può essere comoda e funzionale: ci si scarica la coscienza, rimettendo la questione ad una conta di numeri, dopo di che nessuno può facilmente obiettare che si sia fatta una scelta ideologica o ex cathedra. Questa è l'opinione comunemente corrente di "democrazia".
Io non la vedo allo stesso modo: non così ovvio e ottimistico, comunque.
Mi appello, per esempio, alle tesi spesso portate avanti da Franz e da Pagheca, circa il basissimo contenuto di "scientificità" di certe posizioni, e mi chiedo: se una posizione più libera da pregiudizi o approssimazioni dettati da incrostazioni ideologiche, o semplicemente più "informata" e ragionata appartiene al solo 10% di quella "base" di partito, è ragionevole, è produttivo, è "democratico" lasciare che i pregiudizi (l'ignoranza, in senso etimologico) del 90% prendano il sopravvento?
A me sembra che esista un problema che si cerca costantemnte di eludere, e che pure ritorna in mille forme diverse: che fiducia si può riporre nel giudizio del "popolo" su gran parte delle questioni poste dalla politica?
La scelta fatta a colpi di maggioranza quante garanzie dà di essere la più giusta, specialmente su tutte quelle faccende che vanno al di là della vita pratica quotidiana, dell'orizzonte immediato?
Questo genere di dubbi non nascono da generiche considerazioni pessimistiche sulla "natura umana", che valgono tanto quanto quelle retoricamente ottimistiche, cioè poco o niente.
Sono invece considerazioni che nascono dall'evoluzione storica della democrazia e della società, la quale non è più quella che era al tempo in cui sono state "inventate" le istituzioni democratiche, sia pensate in forma diretta sia indiretta e rappresentativa. Continuare a parlare di democrazia e politica come se queste mutazioni non fossero avvenute, o come se fossero irrilevanti, crea ragionamenti falsi, concetti e proponimenti inapplicabili e inapplicati, salvo poi chiedersi come mai le cose non funzionano ... o salvo affermare che funzionano, comunque funzionano e honni soit qui mal y pense.
Personalmente ho le mie idee nel ripondere a queste domande, ma non conta che io le esprima in dettaglio, al di là di quanto si può intendere dal modo stesso in cui le ho espresse -o almeno, spero che s'intendano nel modo più corretto.
Dico solo che tutto ciò - scendendo sul pratico - si lega al ruolo che i partiti politici dovrebbero avere nella democrazia in generale, e in quella attuale in particolare.
PS
Sul diverso livello funzionale della democrazia, diretta o indiretta, in altri luoghi che sono stati accennati, personalmente avrei qualche obiezione, ma non mi sembra il caso di mettere altro materiale in cottura.