L'imprenditore di Pordenone
Tommaso Padoa- Schioppa propone di cele brare il 150mo an niversario dell’Unità d’Ita lia chiedendosi quale sia «lo stato dello Stato» («Si parli di Stato non di Na zione », Corriere di domenica scorsa). Accolgo vo lentieri l’invito. Questo è un esempio di «stato del lo Stato» alla vigilia della discussione parlamenta re sulla «Finanziaria sen za tasse e tagli».
Dal 1˚gennaio di que st’anno, un imprenditore di Pordenone, Giorgio Fidenato, versa ai propri dipendenti lo stipendio «lordo» senza le trattenute di legge (contributi Inps, Irpef ordinaria, addizionale regionale, addizio nale comunale), avendo opportunamente avvisato l’Agenzia preposta — che insiste nel chiedergli di adempiere ai suoi obblighi — del rifiuto di eserci tare la funzione di «sostituto di imposta». A fondamento della propria scelta cita in giudizio l’Inps, la Società di cartolarizza zione dei crediti Inps, Equitalia Friuli Venezia Giulia, adducendo ragio ni di economicità, di diritto, di giustizia e equità sociale.
Il quadro normativo in materia risale a una legge fascista del 1935 istitutiva dell’Ente previdenziale: «La parte di contributi a carico dell’assicurato è trattenuta dal datore di lavoro sulla retribuzione corrisposta (...) L’imprenditore e il prestatore di la voro contribuiscono in parti uguali alle istituzioni di previdenza e assistenza »; una legge della Repubblica del 1952 ripropone la distinzione fra i contributi a carico del lavoratore e del datore di lavoro. Su uno stipendio lordo complessivo di 2.449,06 euro, la parte «salariale» di contributi ammonta a 182,51 euro, quella «padronale» (che non appare neppure in busta paga) è di 463,34 euro; lo stipendio netto percepito — detratte an che le imposte — è di 1.465 euro. Scrive Pascal Salin, un economista libe rale francese: «La parte padronale dei contributi sociali non è, dunque, un carico sopportato dalle imprese, essa è soltanto la parte del salario che il datore di lavoro non ha il diritto di versare diretta mente al lavoratore (...) In questo senso la parte padronale è un’imposta sul salario pagata dal di pendente e di cui l’imprenditore è solo un esattore ».
La totale ignoranza nella quale è tenuto il lavoratore circa le somme versate all’Inps violerebbe gli art. 2 e 3 comma 3 della Costituzione, ostacolando il pieno sviluppo della personalità umana; l’art.3 comma 1, che sancisce il principio dell’eguaglianza. Il lavoratore autono mo dichiara personal mente i propri redditi e ha pieno diritto di difen dersi contro gli accerta menti del fisco (art. 24 e 113 della Costituzione); il lavoratore dipendente non ha gli stessi diritti. La pretesa dello Stato di tra sformare l’imprenditore in esattore violerebbe sia l’art. 23 — «Nessuna pre stazione personale o patri moniale può essere impo sta se non in base alla leg ge » nell’interpretazione che ne dà la stessa Corte costituzionale «a tutela della libertà e della pro prietà individuale» — sia l’art. 41 della Costituzione («L'iniziativa economica privata è libera»). Scrive ancora Salin: «In tutte le imprese, degli uomini devono dedicare il proprio tempo a soddisfare le pretese del fisco (...). Una piccola ditta ha più difficoltà di una grande a far specializzare alcuni dipendenti del proprio organico».
Tre lavoratori che ora perce piscono lo stipendio lordo — dopo non aver neppure ricevuto risposta su come adempiere ai propri obblighi tributari e previdenziali — hanno indirizzato all’Agenzia delle entrate un libretto al portatore con le somme dovute; l’Agenzia lo ha respinto in quanto «tale mezzo di pagamento non è ammesso dalla normativa vigente». Ma il rifiuto sarebbe in contrasto sia con l’orientamento della Corte di Cassazione che l’obbli gato principale è il soggetto «sostituito» (il percettore del reddito), non il «sostituto di imposta» (il datore di lavoro), sia con l’art. 1180 comma 1 Co dice civile sulla efficacia estinti va del pagamento effettuato da un terzo (che in questo caso è addirittura il beneficiario della prestazione previdenziale). Ha scritto lo stesso ministro dell’Economia, Giulio Tremonti: «La contabilità fiscale è dunque diventata la forma moderna, ma non per questo meno odiosa, delle antiche corvées. Tra il sistema attuale delle com pliances sociali e quello antico fatto dalle corvées e dalle ga bellari servitù medievali, le analogie sono impressionanti, così come gli effetti paralizzanti » («Lo Stato criminogeno», ed. Laterza).
A questo punto — se non vo gliono apparire complici dello «Stato criminogeno» — sarebbe utile che la Confindustria e le altre associazioni di catego ria, i sindacati, la sinistra, il go verno, gli intellettuali, dicessero che ne pensano di questo «stato dello Stato», di «questo imbroglio, nelle parole del liberale Salin che condivido, trami te il quale gli uomini di gover no sono riusciti a imporre il concetto bismarckiano di sicu rezza sociale». È chiedere troppo?
Piero Ostellino
24 settembre 2009