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Il vicolo cieco della sinistra.

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Il vicolo cieco della sinistra.

Messaggioda mariok il 03/09/2009, 9:10

ranvit ha scritto:Non me ne voglia mariok ma le sue argomentazioni sono quelle tipiche della sinistra, piu' o meno marxista, ma certamente "utopista" : al solito infatti non si capisce quale sarebbe l'alternativa.

Per esempio quando dice : "i bisogni degli esseri umani devono conformarsi alle esigenze del sistema produttivo, arrivando alla paradossale necessità di consumare per produrre e non dell'inverso"
....e quale sarebbe l'alternativa? Produrre per consumare (il contrario di consumare per produrre)? E chi si assumerebbe l'onere di produrre solo sulla base del consumo (desiderato dagli esseri umani)....e chi decide quali sono i bisogni degli esseri umani?....il partito??? o mariok??? o il Capo??? Insomma, chi lo conosce questo consumo su cui bisognerebbe tarare la produzione?


Ho detto e ripeto che non sono marxista. Che non credo nella dittatura del proletariato, non auspico l'eliminazione della proprietà privata, la collettivizzazione dei mezzi di produzione, l'instaurazione di un'economia pianificata.
M sembra che non ci siano motivi per non essere creduto sulla parola, ma evidentemente c'è qualcosa che mi sfugge. Potrei giurarlo sulla testa dei miei figli, ma mi viene in mente che è una pratica ampiamente “sputtanata” dal nostro signore di Arcore.

Che mi si creda o no, il mio è solo il rifiuto della tesi secondo cui le teorie di Marx, non solo hanno indicato soluzioni sbagliate, ma sono in toto un cumulo di corbellerie che degli irriducibili mitomani si rifiutano di mettere una volta per tutte al rogo.

Il richiamo ad alcune teorie, come quella dell'alienazione del lavoro, della concentrazione del capitalismo, del cosiddetto consumismo, non è un modo per ipotizzare una società alternativa completamente libera da tali “storture”. Ma è molto più semplicemente l'esemplificazione del fatto che alcuni tratti del nostro sviluppo erano stati individuati da Marx con notevole anticipo e che sono fenomeni ahimè reali non solo frutto della fantasia perversa di una massa di populisti. Che poi esse non ammettano alternative, tanto meno quelle indicate da Marx, è tutt'altro discorso sul quale, ribadisco, possiamo anche concordare.

C'è da chiedersi a questo punto perchè non registrare la differenza di opinioni e chiuderla qui? E soprattutto, a cosa serve insistere nell'analisi di certe “storture” se ad oggi non si individuano alternative convincenti e, soprattutto, se quelle storicamente realizzate sono state un totale e drammatico fallimento? E' solo il gusto di “tenere il punto” in una diatriba priva di senso?

E qui credo che ci avviciniamo al nocciolo del problema, che giustifica sia pure in parte le estenuanti discussioni che solitamente si innescano quando si tocca tale tema. Nocciolo che spero di avere la sufficiente lucidità per descrivere chiaramente.

Il punto è che tanto accanimento nel pretendere abiure del marxismo, tende ad affermare qualcosa che va oltre la semplice negazione della validità di una teoria come un'altra. Da essa si fa discendere automaticamente la tesi secondo cui gli attuali processi economici sono gli unici possibili ed in quanto tali, vanno accettati per come sono, pena la fine dello sviluppo con le catastrofiche conseguenze che una tale evenienza comporterebbe sulle condizioni di vita dell'umanità.

L'assunto cioè che gli attuali meccanismi, anche se comportano fenomeni come la concentrazione della ricchezza, l'aumento delle disparità, apparenti o comunque contingenti contraddizioni sociali, hanno una loro “intrinseca necessità” (non a caso sono qui stati paragonati alle leggi della fisica) e vanno “lasciati lavorare”, in modo da dispiegare tutte le loro enormi potenzialità di creare ricchezza ed alla lunga inevitabilmente benessere per tutti.

Se c'è un problema, secondo i sostenitori di tale tesi, è che spesso il mercato non è sufficientemente libero, a causa di vincoli che ne limitano la capacità di autoregolamentazione attraverso la concorrenza.

Per stemperare le diseguaglianze ed eliminare i conflitti, basta tutto sommato agire “a valle” con meccanismi di redistribuzione e di welfare grazie alle risorse che uno sviluppo poderoso rende disponibili.

In parole povere, la tesi è che sì ci sono le diseguaglianze, ci sono le cause di potenziali conflitti, ci sono anche le ingiustizie, ma alla fine con lo sviluppo tutto torna ed è una vittima di falsi miti colui che si ostina a non arrendersi ad una tale evidenza.

Sono più o meno questi i tratti di un pensiero in questo momento “dominante”, comunemente noto con il termine di liberismo (ma non vorrei che da questo si innescasse un'altra inutile discussione sull'esatto significato di liberismo: credo che l'importante sia capirsi, al di là dei termini più o meno appropriati).

In un tale ambito, la “sconfitta” definitiva di qualunque residuo di marxismo e la pervicacia con la quale essa viene perseguita, assume ben altro significato di quello di una semplice “disputa culturale”, ma l'eliminazione di qualunque spirito critico verso il capitalismo e le sue leggi immodificabili.

E qui mi permetto di esprimere il mio dissenso rispetto ad una tale impostazione. Anche se non in possesso delle soluzioni alternative, anche se consapevole della ineliminabilità di certi fenomeni, resto dell'idea che lo spirito critico che non dà mai nulla per scontato o per definitivamente acquisito ed immodificabile, sia il pilastro su cui si basa un metodo laico di lettura della realtà e qualsiasi possibilità di progresso.

Senza contare che, nel merito, ci sono ragioni molto più concrete e molto meno teoriche che ci costringono ad aguzzare l'ingegno ed a ricercare possibili nuove strade . E sono quelle (queste sì non previste da Marx) connesse alla questione ecologica ed al potenziale esaurimento delle risorse naturali, che pongono con urgenza il tema della cosiddetta sostenibilità dello sviluppo, che non è detto che con il libero mercato potrà essere gestito e risolto in maniera efficace (abbiamo anzi abbastanza elementi per dire che non sia così).

Vorrei chiudere, a proposito dell'importanza del mantenimento di capacità critiche, con alcune reminiscenze scolastiche, che mi permetto di suggerire soprattutto a coloro che si autodefiniscono dei convinti liberali.

“Ebbene mio caro Pangloss – disse Candido – quando siete stato impiccato, sezionato, riempito di botte, messo ai remi della galea, avete sempre pensato che tutto andasse per il meglio?
Resto sempre della mia prima opinione – rispose Pangloss – perchè in fin dei conti sono filosofo, non mi conviene contraddirmi, giacchè Leibniz non può aver torto, e l'armonia prestabilita è la più bella cosa del mondo, come il pieno e la materia sottile”.
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Re: Il vicolo cieco della sinistra.

Messaggioda lucameni il 03/09/2009, 9:51

C'è da dire che questa risposta più che a coloro che si autodefiniscono liberali (e non di sinistra come il sottoscritto) dovrebbe essere indirizzata a coloro che si considerano di sinistra (questo ripudio li rende ancora tali?) ma hanno abbandonato la prospettiva marxiana -scientifica - quanto meno nel campo politico (ed economico)
Non a caso ricordavo Bad Goderberg.
Se poi mantenere il marxismo tra i miti fondanti è motivato dal fatto di non apparire in qualche modo dei "liberisti" liberali capitalisti (in che senso?) è altro discorso.
Mi pare sia però un ragionamento molto schematico che non contempla tutte le possibilità che offre una società libera dove la presenza dello Stato (e del partito) può essere declinata in modi molto diversi.
Comunque mi rendo conto la difficoltà per un destro di entrare nella testa e nei sentimenti di un sinistro e viceversa.
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Re: Il vicolo cieco della sinistra.

Messaggioda ranvit il 03/09/2009, 12:18

Mariok, non mi sembrava di averti dato del marxista, piuttosto utopista.

Marx come tanti altri pensatori e filosofi ha contribuito al pensiero moderno.
E' il comunismo che viene rigettato totalmente perchè ovunque si è tentato di applicarlo ha portato solo lacrime e sangue.

In effetti attualmente i processi economici vanno accettati per come sono....resta in piedi come condizionarne gli effetti piu' estremi. Il che è materia delle varie tesi politiche : liberalismo, socialismo democratico e persino tanta parte del moderno conservatorismo tipo Ppe.

Non "liberismo" infatti ma "liberalismo"...(wikipedia :Il liberalismo è la teoria politica e la filosofia della libertà. Storicamente il liberalismo nasce come ideale che si affianca all'azione della borghesia nel momento in cui essa combatte contro le monarchie assolute e i privilegi dell'aristocrazia a partire dalla fine del XVIII secolo. L'esito di questo scontro tra le due classi porta alla costituzione dello Stato liberale.).

Perchè non finirla qua? Me lo sono chiesto anche io ripetutamente nello svilupparsi di questo 3d...

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Re: Il vicolo cieco della sinistra.

Messaggioda pierodm il 03/09/2009, 14:49

Certamente, visto come si svolge la discussione, viene la voglia di dire che è meglio lasciar perdere.
Per un motivo soprattutto: che somiglia molto ad una discussione che sarebbe comprensibile tra gente del PD (un PD teorico, intendo) e gente berlusconiana.
Ma il PD intorno al quale zampettiamo non è teorico, ma è quello che è: infatti, un assurdo, qualche volta una comica.

Vediamo un esempio degli argomenti che sono stati portati - Franz.
Direi che avendo letto il celebre manifesto, so bene che quello che è successo in Cina e Unione Sovietia è il frutto perfetto di quanto voluto espressamnte (la dittatura del proletariato).
Non è quindi un incidente di percorso come qualcuno vuole farci credere.
Vero che Marx ed Engels profetizzavano la loro strada per i paesi occidentali avanzati del tempo (germania e inghilterra) ma a ben vedere gli operai di allora (il mitico proletariato) diede alla proposta marxista un netto rifiuto, preferendo la via socialdemocratica (essenzialmente democratica). A dire no al comununismo (abolizione della proprietà privataa, collettivizzazione degli strumenti di produzione, dittatura del proletariato, fine delle libertà democratiche) fu proprio il movemento operaio a cui Marx si rivolgeva. Ieri come oggi.


Una condensato della storia che si distingue dal linguaggio berlusconiano solo per una maggiore grazia, anche perché quelo di Papi è talmente sgraziato da essere difficilmente raggiungibile.
Ma il semplicismo grottesco è uguale, così com'è uguale la sostanziale falsificazione di alcuni passaggi storici, l'approssimazione, la lettura della storia improntata ad una specie di febbricitante estremismo capitalistico.
In effetti, non c'è niente da rispondere, e qual poco che ci sarebbe già è stato inutilmente sperimentato da me e soprattutto da Mariok.
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Re: Il vicolo cieco della sinistra.

Messaggioda lucameni il 03/09/2009, 17:15

Non ho capito poi se siano da imputare ad estremismo capitalismo anche i socialdemocratici tedeschi di Bad Godesberg (50 anni fa).
Eppure il percorso politico di cui si discuteva pensavo fosse proprio di quel tipo lì; mica altro.
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Re: Il vicolo cieco della sinistra.

Messaggioda pierodm il 03/09/2009, 18:33

Innanzi tutto, una breve notazione per Ranvit.
Nei post di Mariok tutto c'è meno che una qualunque traccia di "utopia": perciò, che c'entra tirare in ballo questa solita filastrocca?

Poi, Luca pone una questione in effetti ben centrata, che si riassume così: de che stamo a parla'?
Una risposta che a me viene immediata è che stiamo parlando di due cose diverse, o forse con intenti diversi.
Io e mariok, e perfino a suo modo Luca, parliamo del marxismo come di un fenomeno che ha una storia e una natura "normali" nell'ambito politico-sociologico. Poi posiamo tornare su questo concetto di "normalità".
Franz ne fa una battaglia dal furore ideologico, reinventandosi (anche rispetto a discorsi da lui fatti nel passato o da lui condivisi) una storia ad hoc: tumore, fonte di ogni male, scoria che resiste solo in menti confuse, etc.

A prescindere dal merito, possiamo definire questo dibattito un modello di discussione utile e interessante?
Bah, tutto alla fine è utile, anche se personalmente non avevo bisogno di conferme per prendere atto che in questa coalizione/partito sono chiamate a coesistere posizioni che secondo ogni logica dovrebbero essere considerate molto lontane, se non opposte: lo dico dal '96.
Ovviamente, nell'affermare questo non ne faccio una questione di "marxismo", che non era un collante né una discriminante nemmeno nel vecchio PCI, ma ne faccio una questione di storia e di posizione culturale: come dice il titolo del forum il "PD tra radici e futuro" - quali radici? quelle dell'agiografia del capitalismo senza se e senza ma? quelle delle conquiste democratiche e sindacali da attribuire al "mercato", o magari al colonialismo, e perché no ad una bella rivalutazione dell'ancien regime?
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Re: Il vicolo cieco della sinistra.

Messaggioda mariok il 03/09/2009, 20:22

Caro pierodm

quando parliamo di radici ognuno di noi fa riferimento inevitabilmente alle proprie esperienze ed ai propri trascorsi.

Io quel mondo di “vecchi compagni” che credevano nella “utopia” del socialismo, l'ho conosciuto, anche senza esserne parte.

I fatti di Ungheria e la primavera di Praga c'erano già stati. Ed erano pienamente consapevoli che quello delle invasioni con i carrarmati, delle repressioni brutali di ogni forma di libertà non era il socialismo che essi avevano sognato e si ostinavano ancora a sognare.

E' vero, erano degli illusi, forse anche ingannati, ma grazie a quella loro “fede” quando c'era da difendere le “libertà borghesi” erano sempre in prima fila e determinanti.

Gli altri, come i radicali di Pannella e i socialisti di Craxi, non perdevano occasione per rinfacciargli di essere comunisti e quindi pericolosi per la democrazia. Ma quando c'era da difenderla in piazza quella “loro” democrazia, sulla quale pretendevano di avere una sorta di copyright politico, io non li ho mai visti.

Oggi di quei “compagni” come è giusto non ce ne sono più. Se ne vede ogni tanto solo qualche brutta copia, personaggi della cosiddetta sinistra radicale che hanno solo quelle caratteristiche negative a lungo combattute proprio dal movimento operaio: l'estremismo ed il settarismo.

Il mio potrebbe sembrare un discorso nostalgico, ma non lo è affatto. Anche se, quando vedo l'arroganza dei piduisti al governo, non nascondo che un po' di rammarico c'è per il fatto che non esista più quella classe operaia che in più occasioni ha salvato la democrazia di questo paese.

Oggi al loro posto ci sono i “giovani” trentacinquenni precari dei call center, con contratto da rinnovare ogni tre mesi, per uno stipendio, quando va bene, di seicento euro al mese.

Credo che il socialismo non sanno nemmeno cosa sia, perchè il solo nominarlo è ritenuto come minimo roba da casa di cura per malattie mentali, se non da manicomi criminali.

E quali sono i loro “sogni” (ammesso che ne abbiano) ed aspirazioni? Per i più ambiziosi una vincita milionaria al superenalotto o la partecipazione al Grande Fratello. Per i più modesti, un po' di ammortizzatori sociali che ne facciano dei semi-assistiti a vita.

Ma portiamo pazienza....adda passà a nuttata....

P.S.

Caro lucameni

hai ragione, forse se l'Italia fosse stata come la Germania, oggi ci toveremmo in una situazione migliore.

Ma purtroppo qui da noi la socialdemocrazia ha prodotto i Longo ed i Tanassi prima ed i Craxi ed i Cicchitto poi.

Che vuoi farci. Siamo stati sfortunati!
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Re: Il vicolo cieco della sinistra.

Messaggioda ranvit il 04/09/2009, 11:26

Ovvviamente ognuno puo' pensarla come meglio crede....

Io sono abituato a giudicare sulla base dei risultati.
E se i risultati sono l'arretratezza economica e civile del Paese questi non possono che essere stati generati da chi ha agito e seminato dal dopoguerra in avanti....

Negli altri Paesi europei, persino nella Spagna dei franchisti per molto piu' tempo al potere dei fascisti in Italia, le cose sono andate meglio.

Le nostalgie dei bei tempi delle lotte di classe fanno davvero....tenerezza. Questa sinistra, come dice il titolo, si è ficcata in un vicolo cieco, non oggi ma negli anni settanta. Quando ad un passo dal vincere le elezioni non ha saputo rinnovarsi aprendosi ai mutati tempi che già allora s'intravvedevano. E invece si è abbarbicata all'utopia della diversità e del berlinguerismo, triste, serioso ed inefficace.

Vittorio
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Re: Il vicolo cieco della sinistra.

Messaggioda pagheca il 04/09/2009, 12:06

ranvit ha scritto:Ovvviamente ognuno puo' pensarla come meglio crede....

Io sono abituato a giudicare sulla base dei risultati.
E se i risultati sono l'arretratezza economica e civile del Paese questi non possono che essere stati generati da chi ha agito e seminato dal dopoguerra in avanti....

Negli altri Paesi europei, persino nella Spagna dei franchisti per molto piu' tempo al potere dei fascisti in Italia, le cose sono andate meglio.

Le nostalgie dei bei tempi delle lotte di classe fanno davvero....tenerezza. Questa sinistra, come dice il titolo, si è ficcata in un vicolo cieco, non oggi ma negli anni settanta. Quando ad un passo dal vincere le elezioni non ha saputo rinnovarsi aprendosi ai mutati tempi che già allora s'intravvedevano. E invece si è abbarbicata all'utopia della diversità e del berlinguerismo, triste, serioso ed inefficace.

Vittorio


il problema di questo tipo di discussioni e' che ognuno tende a vedere quello che vuole vedere e a dimenticare tutto il resto. E' un bias cognitivo ben noto e praticamente ineludibile.

Per esempio uno potrebbe dire (non io, proprio perche' come sapete sono uno scettico impenitente) che il fatto che alcune regioni dove ha regnato la sinistra hanno funzionato benissimo, al livello se non meglio di tanti altri paesi europei, nonostante a livello di governo centrale fossimo uno schifo, e' dovuto al fatto che li non si applica la tua affermazione secondo la quale "se i risultati sono l'arretratezza economica e civile del Paese questi non possono che essere stati generati da chi ha agito e seminato dal dopoguerra in avanti....". Potrei dire che li la gente e' diversa, vive in una cultura diversa, che a volte risente dell'essere circondata dalla merda, ma ha resistito nonostante cio' benissimo e ha saputo per questo esprimere una dirigenza al livello di tanti altri paesi.

Ma ripeto: non ho intenzione di sostenere questa tesi. L'unica tesi che sostengo e' che tutte le tesi che si avvitano sulle definizioni (che cos'e' il marxismo), sulla "discretizzazione" della realta' e della storia (l'effetto di Marx ed Engels sulla storia del XX secolo), che invece e' un continuum di cui Marx ed Engles fanno parte, lasciano il tempo che trovano.

Secondo il mio modesto parere naturalmente...

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Re: Il vicolo cieco della sinistra.

Messaggioda mariok il 04/09/2009, 13:09

Mi rendo conto che questi discorsi servono a poco, sono confusi, soprattutto perchè non si sa bene di cosa si parla.

Si mettono insieme in un unico calderone l'esperienza leninista-stalinista dell'URSS, la scelta socialdemocratica tedesca, persino il franchismo (dove le cose sarebbero andate meglio, meglio di che?) per concludere che la madre di tutti i problemi dell'Italia e della sinistra in particolare sarebbero "i miti" del marxismo che una massa di populisti si sarebbe ostinata a difendere.

A me sembra una semplificazione, che non tiene conto dei veri perchè ciò sia accaduto. Non ci si domanda quale tipo di "borghesia liberale" abbiamo avuto in Italia e perchè non sia stata capace di sconfiggere culturalmente il marxismo.

Se in Italia non è andata avanti una forza politica del tipo della socialdemocrazia tedesca, le colpe sarebbero dei Togliatti e dei Berlinguer, che in buona fede, sono rimasti coerenti con le loro convinzioni, o di coloro che dopo aver impugnato la bandiera del socialismo democratico si sono dati a politiche di centro-destra, stando costantemente al potere insieme ai conservatori con la scusa di arginare il pericolo comunista?

Se la storia della sinistra in Italia non ha avuto lo stesso percorso di altre democrazie occidentali è dovuto a personaggi come Amendola, Napolitano, Ingrao o al fatto che al posto di Willy Brandt qui abbiamo avuto Saragat, Longo e Tanassi (per non parlare poi di Craxi, Cicchitto o Di Donato)?

Porto il mio esempio personale, che credo non rappresenti un caso isolato. Ho votato quasi sempre per il PCI. Forse perchè sono stato anch'io abbindolato dai populisti marxisti o non piuttosto perchè in Italia, negli anni '70 e '80, non avevo alternative per difendere la "democrazia borghese e liberale" sancita nella costituzione ed alcuni fondamentali diritti delle classi più deboli?
« Dopo aver studiato moltissimo il Corano, la convinzione a cui sono pervenuto è che nel complesso vi siano state nel mondo poche religioni altrettanto letali per l'uomo di quella di Maometto» Alexis de Tocqueville
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