da pierodm il 21/08/2009, 16:45
Pagheca: quanti di voi (mi rivolgo soprattutto a chi vive in Italia) sarebbero favorevoli all'esistenza di contratti temporanei e quanti invece li vedono come una cosa comunque - al di la' delle singole forme e garanzie - ingiusta?
I contratti temporanei sono accettabilissimi, e in certi casi la soluzione migliore o perfino obbligata.
Questo, in linea di principio.
Ma nella stessa linea di principio, però, in cui ipotizziamo un sistema economico che per brevità chiamiamo "democratico", privo di strozzature, di rendite di posizione, di oligopoli. In un sistema politico-sociale, e giuridico, che garantisca ricorsi veloci ed efficaci contro eventuali prevaricazioni. In un sistema produttivo che ha interesse reale alla qualità del lavoro, perché c'è un mercato che ha interesse reale alla qualità dei prodotti e dei servizi. Etc.
Inoltre, quando parliamo di "precariato" non ci riferiamo ad una forma contrattuale, ma ad uno status che deriva dall'insieme delle condizioni del sistema socio-economico.
Per esempio, preoccupa assai meno un contratto a termine - sia per lavori di basso profilo, sia per quelli qualificati - se si ha una ragionevole probabilità di trovare un altro lavoro: non per clientelismo, ma per disponibilità personale o per la propria competenza.
In un sistema - come quello italiano - così completamente bloccato, vischioso, e così mal governato, tutto diventa fonte di precarietà, se non hai la "fortuna" di trovarti una nicchia protetta - che finisce per diventare privilegio intoccabile, per meccanismi in parte umanamente comprensibili, in parte perversi.
Tutto: in un paese dove la maggioranza assoluta dei cittadini ha una casa di proprietà, scopri che per molti questo è ottenuto tramite abusivismo diretto o indiretto, e chi non ce l'ha non è un semplice "locatario" (condizione di per sé non disdicevole) ma un precario, uno che non solo è destinato ad essere, ma si sente un disgraziato.
Un fenomeno che influisce anche nel problema del lavoro, o meglio della mobilità e nella disponibilità a cambiare lavoro e zona di residenza.
Per non andare troppo per le lunghe, diciamo che una giusta liberalizzazione del lavoro non può prescindere - per essere valutata e trovare adeguata aplicazione - da una liberalizzazione generale del sistema, perché il lavoro non è un fenomeno separato da tutto il resto. Anzi, è una specie di nodo, di imbuto, nel quale confluiscono tutti i problemi.