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Il boomerang del dialetto obbligatorio

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Re: Il boomerang del dialetto obbligatorio

Messaggioda mariok il 20/08/2009, 18:49

La questione, messa nei termini in cui la mette franz, non fa una piega.

Il piccolo dettaglio è che non mi risultano esserci grandi spinte dal basso per l'insegnamento nelle scuole di dialetti o lingue locali.

Il problema è stato posto un certo giorno d'agosto da tal Umberto Bossi, che peraltro inizialmente lo aveva esposto in termini diversi: quello dell'esame di dialetto cui andrebbero sottoposti tutti gli insegnanti del nord.

Il fatto comunque puzza di strumentalizzazione a un miglio di distanza. Dialetto, inno ecc. sono tutti pretesti per fare pressione su papi per l'assegnazione di almeno una regione (Veneto o Lombardia) alla Lega.

Di qui le contromanovre di Galan ed i corteggiamenti ai quali c'è sempre qualcuno del PD che si mostra sensibile.

Ma si vede che agli italiani piace proprio essere presi per i fondelli.
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Re: Il boomerang del dialetto obbligatorio

Messaggioda pagheca il 20/08/2009, 18:59

mariok ha scritto:Ma si vede che agli italiani piace proprio essere presi per i fondelli.


se ti riferisci al mio messaggio, credo che tu non ne abbia compreso il senso.
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Re: Il boomerang del dialetto obbligatorio

Messaggioda mariok il 20/08/2009, 20:56

pagheca ha scritto:
mariok ha scritto:Ma si vede che agli italiani piace proprio essere presi per i fondelli.


se ti riferisci al mio messaggio, credo che tu non ne abbia compreso il senso.
pagheca


Assolutamente no.

Mi sembra che tu ti riferisca a problemi seri con motivazioni storiche reali.

Qui la padania ed altre amenità del genere sono invenzioni della Lega per pescare nel malcontento della gente impastato con un pò di ignoranza e pregiudizi.
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Re: Il boomerang del dialetto obbligatorio

Messaggioda Manuela il 21/08/2009, 12:54

Sono d'accordo con mariok, credo sia sbagliato rispondere con motivazioni serie alle uscite della Lega, il cui scopo è del tutto strumentale. E' come confondere un serio ragionamento sui problemi dell'integrazione, problemi reali e seri, con le ordinanze che vietano il kebab!
E tuttavia, anche i ragionamenti seri sulla dignità delle lingue locali e/o dei dialetti, mi sembrano fuori luogo, in un paese, come l'Italia (e forse in Galles la penserei diversamente, chissà), che sta scontando sempre più la sua arretratezza civile, culturale ed economica; non dimentichiamoci che siamo nel paese dove le madonne continuano a piangere, dove l'enalotto è la prima notizia del telegiornale, dove i figli restano in casa con i genitori fino a 40 anni, dove le scienze e la matematica sono insegnate poco e male, dove si scambiano favori sessuali con posti in politica... e potrei continuare per chissà quanto. In questa situazione occorrerebbe uno shock di modernizzazione, altro che i dialetti... questi lasciamoli ai dotti studi di qualche encomiabile cultore, alle serate folkloristiche e a qualche straordinario poeta leggibile solo nel raggio di 25 km. Almeno fino a che non avremo recuperato il gap che ci separa dagli altri paesi. Il nostro problema, oggi, è farci capire nel mondo, e recuperare, nel mondo, la dignità che si sta rapidamente perdendo.
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Re: Il boomerang del dialetto obbligatorio

Messaggioda flaviomob il 21/08/2009, 15:16

Tema gaberiano: il dialetto è di "destra" o di "sinistra"?
De André ha nobilitato il genovese in un disco... superbo come Creuza de Ma'... però non aveva bisogno del dialetto, ma della lingua nazionale per esprimere tutta la sua poetica.
I più bei brani di Pino Daniele sarebbero solo "pensabili" in italiano? Eppure il Pino nazionale canta anche in italiano... ma non trasmette le stesse emozioni...
Abbiamo la fortuna di avere una lingua bellissima e tanti dialetti ricchi di sfumature, di significati "non detti" ma efficacissimi. Lo studio - serio - dei dialetti secondo me non sarebbe una cattiva idea. Tanto per cominciare, ogni dialetto ha una relazione diversa col latino rispetto alla collocazione geografica: i dialetti delle isole maggiori, per ovvi motivi, mantengono una maggiore "conservazione", ma anche i dialetti alpini (il "ladino", appunto), in funzione dell'isolamento relativo di alcune vallate. Il genovese ha mutuato termini dall'arabo, dato il continuo contatto con il mondo turco (mandil, in arabo "fazzoletto", in genovese diventa "mandillo"). Il legame dei dialetti del Nord Italia con l'Occitano (ormai quasi scomparso) e il Catalano, il dialetto Corso - bellissimo e particolare nella sua dimensione storica slegata dal percorso dell'Unità d'Italia - il Grico salentino e mille altri ancora. La Lega ovviamente non ha interesse allo studio - comparato e serio - di questa ricchezza nazionale, ma semplicemente vuol tener banco nel deserto mediatico della politica agostana e far vedere che "ce l'ha più duro" degli altri (il cranio, perché poco permeabile alle idee altrui) e vuole mostrare al popolino il suo potere nella compagine di governo, oltre che giocare un ruolo di intimidazione nei confronti dei migranti di ogni dove, siano meridionali o stranieri. La Lega vuole svolgere sul territorio un'azione simile a quella della mafia nel Sud: trasmettere il messaggio che è più forte e può condizionare la politica (persino nazionale) a proprio piacimento, muovendo le pedine giuste e lanciando messaggi trasversali che portino al successo le prepotenze che impone per non sfasciare la maggioranza (ma se serve una sponda nel PD, ogni tanto...)
buona fine di agosto
Flavio


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
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Re: Il boomerang del dialetto obbligatorio

Messaggioda annalu il 21/08/2009, 15:17

Manuela ha scritto:E' come confondere un serio ragionamento sui problemi dell'integrazione, problemi reali e seri, con le ordinanze che vietano il kebab!

Manuela, sei sicura che vietare il kebab non sia una cosa molto, ma molto seria?
Quale motivi ci può essere dietro al divieto di servire un piatto tipico diffuso in tutto il mondo (io il kebab l'ho assaggiato per la prima volta in un un baracchino arabo al centro di Stoccolma!) se non quello di offendere e ferire le popolazioni immigrate??
Capisco il desiderio di preservare gli usi regionali autoctoni, ma si può farlo senza divieti ridicoli ed offensivi!
Manuela ha scritto:E tuttavia, anche i ragionamenti seri sulla dignità delle lingue locali e/o dei dialetti, mi sembrano fuori luogo, in un paese, come l'Italia (e forse in Galles la penserei diversamente, chissà), che sta scontando sempre più la sua arretratezza civile, culturale ed economica [...]

Anche i dialetti sono una cosa seria. Siamo un paese abbastanza arretrato per mantenere ancora l'uso parlato di alcuni dialetti, quindi sarebbe proprio il momento giusto per preoccuparsi di salvarne la tradizione.
Però "salvare" i dialetti non significa certo imporne l'uso nelle scuole come lingua principale: si avrebbe solo il risultato di impedire il progresso e la capacità di comunicazione tra le persone, bloccandone la mobilità da una località all'altra.
Quindi, accanto alla denuncia della provocazione strumentale della lega, forse sarebbe il caso di pensare al "dialetto" come materia facoltativa magari solo in alcune scuole superiori, classi dove il dialetto lo si studia anche da un punto di vita storico, insomma una sorta di specializzazione etno-linguistica.

Ma il "bello" del becerume leghista è che riescono a rendere becero ogni discorso, ogni argomento anche serio e valido diventa volgare e impresentabile ... bello avere al governo gente così :cry:

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Re: Il boomerang del dialetto obbligatorio

Messaggioda pagheca il 21/08/2009, 16:08

annalu ha scritto:
Manuela ha scritto:E' come confondere un serio ragionamento sui problemi dell'integrazione, problemi reali e seri, con le ordinanze che vietano il kebab!

Manuela, sei sicura che vietare il kebab non sia una cosa molto, ma molto seria?
Quale motivi ci può essere dietro al divieto di servire un piatto tipico diffuso in tutto il mondo (io il kebab l'ho assaggiato per la prima volta in un un baracchino arabo al centro di Stoccolma!) se non quello di offendere e ferire le popolazioni immigrate??
Capisco il desiderio di preservare gli usi regionali autoctoni, ma si può farlo senza divieti ridicoli ed offensivi!


Annalu',

credo che manuela volesse dire l'esatto contrario di quello che hai capito tu... Penso che intendesse che le boutade della lega sono tentativi criminali e incoscienti di creare ulteriori divisioni e discriminazioni.

Vedremo che rispondera' l'interessata, ma nel frattempo vorrei dire che sono convinto anch'io che non ci dovremmo fare fissare l'agenda dalla lega, e che la questione dialetti, in un Italia in queste condizioni di quasi catastrofe, non dovrebbe certo stare al top delle priorita'. Infine, che le proposte della Lega in merito dall'idea delle soap in dialetto a quella dei professori meridionali, sono patetiche e frutto come al solito della loro (e non solo) totale ignoranza.

Detto questo pero', penso che si possa, nel buio dei nostri forum... parlare di qualsiasi cosa, inclusa la questione delle culture locali e del rischio (da dimostrare) di una perdita irreversibile di questa ricchezza, ora che l'Italia parla comunque in gran parte la lingua italiana pur con forti accenti, nei quali non vedo nulla di male finche' non impediscono la comprensione reciproca. Ribadisco che il dialetto come seconda "lingua" beninteso non mi pare una cosa cosi' deleteria e anzi secondo me andrebbe incoraggiato anche se non sono certo in grado di dire come. Per questo ci vorrebbe uno studio preciso eventualmente.

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Re: Il boomerang del dialetto obbligatorio

Messaggioda annalu il 21/08/2009, 16:49

pagheca ha scritto: Detto questo pero', penso che si possa, nel buio dei nostri forum... parlare di qualsiasi cosa, inclusa la questione delle culture locali e del rischio (da dimostrare) di una perdita irreversibile di questa ricchezza, ora che l'Italia parla comunque in gran parte la lingua italiana pur con forti accenti, nei quali non vedo nulla di male finche' non impediscono la comprensione reciproca. Ribadisco che il dialetto come seconda "lingua" beninteso non mi pare una cosa cosi' deleteria e anzi secondo me andrebbe incoraggiato anche se non sono certo in grado di dire come. Per questo ci vorrebbe uno studio preciso eventualmente.

Buio dei nostri forum ... ma se siamo in piena luce!!!

A parte gli scherzi, una bella cattedra in "dialettologia comparata" mi piacerebbe proprio!
E non è una battuta.
L'Italia credo sia un paese molto ricco e molto interessante per lo studio dell'evoluzione delle lingue, perché si va da vere e proprie lingue che si sono sviluppate in situazioni particolari di isolamento (dal sardo al ladino, per esempio) a dialetti che presentano radici linguistiche molto varie, e rispecchiano in qualche modo le lingue dei popoli che hanno nel tempo invaso determinati territori.

Un esempio può essere il patois valdostano di radici francoprovenzali, oppure altre mescolanze alle quali si riferisce una poesiola della mia infanzia che non sono certa di ricordare esattamente "Vardè quel picciol cagnotel, giò per stradon laufen, mit coda heraus und testa inunter", direi del confine italoaustriaco (vedi quel piccolo cagnolino, correre giù per lo stradone, con la coda all'insù e la testa all'ingiù). Un bello studio dei dialetti penso fornirebbe informazioni storico-linguistiche di grande ricchezza ed interesse, se qualcuno avesse voglia di dedicarcisi.
Poi, un'altro motivo.
Mi è capitato, tra le altre cose che ho fatto, di insegnare i primi rudimenti di italiano ad immigrati delle diverse parti del mondo, mescolati tra loro nelle stesse classi. A parte la ricchezza di storie e di lingue che ho appreso io (ho anche pubblicato un articoletto su questa esperienza), ho notato che c'era una grande differenza nella velocità di apprendimento dell'italiano tra chi conosceva un'unica lingua, qualsiasi essa fosse, e chi ne conosceva più di una fossero pure due dialetti di remotissimi villaggi africani. Il motivo è semplice: chi sin da piccolo impara a parlare due lingue (in questo equiparo lingue e dialetti) è abituato a livello cerebrale al concetto di traduzione: sa cioè che la stessa cosa può venir espressa con modalità diverse, e sa anche che le traduzioni non sono mai del tutto esatte, perché ogni idioma ha le sue sfumature.
Questa conoscenza di base renderà in seguito più facile l'apprendimento di qualsiasi ulteriore linguaggio. Di conseguenza chi parla correntemente (e correttamente) sia in italiano che in un qualsiasi dialetto, è già in qualche modo bilingue, e dovrebbe più facilmente apprendere l'inglese o l'urdu, tanto per fare esempi a caso.
Il problema è che però il dialetto dovrebbe venir insegnato in modo "colto", e questo non è facile: prima di tutto qualcuno i dialetti dovrebbe studiarli e descriverli, ma questo mi sembra del tutto fuori dalla portata dei nostri leghisti.

Ciao
annalu
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Re: Il boomerang del dialetto obbligatorio

Messaggioda pierodm il 21/08/2009, 21:22

La nostra Annalu non delude mai ... eh, eh, eh.

Possiamo e dobbiamo parlare di tutto: la vera agenda non è data dagli argomenti, che sono tutti importanti, ma dal modo in cui sono trattati.
D'altra parte la politica è diversa dalla filosofia pura per un motivo principale: che è "storia", ossia deve affrontare quello che si presenta, fosse pure la "perfida Albione" o le porcherie che i propagandisti hitleriani s'inventarono a proposito del naso degli ebrei.
E io credo che non bisogna sottovalutare niente di quello che fa e dice la Lega, per quanto idiota possa essere.

Che i dialetti siano un formidabile campo di studio lingistico è sicuro, e del resto è un campo che è stato molto frequentato dai filologi e dagli antropologi.
Ma questa è ben altra questione da quella di "insegnare il dialetto" nelle scuola, che è una scemenza, perché i dialetti sono per definizione una cosa che poco ha a che fare con una "materia" da insegnare.

Per quanto riguarda l'esperienza di Annalu, a conferma della sua intuizione posso portare la teoria - poi largamente messa in pratica - da un mio amico filologo, che ha insegnato quattro o cnque lingue in giro per l'Europa.
Secondo lui, il problema non è tanto "imparare" una lingua quanto "disimparare" la lingua-madre, ossia svincolarsi da questa come intima ed esclusiva forma di comunicazione.
Il metodo che poi da questa teoria è seguito consisteva nel proporre corsi di lingue, nelle quali s'insegnava inglese, francese, tedesco e spagnolo contemporaneamente. Funzionava.
Solo con me non ha funzionato, perché io so' de coccio, e comunque già bilingue: romano e italiano, e alla fine il mio amico ha preferito utilizzarmi come insegnante d'italiano a stranieri.
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Re: Il boomerang del dialetto obbligatorio

Messaggioda franz il 22/08/2009, 9:07

annalu ha scritto:Anche i dialetti sono una cosa seria. Siamo un paese abbastanza arretrato per mantenere ancora l'uso parlato di alcuni dialetti, quindi sarebbe proprio il momento giusto per preoccuparsi di salvarne la tradizione.
Però "salvare" i dialetti non significa certo imporne l'uso nelle scuole come lingua principale: si avrebbe solo il risultato di impedire il progresso e la capacità di comunicazione tra le persone, bloccandone la mobilità da una località all'altra.

Certo che sono una cosa seria (la comunicazione è sempre una cosa seria) ma non sono d'accordo con la tesi di legare l'arretratezza di un paese al mantenimento di dialetti (ovviamente parlati e forse anche, raramente, scritti).
Il dialetto, si dice, è la lingua materna. Si impara da piccoli, nei primi anni di vita ed è quindi legato anche alla comunicazione affettiva ed emotiva. In questo senso è vero che è una forma di comunicazione quasi privata, nel senso che non solo ha varianti cittadine ma anche in quartieri e famiglie. Certi termini magari li usa solo una famiglia o un gruppo di famiglie perché li usava il nonno che avevano in comune. Col dialetto (riassumo quanto ho capito leggendo varie cose in questi anni, tra Pinker ed altri che si sono occupati di comunicazione linguistica) cambiano i termini (il modo di chiamare le cose) e la fonetica (il modo di prounciarle). Non cambia pero' la grammatica (il modo di costruire la frase, declinare, coniugare). La grammatica è cio' che contraddistingue una lingua e come tale puo' essere codificata in regole grammaticali. Se si cerca di fare questo col dialetto si arriva o a verificare che in realtà si tratta di una lingua con regole proprie oppure ci si imbatte in localismi che non possono essere regolamentati. In veneto si puo' dire "ste mone" oppure "sti mona", non c'è una regola se non che un modo viene detto a Padova e l'altro a Venezia. A parte l'anedottica divertente, insegnare queste cose obbligatoriamente a scuola è un'idiozia, visto che chi è nato in veneto lo sa già da quando ha pochi anni come sa perfettamente cosa si intende per "ombra". Potrebbe pero' essere un corso facoltativo, per approfondire alcuni aspetti o studiare la storia del dialetto o alcuni suoi illustri esponenti (per il veneto scritto abbiamo il Goldoni).

Cosa servirebbe allora studiare un dialetto nella scuola dell'obbligo?
A poco, direi. Serve invece imparare lingue (ma qui ripropongo il problema del sardo, che è una lingua, non un dialetto). E serve soprattutto nella scuola dell'obbligo (già fin dalle elementari, quando la mente del bambino ha la massima propensione ad apprendere lingue) impararne piu' d'una. Non importa quali, certo, ma visto che studiare una lingua diversa da quella nazionale richiede un impegno notevole, è bene studiare lingue che servano nella vita (scegliendo tra inglese, francese, tedesco, spagnolo, .... arabo, cinese).

Il problema del dialetto allora secondo me è una questione che non è scolastica ma familiare.
È la madre che deve decidere se parlare fin dall'inizio con il proprio figlio in italiano (se lo conosce bene) oppure in dialetto (e se non sa l'italiano almeno si spera che il dialetto lo parli bene). Nella scelta della madre (se la intendiamo come scelta razionale) va preso in considerazione anche l'ambiente. Se tutti gli altri bambini del vicinato si esprimono in dialetto, e suo figlio solo italiano, avrà difficoltà di comunicazione nel gruppo (non capirà certi termini). Tuttavia se si adegua alla parlata locale imparerà comunque il dialetto degli altri. Se la famiglia trasloca in una località distante entro i due o tre anni dalla nascita, il bambino imparerà anche il dialetto del luogo. Se la famiglia cambia nazione è bene che insegni l'italiano, non il dialetto. Sempre, ben inteso, che la famiglia conosca bene l'italiano. Meglio un buon dialetto che un italiano sgrammaticato. Non solo ma meglio un buon dialetto in casa proprio perché è il canale comunicativo "materno" degli affetti e dei sentimenti, compreso il "buon senso" dei proverbi (giusti o sbagliati che siano).
Questa sarebbe la maggiore perdita. Una comunicazione familiare in un italiano asettico, privo del colore dialettale (e non solo per i proverbi) sarebbe forse anche dannosa per un bambino.

La scuola a questo punto deve insegnare l'italiano - le regole della grammatica italiana, queste sconosciute a tutti, giornalisti compresi - e non un dialetto. Questo potrebbe essere oggetto di studi facoltativi, ammesso che ci siano insegnanti che lo conoscano in modo cosi' approfondito da poterlo insegnare. A questo punto sarei proprio curioso di vedere che dialetto veneto insegnano nelle scuole di padova, venezia, treviso, verona.

Nel caso delle lingue subnazionali (come il sardo ed altre lingue parlate da minoranze) o dei dialetti la scelta deve essere locale, non nazionale e non vedo comunque l'obbligatorietà come una cosa giusta. La scelta di studiare lingue e dialetti dovrebbe essere facoltativa e l'unico obbligo che vedo per me è italiano ed inglese.

Ciao,
Franz
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