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Minacce in diretta tv

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Minacce in diretta tv

Messaggioda pagheca il 10/08/2009, 20:31

mi spiace che non possiate tutti "apprezzare" un certo modo di attaccare il governo che invece regna qui. Non sostengo che qui tutto va bene signora la marchesa, per carita'. Ci sono stati anche qui scandali e critiche che coinvolgono la rai, ma stiamo ordini di grandezza al di la' della scandalosa situazione italiana. Vi farei vedere e sentire certi programmi che altro che la roba che SB accusa di attaccare il governo!!!

Io personalmente, ripeto, vorrei vedere una RAI forte, rappresentativa del paese, e indipendente dal potere politico. Penso che 3 reti, anche 4, (ma in fondo ci siamo gia', se si contano RAI news e i canali come RAI edu e RAI storia) potrebbero essere invece che frutto di lottizzazione, frutto di una volonta' di differenziare il prodotto. La televisione di stato e' un "asset" importante per la nazione. Ci rappresenta all'estero.

Ma voi che ne pensate della critica di fondo che faccio al concetto di una rai controllata, attraverso il Parlamento, de facto, dalla maggioranza politica del momento? Piu' ci penso (grazie forum!) e piu' mi convinco che in realta' sia questo l'errore originale e che non abbiamo capito un cacchio pensando che fosse possibile risolvere il problema grazie ad un atto virtuoso della maggioranza politica del momento.

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Re: Minacce in diretta tv

Messaggioda Robyn il 10/08/2009, 22:05

Quando si fà male,sia essa maggioranza e opposizione non si può dire che si stà facendo bene.Quando si fà bene sia maggioranza che opposizione non si può dire che si stà facendo male.Per esempio riprendo il caso Santoro e Vauro.Santoro ha fatto male a dire che la fase emergenziale che aveva visto l'intervento della protezione civile,era stato intempestivo e mal coordinato.In merito al caso Vauro ha sbagliato Vauro e ha sbagliato chi chiedeva la censura della satira e la rimozione di Vauro.Vauro poteva risparmiarsi quella vignetta sulle vittime del terremoto in abruzzo.E come se qualsiasi di ognuno di noi ha un familiare che decede per disgrazia ed il giorno dopo c'è una vignetta satirica sul quel familiare in un giornale.Ha altrettanto sbagliato chi chiedeva la censura e la rimozione di Vauro,perche anziche chiedere questo,doveva fare una critica molto accesa.Chi l'ha chiesta ha dimostrato di avere poco a cuore la libertà di parola e di espressione.Naturalmente accando ad insuccessi del governo riportati dai media possono esserci,se ci sono,lodi a ciò ciò che eventualmente è stato fatto bene.Ma non guardiamo solo rai3.Guardiamo a che cosa è Fede e che cosa è Vespa
E stato altrettanto sbagliata la rimozione di quel vaticanista di rai3.Che cosa ha detto?Si poteva contestare vivacemente
Piuttosto i media contestino il conflitto di interessi del signor SB e la concentrazione di potere mediatica economica.Vediamo cosa dice SB.Lo faccia Fede,lo faccia Vespa e non solo rai3
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Re: Minacce in diretta tv

Messaggioda pianogrande il 10/08/2009, 22:44

Per me il problema non è chi deve controllare che cosa.
Il problema è che nessuno dovrebbe controllare un bel niente.
Ben vangano le TV "faziose". Lìimportante è che sia permessa la faziosità in tutte le direzioni.
Er Silvio nostro vuole, in modo determinatissimo, che l'unica faziosità permessa sia la sua.
Vuole che la televisione pubblica sia al suo servizio come lo è la sua televisione privata.
E' lui (avendo "militarizzato" la RAI) che fa televisione di parte a spese dei cittadini.
Come a spese dei cittadini mantiene i suoi personali lacchè ed il suo harem.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Minacce in diretta tv

Messaggioda pierodm il 11/08/2009, 1:07

In via teorica sono d'accordo con Pianogrande: nessuno controlli nessuno.
Ma scendiamo nel reale.

Il giornalismo italiano è sottoposto ad una legislazione, recepita anche in Costituzione, che risale al fascismo: l'Ordine dei giornalisti, soprattutto. Questo solo fatto getta già le basi di un controllo dell'informazione, che in una fase evoluta non è nemmeno più "censura", ma una gamma variegata e fantasiosa di "auto-censure", o meglio ancora di carriere che germogliano all'ombra di un protettore e crescono conformandosi intimamente agl'interessi di quel protettore.
Salvo casi particolari - giornalisti che hanno ormai superato la necessità di una protezione, o che siano eccezionalmente battaglieri - la gran massa di loro non si accorge nemmeno di essere al servizio di qualcuno, ma all'atto pratico riducono la propria deontologia professionale semplicemente a ciò che possono fare senza subire contraccolpi nella carriera.
Questa situazione trova un riscontro speculare nell'editoria: in Italia gli editori puri praticamente non esistono, o sono una categoria marginale - la quale è comunque tenuta al guinzaglio dal fatto di dipendere quasi totalmente dalle grandi concessionarie di pubblicità.
Gli editori sono in realtà grandi holding, o grandi gruppi finanziari, che di fatto sono essi stessi i primi a "lottizzare" il campo: non secondo ideologie di partito, ma secondo interessi economici e strategie commerciali.
Questo genera una situazione in cui non esiste la coscienza - e la prospettiva professionale - di "fare il proprio lavoro" in modo tale che, se non va bene da una parte, si può passare ad un'altra avendo dimostrato capacità e combattività, autonomia e coraggio, etc etc.
Anzi, queste non sono virtù, ma pericolosi difetti, perché denotano una scarsa attitudine a servire interessi di bottega che poco hanno a che fare con il "vero giornalismo", qualunque cosa questo sia.
Questo spega però, anche, la ragione per cui un certo coraggio si ha solo quando si sente di avere le spalle molto al sicuro, ossia quando si è ben saldi al servizio d'un "editore". E speiga anche perché questo coraggio è per forza fazioso, o meglio cortigiano.
Alla RAI tutto ciò prende la forma che deriva dal fatto che gli editori sono i partiti, ossia coloro che "possiedono" lo stato, tanto quanto le grandi holding finanziarie "possiedono" il sistema economico.

Dal che si evince la scoperta dell'acqua calda: l'Italia è un sistema che ha padroni troppo potenti, e troppo invasivi, e ogni organismo di questo sistema ne è pesantissimamente condizionato.
la lottizzazione della RAI, in questo contesto, è - per quanto riprovevole sotto molti aspetti, e nei limiti anzidetti - l'unica forma in cui poteva darsi un certo pluralismo dell'informazione.
Con l'avvento di Berlusconi il cerchio si chiude trionfalmente.

Ah, dimenticavo: la privatizzazione della RAI.
sarebbe come cadere dalla padella nella brace, come nel caso della Telecom.
Primo, i condizionamenti continerebbero ad esistere per semplice forza d'inerzia, o se preferite di gravità.
Secondo, in Italia non ci sono grossi affari che siano al sicuro dalle unghie dei soliti due, tre, quattro potentati finanziari, o dalle ingerenze di un potere politico colluso e consociativo con questi potentati: i pezzi privatizzati Rai finirebbero nel menu delle solite holding, dei soliti noti e meno noti che già possiedno il sistema Italia. Né più, né meno.
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Re: Minacce in diretta tv

Messaggioda Loredana Poncini il 11/08/2009, 7:53

Quindi, essendo la Grande Sorella TV quella che è (purtroppo ! ), mettiamoci a studiare come possiamo valerci sempre meglio e di più del WEB, per non lasciarci soffocare dallo strapotere consolidato, invasivo ed ipnotizzante massmediatico, della TV-dipendenza
Se noi "progressisti", in questo campo massmediatico, non apriamo nuove vie di AZIONE POLITICA contro i "conservatori", ditemi che speranze abbiamo...
Altro che riformismi !
Qui si tratta finalmente di usare l'acqua calda, dopo averla scoperta !
Per far che ? Per lavarci la Rete dalle incrostazioni raggelanti il suo uso tanto da renderla una mera appendice di nicchia della TV ! ( Grillo e l'IDV reggiungono i giovani, cioé i paria fuori-caste, così...) :idea:
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Re: Minacce in diretta tv

Messaggioda Robyn il 11/08/2009, 8:20

Sono d'accordo.La professione vera di giornalismo in italia non esiste.I criteri di valutazione non sono ,la libertà, l'autonomia,la professionalità,l'audacia,ma il ripiegamento alle lobbyes economiche,che poi determina faziosità.Diciamo che è una gara a chi è più delinquente.Si nota che tg come Fede, oppure la trasmissione di Vespa nascondono certi temi urgenti e di attualità,e si mettono a parlare di temi che non interessano a nessuno,oppure che il tg2 se parla dell'opposizione ne parla male,oppure omette notizie negative che riguardano il governo o mette in secondo piano notizie positive che riguardano l'opposizione.Infatti nessuno deve controllare nessuno.Il giornalista deve avere solo come riferimento la libertà,la verità,la non faziosità.Credo che il giudizio storico che gli storici daranno del berlusconismo non sarà molto diverso da quello dato al fascismo.Quando si cominciano ad attaccare i lavoratori c'è da preoccuparsi.Dopodiche si passa agli immigrati ai meridionali alla magistratura alla stampa al terzo settore.Il berlusconismo è fascismo scientifico trasformista,e così sarà scritto nei libri di storia Ciao Robyn
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Re: Minacce in diretta tv

Messaggioda pagheca il 11/08/2009, 9:54

ricordiamoci che, sebbene entro certi limiti, l'indipendenza del lavoro di un giornalista (non del giornalista stesso che e' libero di avere le opinioni che desidera) puo' essere definita secondo certi criteri codificati e ogettivi. Purtroppo non sembra che questi criteri siano parte della sua formazione, o del suo contratto. E' un problema vasto, che riguarda un po' tutte le professioni in contatto con un pubblico. Pensiamo ad esempio che nella formazione di un medico (che c'entra? c'entra c'entra...) non c'e' una parte che insegna i rapporti con il paziente dal punto di vista umano e sociale (ne parlava tempo fa Veronesi). Stessa cosa per i poliziotti o i vigili, che forse imparano come si controlla la velocita' di un autovettura, ma non come si fa a gestire il rapporto con un cittadino.

Ancora una volta, il problema e' l'arretratezza, perche' in quasi tutti i paesi questo avviene di routine. Mia moglie lavora come giornalista nel settore pubblico in Australia (SBS Radio) e ha dovuto sostenere degli esami per imparare come si fa ad essere imparziali (altro che diritto di faziosita'!) e c'era una commissione che indagava molto seriamente su ogni singola mancanza di equilibrio nei programmi politici e non. Ci sono dei criteri precisi, non e' che uno dice "ehi, mi raccomando eh! cerca di attaccare Franceschini cosi' come attacchi Berlusconi". No, il problema e' stato studiato per decenni ormai e si sa misurare l'imparzialita' e la professionalita' di un giornalista. Ma io mi chiedo se queste cose si sa che esistono, ancora prima di applicarle, in RAI. A quanto sembra no. Anche in questo siamo, ho l'impressione, al livello in cui vertevano molti stati europei 50 anni fa...

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Re: Minacce in diretta tv

Messaggioda Robyn il 11/08/2009, 11:23

Questa è una cosa che non riguarda solo l'informazione,"la mancanza di criteri valoriali seri",ma molti aspetti della vita sociale,in particolare quella lavorativa.Infatti le aziende oggi già attuano una forma discriminatoria di eugenetismo nella selezione del personale,del tipo che vettura ha,quando scade la revisione,oppure se ha un'alloggio di proprieta etc.Ci mancherebbero solo le seguenti domande:lei vuole fare carriera?sà fare il delinquente?
PS Non mi è mai piaciuta la porola etica.Preferisco la parola "valoriale"

Storie di vita quotidiana
Giovane,qui si fà quello che diciamo noi
<Ma io veramente sapevo che il giornalista doveva essere libero e raccontare i fatti cosi come sono>
No,non è così.Limparzialità,la verità della notizia,la non faziosità,si tratta di cose superate.Qui ci stiamo organizzando con la clientela

Signora!!Dice SB
<E mai possibile che in questo stato non ho il diritto a sentirmi sicura>
Adesso ci penso io dice SB.Maleducato scostumato come si permette?
Signora!Si sente rassicurata adesso?
<Si,adesso sì,mi sento rassicurata> Della serie storie di vita malata
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Re: Minacce in diretta tv

Messaggioda pianogrande il 11/08/2009, 14:26

Per scendere dalla "teoria" alla pratica, come dice Pierodm, spero, allora, che di poli della informazione ce ne siano sempre tanti ed in competizione.
Sarebbe un bel passo avanti per l'Italia dove di abbiamo un "MONO-POLO". Sì, senza la i.
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Re: Minacce in diretta tv

Messaggioda pierodm il 11/08/2009, 17:25

Mi dispiace di non avere l'ottimismo di Loredana - ammesso che sia ottimismo, dato che si avverte nelle sue parole forse più disperazione di quella che appare in quelle di noi pessimisti.
La Rete va bene, così come vanno bene tutte le forme alternative d'informazione, intendiamoci.
Ma il problema non è tanto quello di essere o fare Rete tra cittadini, ma è quello del sistema, della struttura della "democrazia della comunicazione", del complesso economico-tecnologico.
Non lasciamoci trarre in inganno da fenomeni come quello iraniano o cinese, che vedono la comunicazione in Rete come una specie di Radio Londra ascoltata a Berlino o a Roma durante il nazifascismo.
Il fatto è che Radio Londra siamo noi, e che stiamo discutendo sul se e sul quanto al nostro stesso interno non ci sia la stessa opacità, la stessa resistenza surrettiziamente autoritaria, la stessa sudditanza che opprime "gli altri" in forme assai più vistose, tragiche ed esplicite. Ossia, se possediamo effettivamente quel "cuore libero e democratico" che tale appare agli ascoltatori lontani di Radio Londra - se lo possediamo cioè come sistema, più che come individui, ovviamente.
C'è perfino una scuola di pensiero che mette in guardia contro la fascinazione esercitata da questa nostra stessa iperconnettività tecnologica, in quanto crea una sorta di percezione dopata di "possibilità" e di libertà, mentre in realtà ci lega al potere di chi detiene le chiavi della tecnologia e della comunicazione.

Guardiamo in faccia la reltà: la sinistra, ma diciamo pure i progressisti in generale, in questi decenni hanno omesso clamorosamente d'interrogarsi sul piano politico e operativo circa i problemi appena accennati.
Un'omissione tanto più grave, e paradossale, se pensiamo che di questa "nuova realtà" hanno cominciato ad interessarsi filosofi e sociologi progressisti già dagli anni '30 e '40, in grande anticipo sui tempi.

Personalmente io credo che sia necessario operare, come si dice, sui "fondamentali" di una cultura, mentre contestualmente si cerca di fronteggiare una situazione che si è lasciata colpevolmente andare e che è ormai in emergenza - vale a dire, leggi sul conflitto d'interessi, sulla libertà d'impresa nelle telecomunicazioni, sull'antitrust a largo spettro, sul copyright, sui dati sensibili, sulla libera navigazione e pubblicazione in web, sul rapporto tra partiti, istituzioni e telematica, etc.
I fondamentali però rimangono, a mio parere, quelli della formazione individuale, della scuola e della "memoria": arrivo a dire (ad intuito, però, senza aver sufficientemente maturato la cosa) possibilmente astraendosi dal web e dall'informatica.
Libri e matite. Carte geografiche e corse nei prati.
Come dicevo qualche tempo fa: noi siamo l'ultima generazione che ha conosciuto sia un mondo antico, sia quello moderno e quello post-moderno. Siamo la generazione che cammina sullo spartiacque tra questi due ordini di tempo.
Dobbiamo avere il coraggio di fare di più che non lamentarci che "non s'interrompono così le emozioni": la questione è politica ed economica, è una questione di sistema, non solo di singoli prodotti o fenomeni.
Ma il coraggio non sta tanto nel battagliare contra inimicos, ma di dare ascolto a noi stessi, o meglio, a non soggiacere per superficiale modernismo acritico alle suggestioni e all'incanto dogmatico del luna park tecnologico.
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