IL SONDAGGIO/ Percentuali quasi invariate negli ultimi 2 anni
Tra i favorevoli al disimpegno, la maggioranza lo vuole "graduale"
Italiani scettici sulla missione
il 56% vuole lasciare l'Afghanistan
di ANTONIO NOTO
* LE TABELLE
Nonostante le schermaglie della politica, l'opinione degli italiani sull'impegno militare in Afghanistan mantiene un profilo stabile e manifesta un'adesione piuttosto tiepida alle scelte assunte in sede istituzionale. Nel febbraio 2007 (in pieno governo Prodi) il 54% del campione si dichiarava favorevole al ritiro delle truppe dal fronte, due anni dopo l'indagine fotografa una realtà pressoché identica, con i favorevoli attestati al 56%, una percentuale, dunque, simile a quella già registrata due anni addietro, nonostante il dibattito politico che si è sviluppato negli ultimi giorni dopo l'uccisione di un soldato italiano.
La maggioranza dei sostenitori del ritiro, prescindendo dallo schieramento politico di appartenenza, conviene sulle modalità in cui esso dovrebbe avvenire: secondo il 34% l'abbandono dello scenario di guerra, in questa fase, imporrebbe una condotta responsabile e un approccio ponderato, con un disimpegno graduale e gestito concordemente con le esigenze degli alleati mentre il 22% ritiene al contrario che il ritiro debba essere repentino senza strategie precise o accordi internazionali. Insomma un'azione unilaterale dell'Italia.
Quale che sia la maggioranza al governo, il suo grado di coesione interna e l'intensità della condivisione degli indirizzi di politica estera, l'opinione dei cittadini sull'opportunità del coinvolgimento nello scenario afgano conserva una forte propensione al disimpegno. La scelta pare sganciarsi dal clima del momento o dal grado di percezione del pericolo: gli italiani che temono un attacco terroristico nel nostro Paese sono scesi in due anni dal 63 al 54% mentre il 25% pensa che Osama Bin Laden sia morto.
Le forti perplessità verso la missione si trasformano in un più netto rifiuto se dalla fotografia del presente si passa all'analisi di uno scenario in cui l'Italia figuri maggiormente impegnata nel conflitto. In questo caso il fronte dei contrari al potenziamento delle forze in campo con più uomini e più mezzi sale al 69% e divide esattamente a metà lo schieramento degli elettori del centrodestra.
In presenza di dati così stabili, anche il contraccolpo emotivo generato dall'irrompere di episodi tragici come l'uccisione di un connazionale nello scenario del conflitto non paiono determinanti. Lo scetticismo verso la missione risulta essere, piuttosto, l'effetto di una basso livello di aspettativa circa il successo dell'operazione e di scarso riscontro sul piano dei risultati: il 56% del campione ritiene infatti che la missione si sia rivelata costosa e abbia sostanzialmente fallito nei suoi scopi principali.
Il giudizio presenta contorni più marcati nell'area di opinione di centrosinistra e di quella sinistra priva di rappresentanza parlamentare. E tuttavia non pare di poco conto l'identico pronunciamento del 37% degli elettori di centrodestra.
(30 luglio 2009)
www.repubblica.it