da pierodm il 28/07/2009, 23:07
Franz, io non ho detto che certi valori sono "soltanto" di sinistra, in senso assoluto.
Sia pure sinteticamente ho tracciato un excursus: all'inizio dell'epoca post-assolutista, prima il liberalismo, poi il socialismo "romantico" soprattutto erano sicuramente gli unici depositari dell'idea di libertà, uguaglianza e giustizia sociale.
Per tutto l'800 il socialismo è stato questo, avendo come contraltare il liberalismo borghese - democratico, ma poco sensibile alla giustizia sociale - e i residuati dell'ancien regime, ai quali si univano le varie correnti legate al tradizionalismo religioso - con picchi di oscurantismo che ben sappiamo, che si opponevano anche al liberalismo e all'iluminismo. Questa è la (lunga) fase che ho definito della "sola sinistra" che sosteneva certi valori.
Quando la spinta democratica, in seguito al corso inarrestabile della storia sia politica che economica, ha reso non più difendibile l'ancien regime, la Chiesa - con il pragmatismo che la distingue - si è inserita nel discorso "sociale".
Insieme a questo, si è anche ampliato il fenomeno di una differeenziazione del liberalismo stesso, che ha recuperato in alcune parti lo spirito universalistico che ne aveva distinto la nascita, dando luogo a diverse forme di liberalismo sociale, quando non socialista tout court, che è confluito nel radicalismo libertario di fine '800, o perfino nell'anarchismo liberale, del quale uno degli esponenti più noti è stato Bertrand Russell. Questa è la fase che ho chiamato di "anche altri", con distinguo, con speciale allusione alla dottrina sociale della Chiesa.
In questa fase, è bene notare che la ricezione di questi valori ha portato a definire "di sinistra" quelle parti che ne facevano un tratto distintivo: non si trattava di una definizione che indicava tanto una collocazione parlamentare o partitica, ma culturale, di idee, di un concetto stesso di società.
Quanto, poi, questa assunzione di valori "sociali" fosse dovuta al marxismo, anche da parte di chi al marxismo non riconosceva lo stesso significato centrale che gli davano i socialisti, questo sarebbe un discorso interessante da approfondire: certamente molto del liberalismo italiano progressista, nei primi decenni del '900, si è fortemente intrecciato con il marxismo.
C'è poi il periodo post-bellico, repubblicano, nel quale l'idea di democrazia si è dilatata a classi e settori della società che fino a pochi anni prima sembravano refrattari o molto dubitativi, o indifferenti. Certe conquista democratiche, certe idee, certi valori - specialmente quando si univano alla crescita economica e al benessere - che erano state da un secolo l'essenza della sinistra, sono state considerate semplicemente patrimonio della repubblica e della sua costituzione, e tutti hanno trovato conveniente ritrovarcisi. In modo particolare nelle garanzie che un secolo di lotte sindacali avevano prima maturato come obiettivi, poi realizzato.
Questa è la fase che ho definito del "passare all'incasso", che per molti è stato solo una forma di convenienza concretamente percepibile, dimenticando o ignorando la storia che c'era dietro, la fatica lunghissima di liberali e socialisti nel portare avanti passo passo certe rivendicazioni.
La presenza e il contributo della componente sociale "religiosa", in tutto questo, caro Matt, è tutta da analizzare, essendo estremamente ambigua - e con questo mi riferisco anche a quello che dice Franz, circa il "come": non è solo il come, ma anche il che cosa. Difficile sostenere che la Chiesa abbia svolto un ruolo liberatorio e libertario, in materia di diritti civili, e che questi siano mai stati un dato distintivo dei cattolici impegnati in politica.
Tuttavia, là dove certi movimenti hanno avuto una posizione e hanno svolto un'opera meritoria in questo senso, proprio come dicevo nel mio primo post, sono stati definiti dalle controparti sociali e culturali "preti comunisti", o più borghesemente "gente di sinistra". E in realtà con la sinistra si sono ritrovati, e con gente di sinistra hanno svolto le proprie azioni - e con chi altro, se no?
Tutta questa lunga storia - certamente più complessa e sfaccettata di quanto io abbia detto in questo riassuntino - trova una limpida e semplificata rappresnetazione nella politica americana: tutti quelli che non stanno dalla parte che di tempo in tempo è stata rappresentata da Reagan, da Bush o dalla Palin, ovvero quelli che si oppongono apertamente alla pena di morte o all'uso indiscriminato delle armi, ovvero quelli che hanno lottato contro la discriminazione razziale, le femministe, e perfino il New Deal, sono definiti "comunisti", o in sedi più raffinate "in odore di socialismo", sebbene la definzione "ufficiale" sia - significativamente - quella di "liberal", come in effetti sono per la gran parte.
Per inciso: se qualcuno, a questo punto, pensa che queste riflessioni, questi discorsi non abbiano un senso attuale, si sbaglia. E di molto. Gran parte delle difficoltà del PD nel diventare un partito quale vorrebbe essere, nascono proprio da questi nodi irrisolti, da questi equivoci mai chiariti.