Il sindaco di Torino e la candidatura alla leadership del Pd"Tre questioni decisive: precariato, laicità, bipolarismo"
"Sette giorni per convincermi
ma se corro è per vincere"di MARCO TRABUCCO
ROMA - "Lo decido entro la fine della settimana". Sergio Chiamparino fissa a se stesso il termine entro cui si saprà se a correre per guidare il Pd ci sarà anche lui oppure no.
La domanda che tutti si fanno è: cosa aspetta per decidere?"Prima voglio capire quali sono le proposte politiche con cui si presentano Bersani e Franceschini".
Sabato al Lingotto lei ha detto che a frenarla rispetto alla candidatura è la volontà di rispettare fino in fondo il mandato di sindaco. Ha già cambiato idea?"È un impegno che mi sono preso, ma che può essere rimesso in gioco se capissi che le due mozioni in campo non coprono che una parte degli stati d'animo della base del partito. Per altro non c'è incompatibilità formale tra i ruoli di sindaco e di segretario".
E poi, se si perde la battaglia a Roma, si può sempre tornare a Palazzo Civico a Torino. È così?"Se deciderò per il sì, la mia non sarà una candidatura tattica. Non accetterò di essere usato come arma per schermaglie tra correnti, di fare il terzo o il quarto che poi tratta con i favoriti se nessuno raggiunge il cinquanta per cento".
Quindi gioca per vincere?"Non voglio essere presuntuoso, ma ho ricevuto tali e tante pressioni che non può essere che così".
Con quali proposte Bersani e Franceschini possono convincerla a non scendere in campo?"Le ho già riassunte nel mio intervento all'assemblea del Lingotto".
È il caso di ricordarle."Il primo punto è come si affronta la crisi della sinistra che riguarda tutta l'Europa. Con lo stato sociale messo in crisi dai deficit del bilancio statale l'unica strada per salvarlo è togliere qualcosa ai garantiti per dare a chi garanzie non ne ha. Brunetta in questo ci sta anticipando, sta facendo qualcosa di sinistra anche se spesso solo con annunci e spot".
E poi?"C'è la questione laicità: per me sui grandi problemi etici alla fine deve decidere l'individuo. La religione accompagna i credenti, lo Stato deve accompagnare tutti, mettere a disposizione i servizi. Ma se bisogna staccare o no la spina lo decide l'individuo o chi gli sta vicino".
Questione alleanze: Pd più Udc, partito a vocazione maggioritaria, ritorno all'Unione. Cosa sceglie?"È il terzo punto: io credo in un partito che mette insieme le diverse culture e poi si allea con altri in un sistema bipolare, alternativo alla destra. Se qualcuno preferisce un ritorno al vecchio centro-sinistra, quello con il trattino, e per questo auspica la rinascita di una grande forza di centro, lo dica con chiarezza".
Per diventare segretario bisogna avere con sé anche un bel pacchetto di tessere. Si sta attrezzando?"È una questione che finora mi è stata del tutto estranea. Comunque mi sono informato: mi dicono che ad oggi i tesserati del Pd sfiorano il mezzo milione".
Qualcuno sostiene che la maggior parte sono nel Sud. Le risulta?"Sì, mi hanno detto che in alcune regioni del Meridione c'è un numero di iscritti particolarmente alto, è un problema che va affrontato".
Lo dice come potenziale leader del Pd del Nord?"È un altro punto su cui voglio capire bene cosa diranno Franceschini e Bersani: credo nella necessità di una effettiva autonomia statutaria, amministrativa e nella scelta delle candidature delle federazioni regionali. Quest'autonomia finora non c'è stata. Per me è un elemento decisivo".
L'altra sera lei ha incontrato Fassino, al quale è legato da una lunga amicizia non solo politica. Le ha dato il suo appoggio?"Mi ha confermato che sosterrà Franceschini".
Non le fa paura il rischio di diventare solo il capocorrente di quei giovani del Pd che sabato le hanno più volte chiesto di candidarsi?"Non farò mai il capocorrente. L'assemblea di sabato al Lingotto, poi, non mi è sembrata davvero l'atto fondativo di una corrente: ha espresso emozioni, stati d'animo, più che proposte. Se quegli stati d'animo non avranno risposta e si allargheranno ad altre parti del Pd, allora vedrò. Se invece le proposte dei due candidati che sono già in campo saranno tali da soddisfare queste esigenze, allora perché mai dovrei aggiungermi io?".
(29 giugno 2009)
http://www.repubblica.itVedera anche l'articolo sul corriere della sera
http://www.corriere.it/politica/09_giug ... aabc.shtmlChiamparino, se è il terzo uomo
è il momento di rompere gli indugiInvito all'outsider: piace ai giovani e al Nord ha fermato il Pdl. Dica presto cosa farà
Sergio Chiamparino sia gentile: liberi in fretta tutti noi, e prima di noi, gli iscritti e gli elettori del Pd, da questa caccia al «terzo uomo» che da qualche tempo ci affligge. Se intende candidarsi, lo faccia. Se no, lasci stare.
È lei, infatti, che deve stabilire adesso, non tra qualche settimana, se pensa o no di avere i numeri oggi per capeggiare il più grande partito di opposizione, domani per sfidare Silvio Berlusconi, o chi per lui, per la guida del Paese. È lei che deve chiarire se pensa o no di avere un'idea dell'Italia e del Pd che possa restituire al suo partito una qualche consapevolezza di sé, e agli italiani (non solo a quelli di sinistra, o di centrosinistra) la speranza che un ricambio, un'alternativa, o più semplicemente, un'alternanza al governo rientrino nel novero delle cose possibili. Chi le vicende del Pd le guarda da fuori può solo consigliarle di non indugiare troppo.
Lei avrebbe preferito che congresso e primarie fossero rinviate a un momento migliore. Ma le cose sono andate diversamente. Di politica, e cioè di identità, di programmi, di alleanze, si discute poco e male. Di qua Dario Franceschini, che non vuole, dice, riconsegnare il Pd a quelli che c’erano prima di lui e alla loro eterna, inestinguibile inimicizia, di là Pierluigi Bersani, che non vuole, dice, continuare a perdere per via i ceti popolari e produttivi, e con tutto il rispetto per i tempi e gli uomini nuovi dichiara di sentirsi responsabile in primo luogo verso 150 di storia. I maligni, come sempre, esagerano: Franceschini non è un succedaneo di Veltroni, Bersani non è un replicante di D'Alema. Ma né Franceschini né Bersani, sin qui, hanno speso una parola significativa per spiegare cos'è (quale comune intuizione del mondo, quale idea dell’Italia) che nonostante tutto tiene insieme, secondo loro, il Pd; e che cosa bisognerebbe fare, e assieme a chi, per dargli credibilità come forza di governo. Non c’è bisogno di coltivare una visione mitologica dei giovani (che possono benissimo essere peggiori, politicamente e pure moralmente, degli anziani) per comprendere come e perché nessuno dei due riesca a parlare al cervello e al cuore dei giovani del Pd.
Lei, invece, a questi giovani piace. È un politico di lungo corso, ma ai loro occhi rappresenta il «nuovo». Non c’è, in assoluto, di che compiacersene: di nuovismo in nuovismo la sinistra italiana è riuscita quasi a scomparire senza rinnovarsi mai. Ma c’è da prenderne atto, e da ragionarci (rapidamente) un po' su. Pesa la diffusa malinconia di fronte all’idea che la contesa congressuale possa risolversi in una conta. Pesa il fatto che la sua Torino, e il suo Piemonte, sono l'unico Nord in cui la destra non è riuscita a sfondare. E pesano le sue battaglie, le sue prese di posizione, le sue intuizioni di questi anni, da sindaco di una grande città investita da una grande trasformazione ma anche da uomo di partito. Con tutti i limiti di un'esperienza, importante quanto si vuole, di governo locale, se c’è qualcuno che ha incarnato l’idea di che cosa potrebbe essere un moderno partito di governo di centrosinistra, questo qualcuno è stato soprattutto (anche se non soltanto) lei.
Sono carte importanti per molti elettori oltre che per i giovani in carriera del Pd. Se pensa che quella per salvare e rilanciare il Pd sia una buona battaglia, caro Chiamparino, le giochi, anche perché molto probabilmente un terzo tempo di questa partita non è né previsto né prevedibile: i torinesi se ne faranno una ragione. Può darsi che, impostando la sua campagna sulle idee prima che sulle tessere e sulle alleanze interne, lei avrebbe più successo nell’opinione pubblica che tra i delegati al congresso e nel cosiddetto popolo delle primarie. Ma, anche in questo caso, avrebbe reso un servigio importante al suo partito, stimolando e (eventualmente) costringendo gli altri contendenti a muoversi sul medesimo terreno, che è poi l’unico sul quale è possibile stabilire se il Pd un futuro lo ha o non lo ha. Lei, l’altro giorno, ha detto una cosa per nulla ovvia: «Questo partito non è più sul territorio non per cause organizzative, ma perché non ha più l’entusiasmo, la convinzione delle sue giuste ragioni». Provi a prospettarne con chiarezza qualcuna, e a metterla apertamente a confronto con quelle altrui. Vedrà che il suo partito gliene sarà riconoscente. E forse non solo il suo partito.
Paolo Franchi
29 giugno 2009
http://www.corriere.it
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)