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ho ascoltato il Prof. Martino

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda franz il 16/05/2009, 14:18

Stefano'62 ha scritto:Caso mai è il contrario,dato che mi pare lampante che in un mondo dove imperano i gruppi industriali e finanziari senza alcun tipo di regola prima o poi il grande mangia il piccolo secondo la legge della giungla,e alla fine si arriva ai monopoli o ai trust oligopolistici.

Non mi pare, vedendo le multe imposte a Microsoft, Intel (eda ltre cose del passato).
Si deve fare di piu' ma dobbiamo ancne capre che se uno è bravo, cresce e diventa gradualmente il primo.
Se pensi a 30 anni fa come erano messi IBM e Micrsosoft ....
Il fatto che esistano imperi dipende da come hanno fatto ad essere tali.
So possono usare metodi illegali ma anche legali. Lo escludi?

Franz
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda franz il 16/05/2009, 14:20

gabriele ha scritto:Stefano, leggi meglio il mio intervento. Stiamo dicendo la stessa cosa. Occorre un equilibrio fra politica ed economia senza che una soverchi l'altra.

È quello che vado ripetendo da anni e chi mi ha, in passato, seguito su gargonza@ lo sa.
Che poi condivida o meno è altro fatto ma sa che quello è il mio convincimento su questo tema.
Franz
Ultima modifica di franz il 16/05/2009, 17:27, modificato 1 volta in totale.
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda Stefano'62 il 16/05/2009, 15:04

Gabriele,
anche io avevo capito che la pensiamo più o meno allo stesso modo,e anche Franz fa delle valide osservazioni.
Il mio distinguo è a monte,è di concetto:se si riconosce che il centro di tutto è l'individuo e la sua tutela,se si vede il gruppo come somma di singoli estremamente importanti e degni,sarà possibile ottenere una crescita a misura di Uomo;
se invece ci si inchina ad uno sviluppo astratto e idealizzato,dove il gruppo è visto come un'entità superiore(proprio come nell'odiato comunismo che stabilisce i prezzi) e dei singoli chissenefrega,questi ultimi avranno una valenza limitata e allora avremo aziende che inquinano,che sottopagano i dipendenti e che rapiscono i bambini per venderli all'estero.
Perchè l'economia,proprio come la politica di oggi,non è al riparo dalle miserie umane,e a differenza della politica non ha l'obbligo di tutelarsene,a meno che qualcuno che sta sopra non glielo imponga.

Il primato della politica per me ha senso se si pensa che è lo strumento con cui gli individui creano il gruppo o le parti di esso;la politica è necessaria in una società di persone,senza di essa abbiamo tanti individui che vanno per la loro strada in modo disorganizzato.
La politica è cultura perchè aggrega le persone in base a ciò che sono intimamente.
Che poi oggi la politica faccia schifo per colpa di persone indegne,è una cosa drammatica cui porre rimedio.
E' chiaro che non è quello il mio concetto di politica quando dico che deve stare sopra a tutto....
Occorre aiutarla ad essere ciò che deve,piuttosto che lasciarla alla mercè di poteri che non hanno interesse a difendere i nostri interessi,perchè un'inefficienza della politica si traduce nell'impossibilità dei singoli di parlare e di contribuire a qualcosa cui hanno diritto.

In Italia la divisione dei poteri,pensata anche per evitare questo,è messa in dubbio da questi stessi poteri cui piacerebbe molto che il centro di gravità della società si spostasse dall'individuo con la sua dignità da difendere,ad una entità astratta da usare come scusa per ogni nefandezza in nome del "progresso".

E' questo che intendo quando insisto sul lavoro invece che sulla crescita,che piuttosto vedo come suo importantissimo obiettivo;non sul controllo diretto dell'economia.

Ciao
Stefano'62
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda gabriele il 16/05/2009, 15:26

Stefano, concordo in pieno la premessa ma devo fare qualche puntualizzazione su quanto affermi.

Proprio perché i singoli sono liberi, la società è composta da uomini liberi. In tal senso la politica in un sistema democratico dovrebbe essere vista come un mezzo per garantire i diritti fondamentali dell'uomo. E' parte di un sistema, non la Parte fondamentale e scaturisce come le altre parti dall'interazione fra gli individui liberi.

L'uomo fa gruppo e da ciò nasce la politica. Non il contrario.

La politica può essere il centro di ogni attività umana ma la storia ha insegnato che i sistemi che adottano questo modello sono fallimentari, perché la loro tendenza è quella di stratificarsi in gerarchie uniformi, lasciando poco spazio alla libertà di azione dei singoli. In tal modo il sistema si gessa e lo Stato, unico sostenitore del modello, non sa sopperire alle esigenze reali della società.
Per tale motivo i sistemi nei quali la politica è distinta dall'economia prosperano. I soggetti che possono garantire i bisogni sociali sono maggiori e, per la legge della competitività, sono più ricettivi. Puntando alla redditività invece che a astratti ideali, le aziende devono sottostare alle esigenze del consumatore e quindi al mercato. Meno soggetti sono presenti sul mercato, meno la società può svilupparsi e quindi più è povera.
Più la politica, attraverso le forme coercitive che gestisce, è presente nell'economia di un Paese, più la influenzerà come monopoli.
La stessa cosa succede se l'economia soverte la politica. Si creano gruppi di potere che controllano la politica e ne inficiano il suo ruolo moderatore a loro vantaggio.

Gabrive


Stefano'62 ha scritto:Gabriele,
anche io avevo capito che la pensiamo più o meno allo stesso modo,e anche Franz fa delle valide osservazioni.
Il mio distinguo è a monte,è di concetto:se si riconosce che il centro di tutto è l'individuo e la sua tutela,se si vede il gruppo come somma di singoli estremamente importanti e degni,sarà possibile ottenere una crescita a misura di Uomo;
se invece ci si inchina ad uno sviluppo astratto e idealizzato,dove il gruppo è visto come un'entità superiore(proprio come nell'odiato comunismo che stabilisce i prezzi) e dei singoli chissenefrega,questi ultimi avranno una valenza limitata e allora avremo aziende che inquinano,che sottopagano i dipendenti e che rapiscono i bambini per venderli all'estero.
Perchè l'economia,proprio come la politica di oggi,non è al riparo dalle miserie umane,e a differenza della politica non ha l'obbligo di tutelarsene,a meno che qualcuno che sta sopra non glielo imponga.

Il primato della politica per me ha senso se si pensa che è lo strumento con cui gli individui creano il gruppo o le parti di esso;la politica è necessaria in una società di persone,senza di essa abbiamo tanti individui che vanno per la loro strada in modo disorganizzato.
La politica è cultura perchè aggrega le persone in base a ciò che sono intimamente.
Che poi oggi la politica faccia schifo per colpa di persone indegne,è una cosa drammatica cui porre rimedio.
E' chiaro che non è quello il mio concetto di politica quando dico che deve stare sopra a tutto....
Occorre aiutarla ad essere ciò che deve,piuttosto che lasciarla alla mercè di poteri che non hanno interesse a difendere i nostri interessi,perchè un'inefficienza della politica si traduce nell'impossibilità dei singoli di parlare e di contribuire a qualcosa cui hanno diritto.

In Italia la divisione dei poteri,pensata anche per evitare questo,è messa in dubbio da questi stessi poteri cui piacerebbe molto che il centro di gravità della società si spostasse dall'individuo con la sua dignità da difendere,ad una entità astratta da usare come scusa per ogni nefandezza in nome del "progresso".

E' questo che intendo quando insisto sul lavoro invece che sulla crescita,che piuttosto vedo come suo importantissimo obiettivo;non sul controllo diretto dell'economia.

Ciao
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda pierodm il 16/05/2009, 15:48

Franz in testa, ma anche gli altri in qualche modo, continuano a eludere il tema che a me sembra centrale, e da questa elusione nasce la confusione non sanabile che distingue questa discussione: voler ad ogni costo stabilire un raffronto, una competizione, tra due fenomeni che hanno una natura - da cui un ruolo - intrinsecamente diverso e dunque non raffrontabile nel modo "strutturale" in cui si tenta di farlo.

Personalmente, per esempio, non ho alcuna sepciale propensione verso una "supremazia della politica", ma non posso non vedere che la questione non è una preferenza soggettiva, o una "scelta" ideologica.
L'alternativa proposta da Cacciari, che gentilemnte ci viene trasmessa da Franz, non è una vera alternativa: la prima discende, o meglio è un caso particolare della seconda, senza che in questa seconda cosiddetta "platonica" (con quel gusto della simmetria che tante volte ho indicato come portatrice di grandi disguidi intellettuali) si configuri una supremazia o una volontà "egemonica".
Noi possiamo, al limite, decidere di definire la politica come un aggregato di delinquenti, o una gigantesca truffa a danno del popolo, o il peggio del peggio della stupidità umana.
Nessuna di queste definizioni, giusta o sbagliata, vera o falsa che sia, cambia la natura e il ruolo della politica, che ho descritto in qualche modo in un mio post precedente: in estrema sintesi, il modo in cui una società umana formula la coscienza di sé e l'organizzazione che decide di darsi.
L'economia o qualunque altra attività, valore o fenomeno sociale sono una materializzazione, un caso concreto, un aspetto di questa coscienza e di questa organizzazione.
In altri termini, se dal concetto e dalla pratica della politica togliamo alcuni o tutti questi fenomeni e valori, mettendoli in categorie separate, la politica non esiste più, o meglio ne rimane solo una sorta di antefatto sospeso nel nulla, ossia la generica esigenza "culturale" della società di darsi un'organizzazione, uno scopo, una vita concreta, oltre ad un'ancestrale "coscienza antropologica".

Come - anche questo - ho già proposto all'attenzione, a me sembra che l'operazione di toglier via dalla politica fenomeni e valori, per metterli in categoria separate, nasconda la voglia di sottrarre queste categorie, queste attività, ai vincoli dell'etica, ossia agli obblighi di una loro coscienza e funzione sociale, per vincolarli esclusivamente ad un criterio di efficienza "tecnica" autoreferenziale.

In questo quadro, la discussione di come o quanto la legislazione debba entrare nel merito delle attività settoriali, e di quali attività, quali aspetti - le ricadute ecologiche o i prezzi, i diritti dei lavoratori o la collocazione territoriale delle fabbriche, etc - ha un senso solo se distinguiamo tra "governo" e "politica", attribuendo - stavolta sì - al concetto di "governo" la definizione "aristotelica", ossia vedendo nel "governo" una funzione pratica di realizzazione della politica, sullo stesso piano dell'economia e delle altre attività sociali.

Che questa sia la falsariga corretta è provato, in modo molto evidente e semplice, dal fatto che qualunque grande imprenditore - ma anche il piccolo, se e quando ha voce in capitolo - nel momento in cui illustra le proprie strategie, anche quando sembra limitarsi a temi puramente "economici", allo stesso tempo in realtà dà ampio spazio ad una visione totalmente politica e "filosofica" della società, e direi della stessa esistenza umana, dei valori individuali, dei rapporti tra le persone, e dei rapporti tra società e ambiente naturale, in forma in parte esplicita in parte implicita.
Anche qui, in questo caso, non si tratta né di un diritto, né di un dovere, né di una "scelta",, ma di un fatto inevitabile, che discende direttamente e pianamente dalla definizione che ho dato della "politica" e del suo rapporto originario con la società.
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda franz il 16/05/2009, 16:23

gabriele ha scritto:Stefano, concordo in pieno la premessa ma devo fare qualche puntualizzazione su quanto affermi.

Proprio perché i singoli sono liberi, la società è composta da uomini liberi. In tal senso la politica in un sistema democratico dovrebbe essere vista come un mezzo per garantire i diritti fondamentali dell'uomo. E' parte di un sistema, non la Parte fondamentale e scaturisce come le altre parti dall'interazione fra gli individui liberi.

Concordo con l'impostazione di Gabriele, con la precisazione (anche io devo puntualizzare) che l'uomo non è del tutto libero (tende ad esserlo, a volerlo essere ed è giusto che lo faccia) ma è condizionato da mille fattori, conosciuti e non.
Gli uomini sono condizionati da pulsioni, desideri, bisogni, interessi. Virtuosi e non.
E sono condizionati dalle pulsioni, desideri, bisogni, interessi degli altri.
Questo coinvolge singoli e gruppi.

Giusto quindi regolare alcune cose, compresa la politica stessa.
Giusto quindi controllare, compreso i controllori.
Per quanto riguarda l'economia poi c'è un limite.
Un motore o un carburatore puo' essere regolato male, nel serbatoio ci va la benzina, non lo zucchero.
Siamo quindi condizionati da regole di funzionamento che se infrante, ci lasciano a piedi.
Gli economisti cercano di capire queste regole ed ovviamente come in tutto ci sono scuole diverse.
Non è pero' il caso di far fare esperimenti ad apprendisti stregoni.

Qualcuno ricorda il disastro dell'agricoltura sovietica ad opera di Lysenko?
Quello è un caso estremo di supremazia della politica su una parte basilare e vitale dell'economia: la produzione agricola.
Non sapremo forse mai quanti milioni di morti a causa delle idee di Lysenko.

Da noi spesso faccio l'esempio dell'equo canone. Un esperimentiazione fallimentare del prezzo dell'affitto non sulla base del valore del mercato ma sulla base di un calcolo oggettivo. Sappiamo come è andata.
Male per tutti, proprietari ed inquilini.

Ciao,
Franz

PS: aggiungo che l'uomo, nel suo desiderio di libertà, è condizionato da una incapacità di fare (non siamo perfetti) e da una incompleta conoscenza (non sappiamo tutto). Inoltre siamo condizionati da pregiudizi ed illusioni.
Ultima modifica di franz il 16/05/2009, 17:27, modificato 1 volta in totale.
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda franz il 16/05/2009, 17:13

pierodm ha scritto:Franz in testa, ma anche gli altri in qualche modo, continuano a eludere il tema che a me sembra centrale, e da questa elusione nasce la confusione non sanabile che distingue questa discussione: voler ad ogni costo stabilire un raffronto, una competizione, tra due fenomeni che hanno una natura - da cui un ruolo - intrinsecamente diverso e dunque non raffrontabile nel modo "strutturale" in cui si tenta di farlo.

Non so gli altri ma io non penso affatto a competizioni. I due fenomeni hanno si' nature e ruoli diversi ma sono autonomi e non in competizione. Cio' non esclude che a causa di nature ideologiche qualcuno non ci tenti.
pierodm ha scritto:Nessuna di queste definizioni, giusta o sbagliata, vera o falsa che sia, cambia la natura e il ruolo della politica, che ho descritto in qualche modo in un mio post precedente: in estrema sintesi, il modo in cui una società umana formula la coscienza di sé e l'organizzazione che decide di darsi.

Non sono sicuro di aver capito. Stai dicendo che qualunque siano le opinioni sul pianeta sul ruolo o la natura della politica, la verità è quella che tu hai stabilito essere? E che ho sottolineato?
pierodm ha scritto:L'economia o qualunque altra attività, valore o fenomeno sociale sono una materializzazione, un caso concreto, un aspetto di questa coscienza e di questa organizzazione.

Mah, se pensiamo alla economia industriale, forse hai ragione, ... infatti possiamo parlare di politica nella conduzione d'impresa (il management è una conduzione di processi consapevolmente decisi ed organizzati secondo un fine). Ma non vale per il mercato, che ha un lato imprevisto ed anarchico, che spesso sorprende qualsiasi manager, anche chi ha investito miliardi in prodotti che poi il mercato boccia e trasforma in flop. Di fatto l'unico approccio al mercato è provare, con gli ausili della pubblicità (che pero' anche gli altri competitori hanno). Non tutte le ciambelle pero' vengono col buco e chi ha fatto la Duna lo sa. In ogni caso per la politica abbiamo centinaia di nazioni e decine di migliaia di sub-giurisdizioni. Per l'economia invece gli attori in campo sono miliardi di consumatori e milioni di aziende. Non esiste una politica unitaria. Esiste caso mai una pulsione simile per venditori, costrutturi, distributori, consumatori con un certo equlibrio basato sulla domanda e sull'offerta (il tutto eventualmente drogato da maggiori o minori interventi statali, a volte minimi, quasi mai nulli)

Non vedo alcuna politca e gestione politica o mangeriale possibile del mercato, anche se tutti tentano di influenzarlo.
Il fatto è che proprio perché sono in tanti, sul lato della domanda e dell'offerta, ad influenzarlo e dato che ci sono aspetti psicologici ancora poco chiari, una gestione ed organizzazione del mercato basata slla coscienza di sé è impossibile.
Chi è capace di farlo guadagna miliardi al secondo.

Ciao,
Franz
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda Stefano'62 il 16/05/2009, 19:53

A me sembra che si continui a non capire che politica,nell'accezione che ho usato nei miei post,non è apparato bensì concetto.
Che una cosa è difendere gli apparati partitici e un'altra ribadire il diritto della gente di avere canali validi di rappresentanza e di controllo che la libertà dei forti non distrugga quella dei deboli.
Che una cosa è dire che l'economia deve produrre questo e non quello e a quel prezzo invece dell'altro,e cosa diversa è controllare i consigli di amministrazione e la qualità degli alimenti senza lasciare la parola sempre e solo ad un mercato cieco ed ignorante.
E cercherò di essere ancora più esplicito:primato della politica non è il primato del partito,è il primato dei cittadini.
Del singolo cittadino e del suo contributo alla società,il lavoro.

Ciao
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda franz il 16/05/2009, 20:26

Stefano'62 ha scritto:A me sembra che si continui a non capire che politica,nell'accezione che ho usato nei miei post,non è apparato bensì concetto.

Siamo concreti, per favore. Allora anche l'economia è un concetto. Tutto lo è.
E che un concetto che governi un altro importa poco.
Importa nei fatti, che non sono concettuali ma concreti.
E quando si passa al concreto scopriamo tutti i problemi che abbiamo discusso.
E magari anche altri

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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda pinopic1 il 16/05/2009, 21:29

Se parliamo di concetti, il concetto di economia è già incluso (mi sembra) in quello di politica. Invece mi pare che parlassimo proprio del modo di far politica, del potere politico, e del modo di agire da parte degli operatori economici e dei poteri economici.
Il fine della politica dovrebbe coincidere con quello dell'economia o i due dovrebbero essere inscindibili. Di fatto ciò non avviene o per il prevalere del potere politico che condiziona eccessivamente l'economia per fini di parte o per convenienze contingenti, o per il prevalere dei poteri economici che condizionano la politica per fini che non sempre coincidono con l'interesse generale.

Etimologia di economia
oikos - e nomos - (norma, legge) = regole per la buona amministrazione della (dei beni della) casa (naturalmente secondo la legge del minimo mezzo = ottenere il massimo utile con il minimo dispendio di risorse).
"Un governo così grande da darti tutto quello che vuoi è anche abbastanza grande da toglierti tutto quello che hai" (Chiunque l'abbia detto per primo)
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