Franz
Se si trattasse di una questione di fiducia e credibilità tra interlocutori, dopo aver letto le prime righe del tuo post dovrei piantarla lì e non continuare nemmeno a leggere il resto.
Poiché, però, l'argomento merita rispetto, ti prendo sul serio e cerca di rispondere, resistendo a diverse e contrastanti tentazioni.
Uno - Secondo me stai dicendo che quello che prima non aveva senso in una carta costituzionale (anzi: boiata) ora un senso lo ha. Prima dicevi che citare lo sviluppo sarebbe stata una boiata perché non avrebbe avuto senso.
La citazione della Carta americana è una seconda boiata, che non serve a sanare la prima, ma la aggrava: questo era il senso del mio commento.
Nel preambolo, infatti, non si parla di sviluppo, né tanto meno di "crescita", ma di benessere: non sono la stessa cosa, né come significato stretto dei termini, né come senso lato.
Oltre tutto, l'impostazione stessa del preambolo è assai diverso da quella che ha un "articolo" vero e proprio, e ciò cambia il significato dei termini - quali essi siano - in esso contenuti.
Insomma, la tua citazione è fuori luogo e insignificante da qualunque punto di vista.
Il fatto che tu tenti, goffamente e assurdamente, di ribaltare contro di me questa insignificanza, falsificando il senso di ciò che ho detto, è una patetica slealtà, che ha il solo scopo non solo di avere sempre e disperatamente ragione (cosa in fondo comprensibile ...) ma anche di far passare i tuoi interlocutori per cretini, confusi e colpevoli di elementari contraddizioni: cosa questa poco lecita e poco sopportabile.
Perciò, vedi se ti riesce di farla finita con questo genere di giochetti.
Due - Non condivido il fatto che possa andare bene il benessere e non lo sviluppo
A rigore, non è che il "benessere" andasse un granché bene: era ammissibile, dati anche i tempi, ma non esattamente un vero e proprio "modello" di concetto costituzionale di uno stato moderno e complesso.
La sua congruità, sia pure relativa e discutibile, risiede nel fatto che il benessere è un valore - o una circostanza, un fenomeno - in stretta relazione con la realtà individuale, con la vita delle persone e lo stato esistenziale dei cittadini.
Stabilire i fondamenti di una "repubblica" significa stabilirne principi politici ed etici, cioè legati innanzi tutto alla realtà umana di una nazione e di uno stato.
Una costituzione, insomma, non è lo statuto di una s.r.l. o di una s.p.a..
Tre - La serie di passaggi e di proprietà transitive che ti portano dallo sviluppo al lavoro, volendo ricomprendere questo in quello etc, è qualcosa di meno (cioè di peggio) di un sofisma: è assurdo.
Con questo tuo criterio, nello "sviluppo" potremmo comprendere la costruzione di strade asfaltate, o la densità di autoveicoli nei centri urbani, o la macellazione dei bovini ossia la consumazione di proteine animali, insomma di qualunque cosa connessa nel bene o nel male con la produzione industriale di tipo consumistico, senza minimamente contemplare i limiti o le regole giuridiche o etiche entro le quali tutto questo enorme insieme di attività si svolgono.
Vale a dire un principio costituzionale che non è un principio, tanto meno un principio con valore regolativo. Una boiata.
Una boiata, d'altra parte, questo sì, perfettamente coerente con la tua svalutazione del "lavoro", ridotto ad elemento qualunque del processo di "crescita", intesa come crescita continua dei "numeri" della produzione.
Quindi, il senso di un'articolo come quello da te proposto sarebbe di certificare questa gerarchia di valori, ossia la subordinazione dei valori umani dell'attività economica rispetto a quelli capitalistici o produttivistici: definire tutto ciò estremismo ideologico liberista e capitalista è un eufemismo. Credo che nemmeno una destra liberal-democratica moderna arriverebbe a tanto, almeno a livello costituzionale.
Quattro - E' vero, questo ramo del discorso è una divagazione.
Ma anche nelle divagazioni non esiste la licenza di boiata.
Inoltre mi sembra una divagazione forse più importante del discorso principale, o meglio, capace di illuminare il senso dei concetti espressi nel discorso principale.