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ho ascoltato il Prof. Martino

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda pierodm il 15/05/2009, 10:31

Franz
Se si trattasse di una questione di fiducia e credibilità tra interlocutori, dopo aver letto le prime righe del tuo post dovrei piantarla lì e non continuare nemmeno a leggere il resto.
Poiché, però, l'argomento merita rispetto, ti prendo sul serio e cerca di rispondere, resistendo a diverse e contrastanti tentazioni.

Uno - Secondo me stai dicendo che quello che prima non aveva senso in una carta costituzionale (anzi: boiata) ora un senso lo ha. Prima dicevi che citare lo sviluppo sarebbe stata una boiata perché non avrebbe avuto senso.

La citazione della Carta americana è una seconda boiata, che non serve a sanare la prima, ma la aggrava: questo era il senso del mio commento.
Nel preambolo, infatti, non si parla di sviluppo, né tanto meno di "crescita", ma di benessere: non sono la stessa cosa, né come significato stretto dei termini, né come senso lato.
Oltre tutto, l'impostazione stessa del preambolo è assai diverso da quella che ha un "articolo" vero e proprio, e ciò cambia il significato dei termini - quali essi siano - in esso contenuti.
Insomma, la tua citazione è fuori luogo e insignificante da qualunque punto di vista.
Il fatto che tu tenti, goffamente e assurdamente, di ribaltare contro di me questa insignificanza, falsificando il senso di ciò che ho detto, è una patetica slealtà, che ha il solo scopo non solo di avere sempre e disperatamente ragione (cosa in fondo comprensibile ...) ma anche di far passare i tuoi interlocutori per cretini, confusi e colpevoli di elementari contraddizioni: cosa questa poco lecita e poco sopportabile.
Perciò, vedi se ti riesce di farla finita con questo genere di giochetti.

Due - Non condivido il fatto che possa andare bene il benessere e non lo sviluppo

A rigore, non è che il "benessere" andasse un granché bene: era ammissibile, dati anche i tempi, ma non esattamente un vero e proprio "modello" di concetto costituzionale di uno stato moderno e complesso.
La sua congruità, sia pure relativa e discutibile, risiede nel fatto che il benessere è un valore - o una circostanza, un fenomeno - in stretta relazione con la realtà individuale, con la vita delle persone e lo stato esistenziale dei cittadini.
Stabilire i fondamenti di una "repubblica" significa stabilirne principi politici ed etici, cioè legati innanzi tutto alla realtà umana di una nazione e di uno stato.
Una costituzione, insomma, non è lo statuto di una s.r.l. o di una s.p.a..

Tre - La serie di passaggi e di proprietà transitive che ti portano dallo sviluppo al lavoro, volendo ricomprendere questo in quello etc, è qualcosa di meno (cioè di peggio) di un sofisma: è assurdo.
Con questo tuo criterio, nello "sviluppo" potremmo comprendere la costruzione di strade asfaltate, o la densità di autoveicoli nei centri urbani, o la macellazione dei bovini ossia la consumazione di proteine animali, insomma di qualunque cosa connessa nel bene o nel male con la produzione industriale di tipo consumistico, senza minimamente contemplare i limiti o le regole giuridiche o etiche entro le quali tutto questo enorme insieme di attività si svolgono.
Vale a dire un principio costituzionale che non è un principio, tanto meno un principio con valore regolativo. Una boiata.
Una boiata, d'altra parte, questo sì, perfettamente coerente con la tua svalutazione del "lavoro", ridotto ad elemento qualunque del processo di "crescita", intesa come crescita continua dei "numeri" della produzione.
Quindi, il senso di un'articolo come quello da te proposto sarebbe di certificare questa gerarchia di valori, ossia la subordinazione dei valori umani dell'attività economica rispetto a quelli capitalistici o produttivistici: definire tutto ciò estremismo ideologico liberista e capitalista è un eufemismo. Credo che nemmeno una destra liberal-democratica moderna arriverebbe a tanto, almeno a livello costituzionale.

Quattro - E' vero, questo ramo del discorso è una divagazione.
Ma anche nelle divagazioni non esiste la licenza di boiata.
Inoltre mi sembra una divagazione forse più importante del discorso principale, o meglio, capace di illuminare il senso dei concetti espressi nel discorso principale.
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda Iafran il 15/05/2009, 10:35

Franz,
dici bene che la discussione è andata oltre, ma tu … hai fatto la tua parte.
Vorrei puntualizzare qualcosa del tuo precedente intervento.
Il Preambolo è senz’altro datato (la volontà di aggregazione, lo spirito di fratellanza, i valori democratici, …), ma, tuttora, può essere accettato bene per quello che esprime (da andarne sempre molto orgogliosi, soddisfatti forse meno, dipenderà dal momento e dagli individui).
Certamente l’intera Costituzione è stata rivista tante volte e anche quella italiana non può rimanere fissa con il passare del tempo (ovviamente). Non se lo sarebbero augurato gli stessi Padri Costituenti.

Ma, oggi, con questo modo di fare politica del Governo (velinocrazia inclusa, o la tendenza di equiparare i repubblichini ai partigiani) può essere una decisione da prendere a cuor leggero?

In democrazia, comunque, ci si conta (“one man, one vote”), ma bisogna stare attenti a chi conta.
Al momento attuale l’arbitro (e il contabile) non è quello che Deaglio e noi stessi riteniamo capace di portare l’acqua solo al proprio mulino stravolgendo la realtà col ricorso ad atti riprovevoli (falsificazione di risultati o “compravendita” di parlamentari) senza battere ciglio?

E noi, dobbiamo essere condiscendenti a questo delirio di onnipotenza e di inaudita superficialità?

A me non va giù, e pur di essere considerato un conservatore dirò di no a qualsiasi proposta che venga da questo “rampantismo che deve vincere a tutti i costi” oggi dilagante in Italia.

.
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda Stefano'62 il 15/05/2009, 12:39

Franz,
Io ci ho provato a spiegarlo che il lavoro di cui parla la Costituzione non è il posto in banca o in fabbrica o in Parlamento;ma alle volte sembra quasi che si preferisca girare la faccia dall'altra parte per non vedere ciò che gli si sta mostrando,un pò come il popolo nella visione di Bertold Brecht che come gli elefanti gira le orecchie dalla parte che gli fa più comodo.

Secondo me è ora di uscire dalla visione di impresa fine a se stessa e da questa tiritera sullo sviluppo e sul benessere,o come minimo è ora di specificare cosa si intende per benessere,e fino a dove spingere lo sviluppo prima di sentirsi soddisfatti.
Il benessere del gruppo,dei singoli,quello mio,quello tuo,del pianeta,o cosa ?
Come lo misuriamo,con le mele le pere le tv i rolex o i pensieri che mi frullano in testa o i sorrisi che mi fanno in una giornata ?
Lo sviluppo infinito è impossibile perchè viviamo in un mondo materiale,dunque finito,prima o poi si esauriscono le risorse e non è assolutamente dimostrato che se ne troveranno delle altre,e prima o poi la crescita demografica farà scoppiare il pianeta;oltretutto non è vero che sia sintomo di sviluppo dato che si verifica anche nei paesi più arretrati.
E' molto meglio ragionare su come fare a raggiungere un punto di equilibrio ottimale,di cui si ammette l'esistenza perfino nelle teorie economiche più 'estremiste'.
(non credo alla sua esistenza posta in quei termini,ma mi piace che si ragioni in quel senso).

Se si ammette che la centralità deve stare nell'individuo e quindi nel suo contributo sarà possibile gestire realisticamente uno sviluppo intelligente ed adeguato sotto agni aspetto,anche ecologico;questa finalizzazione lo renderà possibile.
Se invece ci si ostina a dare centralità a qualcosa che sta sopra agli individui in modo astratto (rappresentato in questo caso da un indefinibile concetto di sviluppo o crescita) pretendendo magari di sacrificarne una parte sull'altare di un indefinito benessere generale,beh certamente il monte dei redditi crescerà e noi potremo fare una bella divisione aritmetica per il numero dei cittadini e vantarci perchè è aumentato il reddito medio....ma la realtà sarà molto diversa,le foreste magari non saranno sparite,gli animali non saranno disegnati nei libri di storia e qualcuno non dubiterà che esistessero,i nostri figli non avranno le antenne oppure la pelle come gli zombie e non mangeranno merda;ma ci andremo molto vicino.

Mi stupisce che non lo capisca chi ha abbandonato il comunismo proprio per il suo dare il primato ad un'astratta entità centralizzata che soffocava gli individui stessi di cui invece si dichiarava paladina.
O magari sono io che non ho capito bene cosa intendi,perchè sarei d'accordo sulla necessità di sviluppo,progresso e benessere;ma messa come la metti tu secondo me serve solo ad aprire la porta ai lupi mannari.

Ciao
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda franz il 15/05/2009, 13:28

Iafran ha scritto:Ma, oggi, con questo modo di fare politica del Governo (velinocrazia inclusa, o la tendenza di equiparare i repubblichini ai partigiani) può essere una decisione da prendere a cuor leggero?

Cosa c'entra?
Il fatto che contemporaneamente ci siano tendenze riformative di stampo opposto, anche reazionario, ci impedisce di discutere in in form quello che va discusso e di criticare quello che ci sembra individualmente giusto criticare?[/quote]
A me non pare che sia il caso di imbavagliarci da soli.

Franz
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda pianogrande il 15/05/2009, 13:30

franz ha scritto:
...................
Lo sviluppo deve essere al centro di ogni politica economica.
Io sospetto che invece la politica italiana abbia frenato lo sviluppo per eccesso di prelievo fiscale, di oneri contributivi e di debito pubblico. Un buon caso, per congiungerci ad un altro tema, di politica che danneggia l'economia invece di sostenerla e permetterne lo sviluppo.

Ciao,
Franz


Anche quì rovescerei completamente il concetto.
L'Italia ha avuto una classe politica completamente asservita al potere economico.
Tutto questo ha portato ad una classe imprenditoriale di veri e propri "mantenuti".
La pubblica amministrazione era la vacca da mungere ed è stata munta a dovere.
Quanto all'eccessivo prelievo fiscale, dipende dai punti di vista.
Per i lavoratori dipendenti (e assimilati) ok; ma il sommerso del nostro paese grida vendetta (uno degli aspetti dei danni causati dall'asservimento del potere politico a quello economico).
Altra vacca da mungere sono stati i nostri stipendi ed i nostri risparmi a fronte delle continue svalutazioni della lira (come sopra).
Adesso perché un acerta categoria di persone vede l'Europa e l'Euro come il fumo negli occhi?
Basta svalutazioni, basta aiuti di stato, qualche regoletta in più etc.
Franz, la politica deve essere al disopra dell'economia.
Il governo deve governare tutto (e bene, naturalmente, ma quello vale per tutti).
Fotti il sistema. Studia.
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda franz il 15/05/2009, 13:48

pianogrande ha scritto:Anche quì rovescerei completamente il concetto.
L'Italia ha avuto una classe politica completamente asservita al potere economico.
Tutto questo ha portato ad una classe imprenditoriale di veri e propri "mantenuti".

Le due cose sono secondo me contraddittorie e non legate da causa effetto. Anzi.
Probabilmente è vero che una sistema economico debole ha usato gli appoggi politici come stampella e che un sistema politico debole ha usato a sua volta il sistema economico come stampella, dragando risorse come dicevo prima ma anche con la corruzione. Due zoppi che si sono sostenuti a vicenda. Vittima lo sviluppo, il lavoro, il capitale, la ricerca ed il know-how. Anche il benessere, che è solo per pochi.
pianogrande ha scritto:Franz, la politica deve essere al disopra dell'economia.
Il governo deve governare tutto (e bene, naturalmente, ma quello vale per tutti).

"La politica deve goverare tutto" si chiama comunismo.
Buon per te se ci credi (è una tua legittima aspirazione) ma il sistema è già stato dichiarato fallimentare per cui sarebbe un segno di intelligenza non ripetere gli errori catastrofici fatti da altri nel secolo scorso.
La politica (il governo) deve governare alcune cose, non "tutto".
E' da quando si è deciso di ghigliottinare i Re (che governavano tutto) che si è capito il valore delle divisione dei poteri e di non dare mai tutto il potere ad un solo monarca".
La politica deve governare i prezzi? I redditi? Dove lo ha fatto è stato un disastro.
Ergo il governo non deve governare tutto ma solo alcune cose nel suo ambito di controllo.
Altre cose sono governate da altri. Per esempio la magistratura è indipendente, la banca nazionale idem, il mercato idem.
Il mercato va regolato, non governato.

Il concetto che il governo (la politica) governa l'economia (è al di sopra) è comunismo.
Se poi gli elettori decidono cosi' è perfettamente legittimo ma in quel casi sarà altrettanto legittimo chiedere asilo politico ... in Cina, dove si sono resi conto dopo 50 anni di disastri e fame che le cose non stanno cosi'.
O anche in Russia (dove pero' ci hanno messo 70 anni).

Ciao,
Franz
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda pinopic1 il 15/05/2009, 14:06

Non credo che il concetto che la politica è "al di sopra" dell'economia sia comunismo. Può esserlo il concetto che la politica "governa" l'economia, ma dipende dal significato che si da al termine "governa".
Se Obama nazionalizza la Crysler e sceglie la tecnologia e il management, può essere comunismo. Ma questa stranezza intanto avviene dopo un lungo periodo nel quale probabilmente se non la Crysler in modo specifico, l'industria automobilistica nel suo insieme ha dettato la politica ai politici; ha contribuito insieme ai petrolieri, alla finanza e al resto del mondo economico a governare la politica. Poi l'intervento di Obama è rivolto a salvare l'occupazione e il reddito dei lavoratori, quindi sta facendo quello che deve fare la politica sia pure in modo improprio e in ritardo. In modo improprio e in ritardo come conseguenza del fatto che per molto tempo la politica non ha fatto abbastanza la politica.
Se la politica non si fa sottomettere e governa la società avendo al centro della sua attenzione l'uomo, il cittadino e i suoi bisogni, costruisce il quadro all'interno del quale l'economia agisce liberamente, con le sue regole e le sue logiche diciamo così tecniche; e all'interno di questo quadro ogni operatore economico può liberamente organizzare i fattori della produzione anche considerando il lavoro meno importante di altri, se necessario.
"Un governo così grande da darti tutto quello che vuoi è anche abbastanza grande da toglierti tutto quello che hai" (Chiunque l'abbia detto per primo)
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda pierodm il 15/05/2009, 14:40

La politica governa tutto, direttamente o indirettamente: anche quando si astiene dal governare questa o quell'altra cosa, dato che in un sistema regolato dal diritto (quindi dalle leggi) un settore che viene trascurato dalla regolamentazione equivale ad una regola che consente tutto e il contrario di tutto.

Ma non è nemmeno questo il punto, data l'ovvietà di quanto detto sopra.
Il punto, ossia l'errore, sta nell'identificazione - fatta così, di passaggio, senza dare troppo nell'occhio - tra politica e governo.
La politica non è "il governo".

Mi fermo qui, dato che non vorrei sovraccaricare Franz di troppo lavoro, visto che è in un abbondantissimo arretrato nel rispondere alle mie argomentazioni.
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda pianogrande il 15/05/2009, 14:40

Franz.
Pare proprio che ci dobbiamo mettere daccordo su che cosa significhi governare (meglio, come detto da Pierodm, fare politica).
Non è che il magistrato del Po decida quando deve piovere.
Fa in modo (detto semplicisticamente) che il Po non faccia danni e che anzi, sia utile alla collettività.
Sono costretto a ripetermi (visto che qui mi sembra si faccia a chi si stanca prima).
Se mettere regole all'economia perché non faccia danni, e quindi non rubi, non inquini, non imbrogli gli sprovveduti etc. etc. è comunismo, va bè, lo ammetto, sono comunista.
Dopo ci dobbiamo mettere daccordo su cosa significhi essere comunista e via fino a che quello meno allenato o che ha meno tempo, cede.
Il concetto che l'economia, nell'ambito di una collettività, sia una zona franca dove si possono commettere tutte le nefandezze di questo mondo ti trova daccordo?
Spero di no.
Chi vigila su questo?
Ma è "semplìce": i comunisti.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda Stefano'62 il 15/05/2009, 15:42

A me il fatto che dove la politica governa tutto sia comunismo non convince nemmeno un pò.
Tutto,ma proprio tutto,deve essere regolamentato (e quindi,per definizione,governato) da leggi che saranno più o meno direttive a seconda dell'ambito e del taglio ideologico della società:se è comunista avranno una definizione e uno spessore determinato da questo,se invece è altro saranno differenti.
E' solo lo spirito con cui le leggi governano questo e quello che determina se siamo in presenza di comunismo,socialismo,liberalismo etc.
Non il fatto che ci siano o meno delle leggi.
Se le leggi lasciassero indifeso un campo vorrebbe dire che la società considera quel campo non interessante e non nevralgico,nemmeno marginalmente,per le finalità per le quali la società stessa si è formata.
Le leggi sono fatte nel nome dello Stato,perciò del popolo,dalla politica,che non è altro che il sistema con cui una moltitudine di persone delega ai propri rappresentanti esattamente questo compito.

Quindi precisando che in quel tutto logicamente non si comprende il moto dei pianeti o la digestione delle termiti del bengala,mi pare che dire che la politica deve governare tutto sia esatto,e non significa per forza dirigismo.

Quello che mi pare sia fallito sul serio con rilevanza addirittura mondiale,è l'esperienza economico finanziaria di quei colossi che per decenni hanno preteso che la politica li lasciasse liberi di fare.
Come un ragazzino che dopo avere frignato perchè i genitori lo lasciassero andare in discoteca perchè ormai si sente adulto,torna a casa sanguinante senza una lira e senza i vestiti.

Ciao
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