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ho ascoltato il Prof. Martino

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda franz il 14/05/2009, 8:54

pinopic1 ha scritto:
franz ha scritto:Se io soddisfo il bisogno umano sprecando risorse umane, fisiche, ambiantali, che scienza sarebbe?
Franz


Scienza del capitalismo finanziario?
a parte le battute, dire che la politica deve regolare l'economia forse è eccessivo. Sicuramente deve indicare obiettivi, deve orientare, ma non deve essere invadente. Deve vigilare sulla legalità ma anche perché siano rispettate le regole della concorrenza, deve tutelare i piccoli risparmiatori, i consumatori e gli utenti dei servizi gestiti dai privati.
Il problema oggi però non è l'invadenza della politica nell'economia, ma il contrario, l'asservimento della politica non genericamente all'economia ma ai poteri economici.
Sarebbe già un importante risultato se la politica potesse riscattarsi dalla sudditanza ai poteri economici. E non si tratta più, come una volta, del potere di un grande imprenditore o di alcuni grandi imprenditori con capannoni e ciminiere che comunque davano in cambio posti di lavoro e ricchezza reale, ma di un potere finanziario che spesso non dà nulla in cambio o rifila clamorosi pacchi.
La parola d'ordine dei Martino è che la crisi è stata causata dall'invadenza della politica; è la strategia che hanno scelto. Equivale a buttarla in calcio d'angolo.

Difficile che la politica possa sottrarsi alla sudditanza dell'economia, visto che anche la politica ha bisogno di risorse e che è il sistema economico a fornirle. Quindi un sistema economico mal regolato darà anche risorse scarse alla politica, la quanle ne chiederà ancora di piu'. Quanto alle parole d'ordine die martino, noi viviamo in sistemi misti, quindi è possibile che le colpe di una crisi vengano rimpallate da una parte all'altra: troppo stato, troppo poco stato. Nel caso concreto dei subprime credo che sia chiaro che siano entrambe vere. Troppo stato per l'invadenza sulle banche americane, obbligate dalle politiche governative ad accettare milioni di ipoteche a rischio; troppo poco per la carenza di controlli sulle cartolarizzazioni fantasiose che hanno nascosto questi enormi rischi in prodotti finanziari strutturati sparsi poi per tutto il mondo.

Ciao,
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda franz il 14/05/2009, 9:04

pierodm ha scritto:Se invece consideriamo - come in effetti è - l'economia come un soggetto assolutamente umano, realizzato da uomini, è facile vedere che è fallibile o infallibile, misurabile in base a competenza e coscienza, o a stupidità e intelligenza, tanto quanto la politica.

In realtà pero' la politica è fatta di atti volontari singoli o di gruppo, di deliberazioni (dispotiche o democratiche).
L'economia è costituita principalmente da comportamenti liberi di mercato di milioni di singoli membri (grandi o piccoli) che si muovono sulla logica del profitto (o quanto meno dell'utlità per gli altri di quello che si sta facendo).
Mi pare che mentre la politica volendo possa decidere quello che vuole (anche un suicidio colettivo) l'economia in realtà sia incapace di fare altrettanto in modo consapevole.

pierodm ha scritto:Basta vedere, infatti, che l'affermazione di Franz sulla centralità del capitale, invece che del lavoro, è in aperto conflitto con l'assunto costituzionale di una repubblica fondata invece proprio sul lavoro.

Veramente ho scritto che la centralità è sullo sviluppo, invece del lavoro. Il che per me vuol dire lavoro, capitale, conoscenze.
Poi cosa dica la costituzione è relativo. Quell'articolo è ovviamente ideologico e demagogico, tipico frutto della mentalità di quegli anni (che qualcuno conserva ancira oggi). Se oggi si dicesse che la repubblica è fondata sullo sviluppo o sulla crescita o sulla felicità, per me sarebbe piu' adatto al 2000.

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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda pierodm il 14/05/2009, 9:18

Proprio perché condivido gli argomenti di Pino, colgo l'occasione di un concetto espresso nel suo post per approfondire un aspetto del problema.

Dice Pino: la politica ... sicuramente deve indicare obiettivi, deve orientare, ma non deve essere invadente. Deve vigilare sulla legalità ma anche perché siano rispettate le regole della concorrenza, deve tutelare i piccoli risparmiatori, i consumatori e gli utenti dei servizi gestiti dai privati.

La "scissione interiore" tra politica ed economia, di cui parlavo nel mio post precedente, dà anche questo tra i suoi frutti "avvelenati", di sviare completamente da una coscienza seria di ciò che la politica è e dovrebbe essere.
La politica è il modo in cui la società si riconosce come tale e si organizza per individuare e perseguire tutti i suoi vari obiettivi.
In una visione, invece, settoriale e, come caso estremo, corporativa, la politica viene considerata come una specie di ancella servizievole, che da una parte cura le ferite, da un'altra regge il moccolo, da un'altra ancora provvede alla cucina, e via servendo.
In questo modo si perde completamente di vista l'organizzazione sociale come "sistema" - o meglio, il sistema sociale viene dato per acquisito e messo fuori dal contesto di ogni discorso critico, ovvero dalla coscienza politica generale.
Come ulteriore conseguenza di questo presupposto, la società si riconosce come tale e si organizza per individuare e perseguire tutti i suoi vari obiettivi in modo frammentato e settoriale (o corporativo), nel quale ogni settore ha la sua propria forza, struttura, logica ed etica che è allo stesso tempo "tecnica" (ossia funzionale ai propri obiettivi) e "politica" (in quanto i riversa sull'intero sistema e sulla società).

Quelle elenacate da Pino sono, in realtà, funzioni amministrative o tutt'al più legislative, ma non sono "la politica", che nel senso più ampio e fondamentale è invece il modo di "pensare la società", i suoi valori fondanti e i suoi obiettivi.
Quindi, considerare il problema come una competizione per la supremazia tra economia e politica è assolutamente fuorviante: l'economia E' politica, tanto quanto la politica E' economia.
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda franz il 14/05/2009, 9:43

pianogrande ha scritto:Sono daccordo anch'io che occorrono politici capaci (ed onesti).
Rispondo con una ovvietà,spero, almeno di pari livello: occorrono economisti capaci (addirittura onesti anche loro).
Adesso ribadisco il concetto.
L'economia non deve essere libera di fregare il prossimo (normalmente il più debole); deve essere sottoposta al controllo della politica che controlli ed indirizzi ed incentivi le varie attività tutelando quella collettività di cui l'economia stessa si serve.
Entro questo ambito va lasciata tutta la libertà di impresa possibile ma entro precisi limiti di legalità.

Se parliamo di uomini, è evidente che dovremmo sapere che ci sono banditi sia in politica che nel mercato.
Qui bastano regole e controlli. Non serve alcuna forma di gestione e indirizzo dell'economia.
Il mercato ha bisogno di regole proprio per evitare i banditi.
Perché è evidente che un bandito fa quello che vuole, non deve comprare: ruba.
Quindi il modo per garantire il mercato è data da regole che garantiscano e difendano la proprietà e tutta la contrattualistica che serve a certificare il trasferimento di proprietà di un bene.
Questo è il parco minimo di regole che anche il liberista piu' sfegatato pretende.
Quindi codice civile, penale, polizia, tribunali, esercito per la difesa da minacce esterne.

Da qui ci sono pero' altre attività della politica sulla società (non sull'economia) che sono:
gestione della educazione, della sanità, investimenti strutturali in strade, ponti, ferrovie, welfare assistenziale.
Sono cose che costano e quindi vengono finanziate dal sistema economico tramite le imposte o altri prelievi.
Questo è il secondo strato. E fin qui siamo tutti d'accordo, anche i liberisti meno sfegatati.

Tu mi pare che ne indichi un terzo, per me assolutamente discutibile e non necessario (se non pericoloso):
indirizzare ed incentivare le varie attività economiche. Quindi una funzione di indirizzamento del mercato.
Ecco io questo lo metto in dubbio. Un mercato indirizzato e pilotato (guidato) diventa drogato
Lo abbiamo visto con l'equo canone. Lo vediamo con i sussidi alle energie alternative, che grazie a questi sussidi hanno prezzi troppo cari, fuori mercato appunto.

Per me il mercato ha solo bisogno di regole e controlli.
Poi quello che produce (se non viola le leggi) ed il prezzo a cui lo fa non devono essere oggetto di intervento della politica.
Quando la politica lo fa, il mercato reagisce in modo automatico e non consapevole ma te ne accorgi dopo anni.
L'equo canone ha spappolato il mercato dell'affitto, lo statuto dei lavoratori ha portato a milioni di piccole aziende sotto i 15 dipendenti, indebolendo lo sviluppo delle imprese e creando un esercito di indipendenti, che oggi sono quasi piu' dei dipendenti; non parliamo degli effetti nefasti dei sussidi agricoli e in campo energetico. Ogni intervento della politica sul mercato ha quindi un effetto nascosto, nefasto, che si scopre dopo ma che ora siamo anche in grado di anticipare.

Ovviamente pero' è anche vero che in una società in cui lo stato rappresenta il 30, 40, 50% della ricchezza prodotta, molti attori economici privati (e quindi anche banditi) cercano nello Stato quelle occasioni di business che non riescono ad avere sulla parte privata (ridotta all'osso da un massiccio intervento statale). Contemporaneamente allo stato ed alla politca interessa sempre piu' aumentare il proprio potere e se esso aumenta è sempre piu' probabile che al potere ci vadano molti banditi. La soluzione è quindi limitare il piu' possibile l'intervento dello stato (della politica) nell'economia (sul mercato) e questo a maggior ragione nelle società povere, perché il banditsmo le mantiene povere. Vedi il nostro meridione.

Ciao,
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda pianogrande il 14/05/2009, 10:10

Franz.
Vedo che siamo daccordo.
Mi bastano i primi due punti, che sarebbe già grasso che cola.
Il terzo punto lo riassumerei con "evitare l'eccessiva invadenza dello stato" (io l'avevo definito, più o meno, "massima libertà di impresa") e la pace sia tra noi.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda pinopic1 il 14/05/2009, 11:25

franz ha scritto:Nel caso concreto dei subprime credo che sia chiaro che siano entrambe vere. Troppo stato per l'invadenza sulle banche americane, obbligate dalle politiche governative ad accettare milioni di ipoteche a rischio; troppo poco per la carenza di controlli sulle cartolarizzazioni fantasiose che hanno nascosto questi enormi rischi in prodotti finanziari strutturati sparsi poi per tutto il mondo.

Ciao,
Franz


Intanto non mi pare che siano soltanto i subprime il problema, ma più in generale i consumi a debito e l'espansione del mercato di quei fantasiosi pezzi di carta.
Ma alla base c'è o no l'impoverimento dei lavoratori e in generale del ceto medio che nello stesso tempo vengono sollecitati a consumare di più e quindi a indebitarsi?
Per lo stato l'alternativa alla spinta alle ipoteche a rischio potrebbe essere l'edilizia popolare, no?

Volevo dire ancora una cosa sull'importanza del fattore "lavoro" nell'economia. Che l'economia (il capitalista, l'imprenditore) consideri il lavoro, il lavoratore, uno dei fattori della produzione magari meno importante di altri, non deve scandalizzare, almeno non mi scandalizza.
Lo apolitica no, però; la politica non può considerare il lavoratore, il cittadino lavoratore, la persona che lavora come un qualsiasi fattore economico, come gli altri o meno importante degli altri. Il cittadino, la persona è l'oggetto della politica. Anzi il soggetto. Quello che avviene, da qualche decennio a questa parte è l'aziendalizzazione della politica e delle istituzioni; le persone vengono considerate solo in quanto produttori e/o consumatori in un sistema economico che deve sempre "crescere". E non si capisce più perché, per chi deve crescere.
"Un governo così grande da darti tutto quello che vuoi è anche abbastanza grande da toglierti tutto quello che hai" (Chiunque l'abbia detto per primo)
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda pierodm il 14/05/2009, 11:55

De coccio.
A Roma si dice: quello è propio de coccio.
Ma perché si richiama il "coccio", ossia un manufatto di terracotta, e non la pietra o il ferro, altrettanto e forse più duri?

Perché il coccio è innanzi tutto, come si diceva, un manufatto, e dunque un prodotto in qualche modo "animato", conservando un rapporto con l'intelligenza che l'ha creato, chiedendo per questo motivo un'attenzione "culturale".
Animato ma inerte: non interagisce, ma oppone una resistenza tanto irriducibile quanto passiva, si sfalda e si sfarina senza perdere la propria sostanza.
Un coccio si può riporre in tasca o farci le planate sul pelo dell'acqua, si può mettere vicino ad un altro coccio, si può usare per fare da segnalino a tombola o per votare nell'agorà, ma una cosa non si può fare con un coccio: dialogare.
Un coccio o lo metti lì e ce lo lasci, o lo rompi - ma con scarsi risultati, visto che ottieni solo altri quattro cinque coccetti più piccoli.
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda Stefano'62 il 14/05/2009, 12:25

franz ha scritto:Se oggi si dicesse che la repubblica è fondata sullo sviluppo o sulla crescita o sulla felicità, per me sarebbe piu' adatto al 2000.

Sarebbe certamente più attuale,il punto però è che sarebbe un enorme passo indietro sotto ogni aspetto,oltre che una gigantesca presa per il culo.

Ciao
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda annalu il 14/05/2009, 12:47

franz ha scritto:
pierodm ha scritto:Basta vedere, infatti, che l'affermazione di Franz sulla centralità del capitale, invece che del lavoro, è in aperto conflitto con l'assunto costituzionale di una repubblica fondata invece proprio sul lavoro.

[...] Poi cosa dica la costituzione è relativo. Quell'articolo è ovviamente ideologico e demagogico, tipico frutto della mentalità di quegli anni (che qualcuno conserva ancira oggi). Se oggi si dicesse che la repubblica è fondata sullo sviluppo o sulla crescita o sulla felicità, per me sarebbe piu' adatto al 2000.

Chiedo scusa, Franz, se intervengo frettolosamente,sono molto impegnata, ma a questo scambio di battute proprio non riesco a resistere.
Ovviamente ho seguito tutto il dibattito, e considero le tue tesi un po' semplicistiche ed approssimative, ma questo è un altro discorso.

Quello su cui volevo porre l'accento è la tua frase: "Quell'articolo è ovviamente ideologico e demagogico" che mi sembra l'emblema della supponenza con la quale affronti i problemi.
Ovviamente ideologico e demagogico?
Con quale autorità fai un'affermazione così drastica?
E comunque, di avere una Costituzione "frutto della mentalità di quegli anni" sono proprio orgogliosa, perché frutto di quegli anni significa frutto di tutta la lotta di liberazione, e di tutto l'antifascismo.
La Costituzione è stata scritta davvero "insieme" da tutte le forze democratiche. E da questo dovremmo saper ripartire!
Nulla potrebbe spaventarmi di più di un Carta frutto della mentalità di QUESTI anni, e la cosa dovrebbe preoccupare anche te, se solo ci riflettessi su.
Ora mi fermo, ma è un discorso che forse dovremmo esaminare con maggiore serietà, se vogliamo andare avanti.

annalu

PS. Con questo, non intendo in alcun modo "sacralizzare" la Costituzione, i cui principi fondamentali ritengo degni di tutta la nostra considerazione e di tutto il nostro rispetto, ma non per questo ritengo che non possa e debba venir "attualizzata" quando se ne individuano motivi validi e condivisi. Sottolineo: condivisi.
annalu
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda franz il 14/05/2009, 12:58

annalu ha scritto:Ovviamente ideologico e demagogico?
Con quale autorità fai un'affermazione così drastica?

Secondo quale criterio qui sui nostri forum per fare affermazioni (drastiche o meno, categoriche o meno) occorre essere un autorità? Oppure è un problema che se l'affermazione non ti piace allora chiedi che sa almeno detta da una persona autorevole? È una domanda a cui non intendo rispondere. Mi pare che qui ognuno è libero di fare affermazioni anche se è un pinco pallino qualsiasi. Questo è lo spirito libero di un forum. In democrazia tutte le opinioni contano, a meno che invece qualcuno dica che certe opinioni, di casta o di moda, contano piu' di altre. Poi che ci siano mode anche nelle opinioni è noto e forse da buon anticonformista mi sento libero di fare affermazioni anche fuori dal coro. Se dà fastidio alla maggioranza fatemmelo sapere.
Grazie

Franz
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