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Anche la sinistra malata di supercapitalismo?

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Anche la sinistra malata di supercapitalismo?

Messaggioda pinopic1 il 11/05/2009, 11:34

Il giornale l'Eco di Bergamo, cattolico e moderato, vicinissimo alla curia bergamasca, pubblica oggi con notevole risalto una intervista a due saggisti: Marino Badiale, docente di Analisi matematica all'Universita di Torino, e Massimo Bontempelli, che insegna Storia e Filosofia, autori di libri e articoli di riflessione su temi storici, filosofici e politici, tra i quali «La sinistra rivelata» (Massari, Bolsena 2007} e «Il mi-stero della sinistra» (Graphos, Genova, 2005).

Riporto qualche stralcio dell'intervista.

Altra tesi da voi sostenuta è che destra e sinistra sarebbero in sostanza la stessa cosa, in quanto entrambe si rifanno al «totalitarismo neoliberista»
Precisiamo che con “totalitarismo neoliberista” intendiamo la stessa cosa di "capitalismo assoluto". Quanto al contrasto fra destra e sinistra, non neghiamo che ci siano diiferenze, ma affermiamo piuttosto che tali differenze non attengono a nulla di essenziale per quanto riguarda il governo della società e dell'economia, Sinistra e destra, come parti politiche che si alternano ai governi dei Paesi occidentali, non hanno altro ruolo che quello di far accettare alla maggioranza della popolazione il regresso, la perdita continua di diritti, il peggioramento della vita che 1'attuale organizzazione economica richiede.
Dunque, che cosa dovrebbe fare oggi un elettore che per molte ragioni si sente ancora di sinistra?
Essere di sinistra ha significato essenzialmente due cose: lottare per la giustizia sociale e 1'emancipazione delle classi subalterne, e lottare per il progresso e lo sviluppo economico. Per due secoli e stata possibile la sinistra perché le due cose (emancipazione e sviluppo) in sostanza correvano parallele. Oggi non e più cosi, oggi lo sviluppo capitalistico (l'unico sviluppo esistente) significa distruzione dell'ambiente. perdita di diritti, peggioramento della vita. Una persona che si senta ancora legata agli ideali di giustizia sociale ed emancipazione che furono della sinistra deve rompere con tutte le forze politiche di sinistra ormai diventate attivi strumenti di de emancipazione e porsi nell'ottica della critica allo sviluppo, cioè di quella che oggi viene chiamata "decrescita"».
Accettando la sfida da voi lanciata di riuscire a leggere il presente come storia, in che modo interpreta la crisi che stiamo vi vendo? Siamo forse al col lasso del «capitalismo assoluto? ».
«La crisi economica attuale e una crisi seria. Ci permettiamo di formulare una previsione: le voci ottimistiche che si sentono in questi giorni, sul fatto che il peggio e ormai passato, saranno - secondo noi - smentite entro I'anno. La crisi e seria, perché discende dalle caratteristiche di fondo dell’attuale fase capitalistica:
L'abbassamento. del livello di vita delle classi subalterne ha creato in tutto il mondo occidentale un deficit di domanda solvibile, al quale si e tentato di rimediare con il credito facile, che a sua volta ha generato la bolla speculative poi esplosa con le conseguenze note. Non siamo certo in grado di affermare che questa sia la fine del capitalismo, ma è molto probabile che la crisi segni l'inizio della fine per quella forma particolare di organizzazione che il capitalismo si è dato negli ultimi trent'anni (globalizzazione, neoliberismo). Cosa verrà dopo di questo non possiamo saperlo. Data la totale mancanza di forze politiche in grado di indirizzare la crisi verso forme d'organizzazione sociale capaci di maggiore giustizia, è assai probabile che ciò che emergerà dalla crisi sarà un capitalismo più feroce e inumano di quello attuale, un capitalismo "alla cinese", per intenderci. In ogni caso ci sembra che la crisi economica stia accentuando alcuni processi di crisi della civiltà occidentale che erano già in corso.
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Re: Anche la sinistra malata di supercapitalismo?

Messaggioda ranvit il 11/05/2009, 12:02

Ma chi sono "questi due"...politicamente???

Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Anche la sinistra malata di supercapitalismo?

Messaggioda pinopic1 il 11/05/2009, 13:43

Prova a leggere senza curarti degli autori.Non so, consideralo l'editoriale dell'Eco di Bergamo o se preferisci un post scritto da me.
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Re: Anche la sinistra malata di supercapitalismo?

Messaggioda franz il 11/05/2009, 14:35

pinopic1 ha scritto:Prova a leggere senza curarti degli autori.Non so, consideralo l'editoriale dell'Eco di Bergamo o se preferisci un post scritto da me.

Beh, si parla di decrescita e quindi si pongono già fuori dalla storia.
La decrescita è un disastro per i poveri e forse è quello che i pauperisti pseudocattolici vogliono.
Leggendo poi ho percepito la solita muffa culturale: "oggi lo sviluppo capitalistico ... significa distruzione dell'ambiente. perdita di diritti, peggioramento della vita". Manderei costoro con la macchina del tempo nell'unione svietica degli anni 70 a vedere come fosse rispettato l'ambiente, i diritti umani, come fosse la qualità della vita.
Quelli vicini alla curia di Bergamo invece li manderei indetro nel tempo nello stato pontificio.

Non vorrei turbare la loro comoda vita da professori univsrsitari ma se provassero a lavorare in fabbica (come operai o anche come imprenditori) forse dopo 5 anni inizierebbero a ragionare. In alternativa, anche il metoodo cinese in auge ai tempi della rivoluzione culturale (lavoro nei campi) non sarebbe male.

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Re: Anche la sinistra malata di supercapitalismo?

Messaggioda pinopic1 il 11/05/2009, 15:22

Decrescita non vuol dire "non sviluppo". Vuol dire non utilizzare esclusivamente il calcolo del PIL come misura dello sviluppo. Non guardare soltanto alla crescita del PIL e anche distinguere tra i fattori che determinano il PIL. Esempio (loro): anche un incidente d'auto è un fattore di crescita del PIL. Anche il consumo di risorse non rinnovabili, il provocare danni irreversibili all'ambiente, fanno crescere il PIL. Anche un terremoto, se ben gestito, fa crescere il PIL.

Non credo si facciano illusioni su come fosse la Russia anni 70. Del resto gli basta vedere la Cina di oggi e immaginare quella di domani.

Ma non era questo che m'interessava dell'intervista. E neanche a loro credo.
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Re: Anche la sinistra malata di supercapitalismo?

Messaggioda pierodm il 11/05/2009, 15:59

Gli argomenti di Ranvit e di Franz sono interessanti: un poì troppo complessi, forse, ma pieni di osservazioni ragionevoli.
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Re: Anche la sinistra malata di supercapitalismo?

Messaggioda franz il 11/05/2009, 16:06

pinopic1 ha scritto:Decrescita non vuol dire "non sviluppo". Vuol dire non utilizzare esclusivamente il calcolo del PIL come misura dello sviluppo. Non guardare soltanto alla crescita del PIL e anche distinguere tra i fattori che determinano il PIL. Esempio (loro): anche un incidente d'auto è un fattore di crescita del PIL. Anche il consumo di risorse non rinnovabili, il provocare danni irreversibili all'ambiente, fanno crescere il PIL. Anche un terremoto, se ben gestito, fa crescere il PIL.

Quello che è la crescita lo sappiamo (o forse mi illudo che si sappia e di saperlo io stesso).
La crescita contiene luci ed ombre. Ma è quello che è.
Tutti vogliamo diminuire gli incidenti ed i loro danni. Vorremmo arrivare a zero incidenti e zero morti.
Tutti vorremmo non avere malattie. Tutti vorremmo che i terremoti non arrivassero mai.
Tutti vorremmo avere una cornucopia sempre piena di cibo fresco, la manna dal cielo.

Ma qui incombe l'ennesimo "mbe?". Ci ammaliamo, ogni tanto urtiamo un altro veicolo, ogni tanto un terremoto fa danni, ogni giorno bisogna fare la spesa, le scarpe si consumano, i computer si guastano, per scaldare la case oggi si brucia petrolio o gas (a parte chi è molto ricco e puo' permettersi un pompa geotermica).
Colpa della società se ci sono ditte che, guadagnandoci, riparano macchine, computer, costruiscono case, riparano vetri, vedono cibo? Una società della decrescita lacerebbe machine e vetri rotti, case diroccate, pance vuote cuori infartuati?
Non mi pare che i tuoi esempi fossero azzeccati.

Piuttosto ritengo che per chi ha una forte visione ideologica, alla fine tutti i gatti siano bigi, di notte.
Costoro invece di teorizzare la decrescita dovrebbero fare una cosa molto semplice: accendere la luce (ideolgicamente parlando) ed avrebbero di fronte uno scenario ricco di colori e sfumature: se adesso loro (in pochi) non vedono differenze, il problema non è nella realtà ma nella loro limitata capacità di osservarla nella sua complessità e ricchezza.
Qui ripeto che avevano in fondo ragione i cinesi: un po' di lavoro normale, nella società, aiuta ad osservarla da vari punti di vista.

Ciao,
Franz

PS: da studente avevo una visione della vita che ho cambiato radicalmente, entrando nel mondo del lavoro.
Poi spostandomi gradualmente da dipendente a consulente e poi imprenditore, sono ulteriomente cambiato.
Anche perché a questi cambiamenti si è aggiunto lo spessore dell'esperienza dovuta all'età.
Non è un mistero e credo che sia perfettamente comprensibile. Oggi in Italia sono piu' gli indipendenti, gli
autonomi, i piccoli imprenditori, le ditte individuali. E gli anziani sono in maggioranza.
Io non sono una bestia rara; quei professori invece lo sono, in estinzione.
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Re: Anche la sinistra malata di supercapitalismo?

Messaggioda pierodm il 11/05/2009, 16:29

I percorsi esistenziali di Franz confermano che forse sarebbe bene nascere imprendidori, e poi a mano a mano arrivare ad essere studenti - anche perché, se quello indicato da Franz come sviluppo individuale fosse un modello, la saggezza massima avrebbe come oggetto i cateteri e i pannoloni della terza età, e possiamo risparmiarci il binario morto e tuttavia apicale nel quale incorrono molti "imprenditori" - vedi Tanzi e Cragnotti, tanto per dire - cioè la galera, o l'annegamnto delle ambasce esistenziali date dal successo, tipo le amanti minorenni e le sniffate di coca.

La decrescita non è quella cosa imbecille che Franz sembra voler capire.
Ma non è nemmeno una cosa tanto difficile da capire correttamente, al punto da doverla spiegare a persone acculturate.
E non è nemmeno un'idea strampalata saltata in mente a qualcuno chiueso nella sua "oscurità" ottusa.
E nemmeno una tesi legata ad un estremismo stalinista.
La tesi della decrescita - variamente denominata e argomentata - ha una lunga tradizione culturale, tutt'altro che trascurabile o liquidabile con due battutine sceme.
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« Chi crede che una crescita esponenziale possa continuare all'infinito in un mondo finito è un folle, oppure un economista. »
(Kenneth Boulding)
Kenneth Ewert Boulding (Liverpool, 18 gennaio 1910 – Boulder, 18 marzo 1993).
Boulding crebbe in una famiglia inglese. Iscritto al New College di Oxford in chimica cambiò presto indirizzo per orientarsi verso lo studio di scienze politiche, filosofia ed economia. Laureato con il massimo dei voti nel 1931, iniziò ad insegnare per cinque anni a Oxford. Durante un viaggio in America incontrò l'economista Joseph A. Schumpeter (1883-1950) che gli consigliò di emigrare per approfondire gli studi ad Harvard.
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Teoria neoclassica ed economia dell'ambiente
La scarsità delle risorse divenne un problema evidente con le crisi petrolifere degli anni '70. Il concetto di "limite" entrò di prepotenza nel mondo occidentale e nella vita quotidiana, la crescita economica perse il vigore del boom degli anni '50 e '60.
Nello stesso periodo il progresso illimitato entrò in crisi a causa dell'inquinamento nei grandi centri abitati e nelle zone industriali.
Il mondo cominciò ad essere visto più come un'isola che come un universo sconfinato e la stessa scienza iniziò ad includere tra i propri argomenti anche concetti come "incertezza", "limite" e "prudenza".
La visione del progresso tecnologico mutò definizione di conseguenza. Dalla fiducia cieca verso il progresso illimitato ed inesauribile si passò ad una visione più prudente e meno sicura del futuro. Su questo argomento è consigliata vivamente la lettura del libro "Il Paradiso perduto" (di Marcello Cino, Feltrinelli editore).
Oggi stiamo vivendo questa fase di transizione che ci porterà verso una nuova epoca ed un nuovo modo di concepire il mondo.
Le politiche economiche integrano l'ambiente tra le priorità di intervento auspicando una migliore e più razionale gestione delle risorse scarse.
Attualmente è comunque difficile fare previsioni sul futuro. La fase di transizione può durare anche decenni e forse secoli ma non è detto che l'uomo la possa vedere la prossima fase.
Continuando sulla strada del passato l'umanità va incontro ad una fine sicura. Il surriscaldamento terrestre e l'effetto serra sono mutamenti climatici incontrollabili, tali da poter eliminare le stesse condizioni della vita umana sul nostro pianeta.
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Negli anni '60 alcuni economisti neoclassici iniziarono un processo di revisione del nocciolo duro della teoria neoclassica stessa.
Vennero criticati punti critici come la fiducia verso il mercato, i prezzi di equilibrio, la capacità del sistema di garantire la massima crescita. In poche parole si accettarono le principali critiche rivolte alla teoria neoclassica pura per salvare la sua ortodossia.
Fu comunque un processo di critica "dentro" la stessa teoria neoclassica a dare vita all'attuale economia dell'ambiente come disciplina economica e fu attuato principalmente da economisti neoclassici.
Nuovi elementi di studio entrarono a far parte delle teorie, basti pensare all'importanza avuta dalle diseconomie esterne e dallo studio dei costi sociali.
L'ambiente divenne oggetto di studio ed oggetto di discussione nelle politiche economiche e negli ambienti accademici e politici.
Ultima modifica di pierodm il 11/05/2009, 17:02, modificato 1 volta in totale.
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Re: Anche la sinistra malata di supercapitalismo?

Messaggioda pinopic1 il 11/05/2009, 16:36

Rispondo a Franz
Si ma non si tratta di eliminare incidenti, malattie e terremoti o di non riparare danni e di non curare le malattie. Il fatto è che lo sviluppo viene misurato in crescita del PIl e nel PIL i disastri suddetti vengono conteggiati con il segno +. Il consumo di risorse non rinnovabili fa crescere il PIl: non si dice che non bisogna consumare risorse non rinnovabili, ma la loro diminuzione entra nel calcolo con un segno - (meno)?
Qualcosa di analogo all'entropia in termodinamica esiste in questo caso?
A che pro? Allo scopo di valutare il livello di benessere (o di malessere) effettivamente connesso allo sviluppo.

Forse sono dei mentecatti ad affermare che "oggi lo sviluppo capitalistico (l'unico sviluppo esistente) significa distruzione dell'ambiente, perdita di diritti, peggioramento della vita". Forse. Si può approfondire?

(Anche io sono stato studente, lavoratore dipendente e autonomo, e poi un pò imprenditore e infine pensionato. Mi sono trovato bene in tutte le situazioni senza dover cambiare granché del mio modo di vedere le cose.)
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Re: Anche la sinistra malata di supercapitalismo?

Messaggioda franz il 11/05/2009, 16:58

pinopic1 ha scritto:Rispondo a Franz
Si ma non si tratta di eliminare incidenti, malattie e terremoti o di non riparare danni e di non curare le malattie. Il fatto è che lo sviluppo viene misurato in crescita del PIl e nel PIL i disastri suddetti vengono conteggiati con il segno +. Il consumo di risorse non rinnovabili fa crescere il PIl: non si dice che non bisogna consumare risorse non rinnovabili, ma la loro diminuzione entra nel calcolo con un segno - (meno)?
Qualcosa di analogo all'entropia in termodinamica esiste in questo caso?

In effetti esistono altri metodi di calcolo (c'è un indicatore ONU) che utilizzano la qualità della vita e della salute nonché il grado di istruzione. Ma il risultato non cambia. Le nazioni in cui cresce il PIL sono anche quelle in cui aumenta il livello di istruzione e la qualità della vita. Diversi indicatori non sono in contraddizione. Sulle risorse, sono 10'000 anni che l'uomo usa risorse ad una velocità superiore a quella del lo ro rimpiazzo e sono 10'000 anni che, epoca dopo epoca, l'uomo trova (inventa) nuove risorse da usare. 200 anni fa nessuno aveva idea di come usare il petrolio. Era solo una cosa puzzolente che a volte affiorava in certi campi, rendendoli incoltivabili. Hai idea di cosa si usava 1000 anni fa e di cosa useremo tra 100 anni?

Ciao,
Franz
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