Il modo stesso in cui si sta sviluppamdo questo argomento dimostra cosa sia un'egemonia - o una sudditanza - culturale.
Le percentuali di voti e le "decisioni" non c'entrano niente con l'egemonia culturale, nel senso che non è da questi segni che si giudica.
L'egemonia culturale della sinistra, nei decenni passati, si verificava quando la DC era al 37-42%: una prevalenza elettorale che era dovuta alla forza di un certo tipo di radicamento sociale e ad una cultura profonda di certi strati di popolazione, che però non erano "egemoni", non rappresentavano lo spirito del tempo e non producevano valori dominanti.
Nella visione deterministica e psicopatologica di Franz - che il nostro amico insiste da tempo nel proporre come chiave di lettura della politica - questo problema viene ridotto a "percezione" e la percezione confinata nell'angolo visuale di qualche minoranza miope e sviata dai propri pregiudizi.
A me sembra - non per l'occasione, ma da sempre - che questo genere di propspettiva sia tipicamente di destra, o meglio, tipico di una cultura di destra, di un'interpretazione della società e della politica che appartiene storicamente alla destra - ricordiamo i tempi in cui chi si ribellava alle prevaricazioni e allo sfruttamento sul lavoro veniva definito una "testa calda" o un "disadattato", tanto per fare un esempio di quelli facili?
A questo proposito mi piacerebbe sapere, da qualcuno giovane, che effetto gli ha fatto vedere il telefilm sulla figura di Di Vittorio, che è andato in onda su RAI1: sono sicuro che il dato politico della vicenda risulterebbe molto penalizzato rispetto al dato dell'eroismo personale e del valore puramente "morale" di certi avvenimenti.