[RIFORMANDO:502] REFERENDUM : FORSE SI', FORSE NO
Rolando Alberto Borzetti  Giovedi`, 18 Maggio 2000

Il Corriere della Sera

Motivi ed effetti di un voto
REFERENDUM
FORSE SI', FORSE NO

Devo votare o non devo votare, il 21 maggio?

Secondo Berlusconi non dovrei votare. Primo perché il referendum è una
«truffa», ed è una truffa perché lo strumento è stato «strumentalizzato
dalla sinistra»; secondo perché, stando a casa, «mando il governo a casa».
Ma il primo argomento proprio non sta in piedi. I referendari sono
trasversali (includono anche Fini) così come lo sono gli astensionisti (tra
i quali il Cavaliere si trova in compagnia di Bertinotti); e in ogni caso
strumentalizzare non è truffare. Per esempio, Berlusconi strumentalizza le
sue televisioni ai suoi fini, ma non risulta che nessuno lo abbia mai
accusato di essere un truffatore per questo. Quanto al secondo argomento è
proprio Fini che lo confuta osservando che «non vedo il nesso tra la
mancanza del quorum e la caduta del governo, anche perché questo esecutivo
sul merito dei referendum è dichiaratamente neutrale».

Venute così meno le cattive ragioni per non votare, resta da capire quali
siano le buone ragioni per votare. A questo effetto il discorso si complica,
visto che i referendum sono sette. Chi non vota li cancella automaticamente
tutti, mentre chi vota deve invece decidere sette volte se approva o
disapprova. Ma queste complicazioni, qui le posso saltare perché il quesito
elettorale si è «mangiato», di fatto, tutti gli altri. Di fatto la partita
si impernia sulla abolizione della quota proporzionale del Mattarellum. +
peccato, perché l'arrosto è negli altri quesiti, mentre il quesito
elettorale - andrò a sostenere - rischia di buttare in fumo. Ma tant'è.

Quali, allora, le buone ragioni per far scattare il quorum del 50 per cento
più uno e quindi per arrivare a un sistema interamente maggioritario?
Preciso le domande così: cosa succederà se il Mattarellum resta in vigore,
oppure se viene cancellato? Per i referendari nel primo caso succederanno
cose terribili, e nel secondo caso cose mirabili. Secondo me sono entrambi
scenari esagerati, che vorrei riproporzionare e sdrammatizzare.

Mettiamo, in dannatissima ipotesi, che il referendum non passi. In questa
ipotesi l'unico fatto certo è che restiamo con il sistema «misto» che
abbiamo. Invece i referendari danno per certo che il fiasco del referendum
ci riporterebbe alla proporzionale, e per ciò stesso alla fine del
bipolarismo e alla rinascita di un «grande centro» di stampo democristiano.
Davvero? Non dico che così non potrà essere. Ma nemmeno è tanto sicuro che
così sarà. Anche se il fiasco del referendum aiutasse i proporzionalisti,
anche così non è detto che tutti i proporzionalismi siano cattivi e
distruttivi del bipolarismo. Anzi, questa tesi è sicuramente falsa, visto
che i Paesi dell'Europa occidentale sono quasi tutti proporzionalisti e
bipolari, e quindi senza centro. Dunque, non esageriamo. Calma.

Passiamo all'ipotesi che il referendum passi. In tal caso l'unico fatto
certo è che avremo un maggioritario «puro» e «secco» (a un turno). Contenti
così? Può bastare? Per il grosso del coro referendarista sì, può bastare.
Per me no, per me sarebbe un buco nell'acqua. Vediamo.

L'argomento di chi si accontenta di un sistema elettorale «fotocopia» del
referendum, si fonda su questa lettura del Mattarellum: che in quel «misto»
l'impulso aggregante del maggioritarismo è stato sconfitto dall'impulso
disgregante e divisivo del proporzionalismo. Ergo, tutto va a posto se la
porzione proporzionale del Mattarellum viene cancellata.

Purtroppo no. Purtroppo non è così. Anche a occhio nudo non torna. Come fa
un 25 per cento (la quota proporzionale del Mattarellum) a prevalere sul
restante 75 per cento (maggioritario) a tal punto da produrre un raddoppio
della frammentazione partitica?

Il punto è che il maggioritario è aggregante a certe condizioni e
disgregante in altre, che poi sono le condizioni nelle quali opera in
Italia. Da noi è il sistema uninominale (non la proporzionale) che
moltiplica i partiti e tiene in vita i partitini. Quindi, no: se restiamo
con un sistema maggioritario secco restiamo malmessi e paralizzati come
siamo. E in tal caso il referendum si risolverebbe in molto rumore per
nulla.

La speranza è, allora, che alla vittoria del sì faccia seguito una buona
legge di attuazione. Certo, una riforma elettorale è necessaria,
necessarissima. Ma quale riforma? Il nodo è tutto qui. E la speranza che i
referendari lo sciolgano bene è purtroppo tenue. Io voterò perché non voglio
essere annoverato tra gli indifferenti che non si interessano. Io mi
interesso. Ma chi vota non deve essere imbrogliato da false aspettative o
promesse. Se il quorum venisse raggiunto, deve essere chiaro che per
conseguire una buona riforma dovremo ricominciare a combattere sin da lunedì
mattina. La politica italiana è davvero faticosa.


Giovanni Sartori,, , , di GIOVANNI SARTORI





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