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La notizia, riportata dalla stampa di oggi, che Bossi avrebbe tenuto a battesimo il "coordinamento del nord", sospettato di essere una forma mascherata di riproposizione del c.d. parlamento del nord, mi fa ripensare al tema del federalismo ed alla sua appassionata difesa da parte di Francesco P. Forti, che mi ha affettuosamente imputato una mia asserita prevenzione nei confronti di questa forma di Stato e di confondere il vero federalismo con quello mistificatorio, in salsa verde, dei leghisti [le aggettivazioni sono mie]. Benché io non abbia mai, neppure per un istante, confuso la buona fede di Francesco P. Forti con il razzismo da operetta di Umberto Bossi, ho tuttavia accolto il suggerimento di consultare il sito web di Francesco sul federalismo e, in omaggio ad una vecchia e buona regola di equità e di saggezza, anche quello della Lega nord, per verificare le eventuali differenze tra le due scuole di pensiero. Devo subito dire che l'esposizione del federalismo -diciamo così- fortiano presenta una unitaria organicità non riscontrabile nella presentazione leghista, dove regna -mi è sembrato- una grande varietà di opinioni e di accezioni, anche su punti assai qualificanti. Una comparazione, quindi, non è stata possibile, sicché il mio interrogativo sulle eventuali differenze, di sostanza, tra le due 'offerte' di federalismo purtroppo è destinato a restare inappagato. Voglio dire che non basta marcare la differenza tra le 'intenzioni' di Bossi e quelle di Forti per rendere accettabile il suo federalismo gentile e condannare invece quello pedestre del leader del carroccio se poi, per esempio, il risultato pratico fosse lo stesso, e cioè la divisione dell'Italia in venti o non so quante repubblichette, che Francesco vorrebbe addirittura "sovrane" (è così?), come nemmeno negli U.S.A. ed in Germania. Io boccio l'idea neofederalista per questa Italia di oggi non già per la naturale antipatia suscitata dal suo primo e riconosciuto profeta ma per il suo obbiettivo contenuto, che si scontra, come ho già avuto modo di dire, con la nostra storia e con l'opportunità politica di evitare che da una separazione federalistica -che implicherebbe necessariamente un depotenziamento delle capacità di intervento del governo centrale nel prelievo e nella distribuzione delle risorse- le già vistose differenze tra il nord ed il sud del Paese possano divenire croniche ed incolmabili. E non mi è sembrato di trovare neppure, nel sito di Francesco, risposta al secondo degli interrogativi da me posti, e cioè in che modo il passaggio dall'attuale Stato unitario ad uno federale dovrebbe addirittura agevolare la crescita dell'economia meridionale e del sud nel suo complesso. E gradirei anche, se possibile, una convincente spiegazione del perché il "decentramento" realizzato con lo statuto di speciale autonomia della Sicilia ha arrecato guasti che il federalismo -che realizza anch'esso un decentramento- non dovrebbe apportare o addirittura dovrebbe riparare. Caro Francesco, non ti viene il dubbio che il ritardo del meridione d'Italia abbia cause che nulla hanno a che vedere con la forma di Stato e che non potrebbe essere colmato, per incanto, con un colpo di ingegneria costituzionale? E non ti sei chiesto se il neofederalismo italiano non sia per caso un elegante espediente, ora che la generosità dello Stato è finita per tutti, per separare i destini delle genti italiane, consentendo a ciascuno di fare la sua corsa con i mezzi di cui dispone e chi non ce la fa amen? Sei proprio sicuro di avere a cuore le sorti di tutto il territorio e di non avere invece più attenzioni per le regioni più ricche? Dove sta il "cooperativismo" e la "solidarietà"? Cordiali saluti Salvatore Camaioni P.S. Se l'argomento del federalismo, per i miei ripetuti interventi, fosse venuto a noia, prego cortesemente tutti gli iscritti di dirmelo o farmelo capire, in modo da evitare il tormentone. ![]() |