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Devo prima di tutto una spiegazione a Carlo Romani, che mi ha garbatamente rimproverato di di dare la parola soltanto ai federalisti e non a tutti gli altri: non era questa, ovviamente, la mia intenzione né il mio còmpito. Nel dare la parola ai federalisti esprimevo soltanto la mia personalissima curiosità di conoscere più a fondo il pensiero dei federalisti piuttosto che degli 'unitari', come me, che conosco assai bene. Ciò premesso, trovo molto incisiva l'osservazione dello stesso Romani che la Francia funziona benissimo pur senza essere uno stato federale e apprendo, con un certo stupore, da Francesco P. Forti, che in Francia vi sarebbe un divario tra nord e sud analogo e crescente come quello esistente in Italia: il mio stupore deriva dal fatto che se è così -ma ne dubito- questa 'sofferenza' francese è stata tanto ben mimetizzata che finora non se n'è accorto nessuno a livello internazionale. Che poi nei paesi federali non visarebbero rilevanti divari geo-economici e che il federalismo costituirebbe addirittura la chiave di volta per colmare quei divari là dove sussistono, come in Italia, mi sembra contestabile sulla base dell'osservazione di paesi federali come l'ex URSS (ora CSI), in cui esiste tuttora un netto divario tra le repubbliche del nord-ovest europeo, federate o indipendenti, e tutte le altre (meridionali, caucasiche e asiatiche) e financo all'interno della stessa repubblica russa. Quanto all'idea che il federalismo sarebbe il volano che consentirebbe alle zone depresse di innescare un processo di avanzamento economico, mi permetto di suggerire a Francesco P. Forti di dare un'occhiata al Brasile ed all'Argentina, paesi federali. No, caro Francesco, non sarà certo il federalismo costituzionale a rigenerare il meridione d'Italia, come tu azzardi, anzi. Il federalismo in Italia, oggi, rappresenta il tentativo delle regioni più ricche del Paese -dove non a caso è nata l'idea federalista- di separarsi dal resto d'Italia nella convinzione -non so quanto fondata- che ciò possa giovare loro molto di più di un forte decentramento normativo (regionalizzazione) accompagnato da più decisi poteri d'impulso alle autonomie locali (soprattutto ai Comuni, piuttosto che alle Regioni, mentre le Province dovrebbero semplicemente sparire) e da un deciso svecchiamento ed alleggerimento degli apparati burocratici, centrali e periferici, peraltro già in atto. E siccome l'ispirazione tutt'altro che cooperativistica e sostanzialmente separatista del neofederalismo italiano, con forti venature antimeridionali, ha sin dall'inizio caratterizzato la predicazione di Bossi, vorrei sapere quali sono le sostanziali differenze tra il bieco e stravagante federalismo al pistacchio dei leghisti e quello, più serio ed educato, di Francesco P. Forti. Contrariamente a quanto sostiene la tesi 44 sul Mezzogiorno, il meridione d'Italia ha oggi bisogno non di abbandoni federalistici ma della concreta solidarietà non-assistenziale del resto del Paese. Ciò è comprovato dal fatto che una regione a statuto speciale come la Sicilia, in cui fortissime autonomie statutarie (tra cui quella fiscale tanto agognata dai federalisti del nord) ne fanno quasi uno 'stato' federato all'Italia, si trova nelle condizioni di sottosviluppo che tutti conoscono e con un crescente divario rispetto al resto del Paese: il che dimostra che una forte autonomia, di per sé sola, non arreca benefici economici, se non si rimuovono le cause del sottosviluppo. Il meridione d'Italia ha bisogno innanzitutto di infrastrutture -senza le quali è vano parlare di sviluppo e di impresa- di oculati e non furbeschi investimenti, di legalità (finché intere regioni come Sicilia, Calabria, Campania e Puglia rimarranno sotto il pieno controllo delle varie mafie, non sarà possibile neanche cominciare a parlare di sviluppo economico). L'epoca dell'assistenzialismo (che ha gratificato anche ed in maggior misura le regioni settentrionali) è per fortuna tramontata; ma mentre nelle regioni settentrionali il preesistente tessuto industriale (agevolato dallo stato unitario e finanziato anche con i tributi imposti dalla monarchia sabauda agli agricoltori del meridione ex-borbonico, verso cui però non c'è stata la stessa 'attenzione' destinata all'industria padana) poteva proseguire sulle sue solide gambe, il meridione d'Italia, allo spirare della lunga stagione assistenziale, si è ritrovato in braghe di tela. Di federalismo si potrà forse riparlarne quando il sud italiano sarà posto in condizione di procedere autonomamente con le sue proprie risorse, convenientemente utilizzate (penso soprattutto al turismo, ma non solo); e ciò potrà avvenire non già con egoistiche separazioni ma con il generoso sostegno di tutto il Paese, che dovrebbe finalmente guardare a questa disgraziata parte d'Italia con un'ottica diversa da quella avuta sinora e con un po' di riconoscenza per il rilevante contributo dato non soltanto all'unificazione politica che ha reso l'Italia più grande, più forte e più ricca (ma solo al nord), ma anche allo sviluppo industriale delle regioni settentrionali con la propria manodopera. Ma quando ciò sarà stato realizzato le ricche regioni della val padana forse non parleranno più di federalismo... Per finire -e mi scuso per la lunghezza dell'intervento- vorrei sottolineare che l'istanza federalista non appartiene alla tradizione ideale dei partiti progressisti; in Italia, in particolare, l'idea federalista è stata lanciata dal partito di Bossi, che non a caso è di destra, e le altre forze politiche, di centro e di sinistra, l'hanno brandita non già per intima convinzione ma per strappare dalle mani dei leghisti un'arma ideale che aveva già fatto, trasversalmente, molti proseliti e così neutralizzarla. Questo modo di intendere e fare politica, impadronendosi degli slogan avversari e realizzando le altrui aspirazioni nell'illusione di 'rubare' fette d'elettorato, è deleterio, come si è visto anche alle recenti elezioni regionali, e mentre non fa guadagnare neppure un voto da destra ne fa perdere a palate a sinistra. Ogni forza politica deve presentarsi lealmente con il suo vero ed autentico volto, senza furbizie e camaleontiche riconversioni. Il federalismo italiano attuale è un'istanza legittima, ma di destra, e le forze politiche che si richiamano ai valori del liberalismo e del riformismo solidale dovrebbero uscire dall'equivoco, lasciando alle destre di battersi per il federalismo costituzionale ed accelerando per proprio conto la regionalizzazione del Paese, Alla prossima, Cordialità Salvatore Camaioni ![]() |