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Corrado Truffi wrote: > Sono anch'io convinto che l'idea del controllo di qualità "terzo" sia una > buona idea. Però vorrei che tu e tutti quelli che la propugnano come LA > soluzione per la riforma dello stato sociale tenessero conto dei suoi > rischi, molto grandi comunque. Vero! Non esiste la NOMINA PERFETTA, avvenga essa dal basso, dall'alto, tecnocratica o politica che sia. Le authorities funzionano meglio nei sistemi a forte divisione e bilanciamento dei poteri, cioè nei sistemi anglosassoni. A questi poteri appartengono anche potenti organizzazioni di utenti. Le esperienze concrete di questi Paesi ci indicano una strada. Forse vale la pena di rischiarla, correggendo la rotta in corso d'opera. Un organismo "terzo" deve comprendere tutte le parti in causa: i rappresentanti dell'offerta, l'autorità pubblica, gli utenti, i tecnici. > > 2) Come si assicura un effettivo controllo di qualità? Le esperienze del > controllo di qualità sui processi in certi settori complessi (ad es. > l'informatica) hanno dato a mio giudizio pessimi risultati: moltissime > aziende riescono a certificarsi ISO 9000 pur non avendo affatto processi di > qualità, ma solo formalismi adeguati; gli stessi consulenti che portano alla > certificazione divengono "parte in causa", nel senso che ottenere la > certificazione è un affare, e quindi diventa un mestiere "oliare le ruote" > degli Enti certificatori (ossia delle terze parti) Fatto salvo i rischi, di cui sopra, l'Authority non è comparabile ad un Ente certificatore, composto di soli tecnici. L'elemento di differenza è rappresentato dagli utenti, presenti con le loro esigenti organizzazioni. Però sono altrettanto convinto che neanche > privato è uguale a qualità D'accordo! > Veramente che io sappia anche il Sistema nazionale di valutazione è in corso > d'opera.... Purtroppo no. E' solo un sistema di monitoraggio. Il ministro ha specificamente escluso che potesse essere qualcosa di più, attribuendo le ragioni di questa scelta a una non meglio precisata "cultura italiana". In realtà i sindacati sono tutti contrari. > > Si possono fare riforme radicali (ammesso che si sappia davvero in che > direzione andare) sapendo che si perde consenso dalla propria parte, o che > le cose comunque vanno mediate con la reale maggioranza disponibile? E' questo il problema di sempre, di tutti i riformatori. Ed è la contraddizione reale dell'Ulivo, da quando ha vinto. Una parte del suo elettorato non lo ha votato perchè volesse le riforme, ma per difendersene. Che fare? Occorre riconoscere che l'attuale meccanismo istituzionale non consente riforme. Perchè il governo cade su una riforma e il Parlamento ha il potere di fare un altro governo. Le tesi dell'Ulivo erano uno splendido programma. Per realizzarlo occorre un esecutivo istituzionalmente più forte, in grado di mandare a casa il Parlamento che si oppone alle riforme. Poi ci sono errori di Berlinguer. Non ha fatto una politica verso gli insegnanti, ha dato retta solo ai sindacati, che sono una minoranza del personale. Per fare le riforme, bisogna osare offendere gli interessi conservatori del proprio elettorato. Offenderli subito e poi recuperare via via il consenso, mostrando concretamente che esiste una convenienza alle riforme. > > E, sapendo che occorre mediare (ossia cercare consenso), è meglio a quel > punto non fare affatto riforme a metà e lasciare tutto come sta? Se > Berlinguer avessa lasciato la scuola com'era, sarebbe stato meglio di > adesso? Certo che no! Qualcosa si è fatto. Ma la domanda riguardava le ragioni della sconfitta di Berlinguer. Avendoci avuto a che fare per qualche anno, la mia risposta è che ha commesso errori, dovuti in parte alla sua cultura politica, complessivamente statalista e CGIL-dipendente, in parte alla condizione precaria della coalizione e al primato del Parlamento sull'esecutivo. Prodi è stato eletto (e con lui i deputati) sulla base di un programma. Ma poi i deputati hanno potuto bellamente scostarsene, senza perdere il posto. Questo è il punto, alla fine, decisivo. -- Giovanni Cominelli - Milano e-mail: giovanni.cominelli@tin.it sito web: www.giovannicominelli.org ![]() |