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>da www.repubblica.it del 9/3/2000 >La Terza via nasce >dalla storia della sinistra > >di ANTHONY GIDDENS [.....] >Diversamente dai neoliberisti, i teorici della terza via pensano >che la globalizzazione richieda una gestione collettiva. Che richieda >perciò un'amministrazione attiva, a tutti i livelli, globale, nazionale e >locale. È diventato un luogo comune pensare che, a mano a mano che >la globalizzazione avanza, l'amministrazione pubblica >divenga superflua. La terza via, invece, non vede nella >globalizzazione un ridimensionamento del ruolo >dell'amministrazione, bensì una sua maggiore importanza. >Tuttavia la "amministrazione" non deve più essere >identificata semplicemente con il governo nazionale. >Lo stato-nazione non diventa un concetto obsoleto, anzi; >un obiettivo primario della terza via è proprio quello di riaffermare >le identità nazionali in un quadro globale. La globalizzazione, in >ogni caso, produce una spinta verso il decentramento e la delega >amministrativa. Qui ritorna di prepotenza un tema che abbiamo gia' trattato. Il legame tra locale e globale (think global, act local) ed il ruolo del federalismo nell'era della globalizzazione. Non sono d'accordo sul fatto che lo stato-nazione non stia diventando un concetto obsoleto. Di fatto lo stato-nazione, come lo conosciamo in europa, lo diventera' ed assisteremo ad una graduale riconversione verso un compound di tipo federale come per gli stati americani o i cantoni svizzeri (che non sono stati-nazione ma sono Stati a tutti gli effetti, dotati responsabilita' e di autorita'). La stessa concezione nascente di "Europa delle Regioni" va in questa direzione ed in alcune ipotesi strutturali ipotizzate per il 2030-2050 non vi e' traccia degli attuali stati nazionali in quanto non avrebbero compiti da svolgere. Tutti gli attuali compiti nazionali sarebbero infatti svolti con maggiore efficienza o dal livello macro-regionale oppure dal livello europeo. A furia di cedere potere verso il basso e verso l'alto, lo stato nazione diventera' un guscio vuoto, buono solo per i romantici e per i nostalgici di AN. Come tutti i gusci vuoti pero' costera' molto a mantenerlo per cui alla fine si arrivera' alla cerimonia finale, trovando una qualche formulazione onorevole per tutti. Altro fatto e' poi che la migliore risposta "locale" alla globalizzazione e' data dal livello economico-politico che corrisponde a quello dei distretti industriali. Un livello quindi sicuramente sub-regionale, in certi casi anche sub-provinciale. Molto vicino ai distretti di cui parlava Einaudi nel suo testo che ho mandato su Riformando:325 In effetti sostengo da tempo che esistano piu' livelli di federalismo, non uno solo. Esiste un livello di federalismo tra regioni (oggi regioni nazionali, domani macro-regioni europee) ed esiste un federalismo sub-regionale, composto da piccole provincie o da distretti. Questi a loro volta possono essere intesi come un livello di federalismo tra comuni. E' chiaro, almeno a me e spero anche per voi, che e' assolutamente irreale pensare ad un livello di federalismo diretto comuni-regioni (pensiamo alla lombardia con 1500 comuni) senza avere un forte livello intermedio, dotato di responsabilita' ed autorita' (non quindi un livello amministrativo, come ora, ma un livello fortemente politico). Le sfide della globalizzazione quindi implicano non solo una nuova politica (terza via) ma anche nuove strutture in cui operare, per rendere effettive, efficaci, efficienti, quella politica. Qui alcuni paesi europei sono avanti. La Germania, con i forti poteri comunali e distrettuali di cui pochi parlano, distratti come sono da discorso "laender", l'Austria e la Svizzera sono gia' strutturati da tempo con forti poteri politici locali, dotati un misura differente ma significativa di finanza locale autonoma. Altri paesi come il Belgio, la Spagna ed ora anche il Regno Unito, si stanno avviando a buon ritmo verso ampi spazi di autonomia o devolution. Francia ed Italia, dove piu' forte e' l'influsso ideologico giacobino dello Stato "uno ed indivisibile" sono in netto ritardo. In questo ritardo a mio avviso vi e' anche la complicita' di parte della sinistra, quella che non guarda alla terza via ma, come dice Giddens, cerca di opporsi alla globalizzazione ed ha bisogno per questo (pensa) di forti stati nazionali. In questo e' paradossalmente aiutata dalla grande industria, che teme di perdere il referente nazionale che in tanti anni l'ha aiutata. Per contro invece la piccola e media industria e' quella che piu' spinge per un micro-federalismo a livello di distretti industriali come arma, unita alla struttura reticolare di Internet, per competere. Una competizione che avviene attraverso la cooperazione locale (cooperare per competere) e che per questo ha bisogno di avere referenti politici (non solo amministrativi) locali che possano interagire, decidere, investire, creare strutture, predisporre servizi. E questo e' un punto di forza del federalismo. Una struttura cooperativa basata sulla sussidiarieta' e sulla autorita' dei poteri locali. A questo punto occorre chiudere il cerchio. Una delle riflessioni da fare a mio avviso sul federalismo e che esso e' un sistema equilibrato ed equilibrante. Il fatto che l'Italia sia pero' un paese dai profondi e crescenti squilibri (pensiamo a quelli nord-sud) diventa al tempo stesso un fattore che richiede il federalismo (come cura) ma anche un ostacolo, o per lo meno alcuni lo pensano o si pongono il dilemma. In un sistema federale ad esempio il welfare e' importantissimo per equilibrare e ridistribuire le risorse. Molte di piu' dei fondi di compensazione o perequazione di cui spesso si parla. Poiche' L'Italia, come e' noto, ha un welfare squlilibrato, il federalismo come sistema non basterebbe e si cercherebbe di ovviare con pesantissimi flussi perequativi, di cui pero' sappiamo l'inutilita' (cassa del mezzogiorno). Ecco che per la nuova sinistra, quella che cerca la terza via, federalismo e welfare sono le riforme basilari da sottoporre al paese. Saluti a tutti, Francesco Forti http://come.to/federalismo http://come.to/riforme ![]() |