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----- Original Message ----- From: Francesco Paolo Forti <francesco.forti@easyclub.ch> >...Invece noi dovremmo dare > ancora piu' peso ai rapporti tra cittadini e Comuni, tra Comuni e distretti o > Provincie, tra Provincie e Regioni. Ciò che rende forte e stabile una nazione > e' la stabilità dei suoi componenti, senza la quale e' difficile legare assieme > il tutto. Il vero federalismo quindi è quello che sapremo costruire dentro la > Lombardia, che magari sarà diverso da cio' che farà il Veneto o la Sicilia. > > Qui si potrebbe entrare nel vivo del dibattito tra federalismo dei piccoli > territori e dei grandi territori. Vero che la Germania ha grandi Länder ma > da qui non osserviamo la microstruttura, fatta di forti poteri comunali e > distrettuali. Lo stesso dicasi per gli Stati Uniti, di cui osserviamo i 50 Stati > (43 dei quali sono meno popolosi della Lombardia) ma di cui troppo ... Questa impostazione mi sembra veramente interessante: non è la prima volta che ne parliamo, ma è importante discuterne con questo livello di chiarezza e determinazione. Io, personalmente, non sono sufficientemente addentro alle questioni e alle analisi comparate dei vari federalismi attuati nei vari stati, e dunque mi limito a porre qualche problema, in sintonia con quanto dice Francesco. O meglio, qualche domanda, qualche riflessione, che non ha da parte mia una risposta univoca o predeterminata, e non intende sostenere nessuna speciale tesi. Per esempio, il localismo americano, opportunamente sopra ricordato. Da un lato, questo tipo di localismo assicura certamente un collegamento diretto tra amministarti e amministratori. Tutta l'articolazione della politica americana, in definitiva, tende ad essere improntata al modello della democrazia diretta, compresa ad esempio l'elettività di giudici e sceriffi e altre figure pubbliche. A questa impostazione corrisponde il background storico e civile della Common Law, la quale anch'essa si fonda sostanzialmente sulla sovranità ultima del concetto di autonomia locale - per certi versi perfino "tribale", visto che la sua genesi viene tradizionalmente fatta risalire al diritto "individualistico" germanico, contrapposto a quello "statalistico" romano. Una contrapposizione che si conferma anche nella imostazione etica di questa cultura civile e giuridica, la quale ha per lungo tempo avuto le stimmate dell'etica protestante e calvinista, specialmente per quanto riguarda il concetto di responsabilità individuale. C'è insomma una base culturale e storica che sostiene quest'articolazione, la quale non è dunque una semplice scelta accademica o efficientistica o politologica. E' in effetti difficile contestare che queste forme di democrazia diretta siano, almeno in teoria, le più adeguate a rappresentare la volontà e il giudizio dei cittadini, secondo le regole dei meccanismi maggioritari in senso lato - e il fatto che la democrazia consiste in questa imposizione di volontà è un vero e proprio dogma della cultura civile americana e anglosassone. Con questo dogma hanno sempre avuto a che fare coloro che, nella società americana, si sono trovati nella necessità riformare vari aspetti della legislazione o di sostenere alcuni valori, che andavano contro una certa visione tradizionale più o meno radicata nella popolazione: in gran parte, insomma, questo è stato ed è ancora uno dei principali ostacoli per i liberal americani. In realtà, l'unico settore dove il dogma è stato infranto in modo sostanziale riguarda la legislazione di tipo economico e commerciale, di fronte al fatto che ad un certo punto la diversità localistica delle norme rendeva piuttosto arduo il rispetto dei contratti e dei commerci. Mi chiedo se noi europei - noi italiani, specialmente - saremmo disposti ad assistere a una serie di fenomeni, che possono sembrare soltanto curiosi quando si verificano nel Middle West, ma che potrebbero risultare inaccettabili vissuti da vicino: la discrezionalità di sceriffi e giudici di contea, che rappresentano quella specie di sovranità tribale così essenziale nella democrazia americana, per esempio; o il controllo dei pubblici ministeri da parte dell'opinione pubblica, secondo criteri che sarebbe forse eufemistico definire giustizialisti (o innocentisti); il ribaltamento di alcuni valori politici e civili fondamentali, a seconda delle regioni e dei municipi in cui ci si trova. Non che questa diversificazione deriverebbe dall'assorbimento di un "modello" - quello americano - ma semmai deriverebbe dal meccanismo stesso del localismo, dilatato ed esaltato dagli strumenti della democrazia diretta: gli esempi riportati derivano certamente dall'esperienza americana, ma l'Europa e l'Italia troverebbero sicuramente le loro evenienze specifiche. Il "modello europeo", in effetti, ha dato già numerose e antiche prove di sé, non essendo il federalismo una esclusività americana - e infatti nel nostro dibattito si fa spesso riferimento alla Germania, alla Svizzera e ad altri paesi. Ma è anche vero che l'interpretazione europea della democrazia è molto meno "localistica" di quella americana, e soprattutto non mette al centro del sistema politico (federale o meno che sia) il dogma della "volontà popolare" diretta e sovrana: l'idea della democrazia (e del diritto)che si attua in Europa ha delle forti componenti "etiche", ossia il potere politico, le istituzioni, la legge sono considerate strumenti che servono ad attuare alcuni valori etici che prescindono da una "volontà popolare". Anzi, è una costante di tutta la storia delle democrazie europee la preoccupazione di sottrarre al giudizio mutevole delle maggioranze elettorali questi "principi etici" fondamentali - che trova una corrispondenza nel concetto di "equità" su cui non solo si fonda il diritto romano, ma che caratterizza il nostro modo di pensare e di giudicare le stesse vicende della vita e i rapporti sociali. Questa impostazione europeo-continentale della democrazia mi sembra che si stia manifestando in modo tipico nel caso Haider, per esempio, il quale arriva a puntino per suscitare un discorso tutt'altro che contingente. La levata di scudi contro il neo-nazista della Carinzia, infatti, trova una sua radice proprio in questo tipo di concezione "etica" della democrazia, o meglio della costruzione di un soggetto politico qual'è l'Europa. Il fatto che siamo tutti d'accordo sulla nefandezza di alcuni comportamenti di Haider e di alcune sue posizioni, ci fa considerare ovvia la levata di scudi, ma nulla toglie al valore "centralistico" e in qualche modo "impositivo" di questa condanna. In un'ottica americana, io credo che sarebbe molto discutibile un simile intervento da parte del governo federale. Ci si potrebbe chiedere perché mai emerge insistentemente questo "modello americano", sia pure come semplice riferimento, visto che il federalismo ha una sua autonoma storia europea. A me sembra che questo succede perché l'unità europea spariglia molte situazioni consolidate (o che apparivano tali), e dunque oggettivamente propone un tipo di problemi non più legati semplicemente al decentramento amministrativo, ma problemi di più ampio respiro politico. In altri termini, si riapre l'antica questione delle etnie e dei localismi, quella questione si era in effetti faticosamente assestata con la creazione degli stati nazionali (alle patrie) fondati sul diritto, secondo il modello illuministico francese - stati federali o stati centralisti, a seconda dei casi, e ognuno con una storia e una cultura civile piuttosto diversa e complessa. La situazione americana si presenta come un'estrema semplificazione, rispetto alla complessità europea: proprio per questo, però, rappresenta un'angolazione visuale in qualche modo "neutra", che fa giustizia equanime di tutte le nostre stratificazioni e dell'intreccio delle nostre varie identità politiche. E' una tentazione forse irresistibile. Non è un caso che i radicali, proprio nella loro ultima versione estremisticamente liberista, si richiamino esattamente al modello americano, in accordo con la loro impostazione complessivamente trasversale e parossisticamente tesa a ricreare una sorta di "verginità istituzionale" nel nostro contesto politico. Come Francesco dice giustamente, finché esaminiamo le cose all'ingrosso, finiamo per parlare soltanto dei massimi sistemi o per grandi linee. Le questioni concrete, ossia le questioni importanti, quelle nelle quali i cittadini si troveranno una volta attuato un certo sistema o l'altro, queste questioni non arrivano mai ad essere trattate con l'attenzione dovuta ... e federalismo non significa soltanto decidere dove costruire le fontanelle o come ritirare i certificati dell'anagrafe, su questo mi pare che tutti siamo d'accordo da tempo. = Piero DM = ![]() |