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 Relazione al Congresso del Partito Popolare Italiano Saluti e Introduzione  
                 Carissimi,
                  
                  il Vostro caldo applauso mi fa sentire a casa mia.
                  E qui mi trovo a mio agio.
                  L’unica grande amarezza è che non vi sia qui tra noi Roberto 
                  Ruffilli, perché oggi sarebbe certo contento a veder prendere 
                  forma concreta il Suo progetto di democrazia matura, con due 
                  grandi coalizioni che si contrappongono e si propongono al “cittadino 
                  come arbitro”.
                  1.1 Il Paese ha bisogno di un governo che lo 
                  guidi fuori dalle secche e lo riporti in Europa.
                 
                  Questa è la prima colonna portante della proposta di governo 
                  che andiamo maturando. La seconda è quella che ci porta a 
                  comporre le ragioni della libertà (libertà economica, libertà 
                  d'impresa...) con quella della solidarietà.
                  Siamo fuori dallo SME; abbiamo i parametri fissati a Maastricht 
                  per partecipare all'unione economica monetaria fuori linea... 
                  e così potremmo continuare con dovizia di cifre...
                  Nondimeno, vi è qualcosa di ancora più grave: il rischio che 
                  uno dei paesi fondatori della Comunità rimanga fuori da questa 
                  sfida. L'Europa rischia di andare avanti senza di noi e questo 
                  per noi è inammissibile.
                  Durante i mesi del governo Berlusconi questo rischio era diventato 
                  altissimo.
                  Quando la CDU pubblica le "Riflessioni sulla politica europea" 
                  l'unica cosa che il Governo italiano sa fare è quella di urlare 
                  contro l'Europa a "due velocità", contro la nostra "condanna" 
                  alla serie B.
                  Ma per quale motivo il treno dovrebbe andare alla velocità 
                  del vagone più lento?
                  Questa è la corretta domanda da porsi ,credo.
                  Il Paese di De Gasperi -uno dei tre grandi sognatori- deve 
                  ritrovare la spinta e l'ispirazione degli inizi per correre 
                  veloci come gli altri grandi Paesi fondatori.
                  La nostra generazione ha beneficiato di questa costruzione: 
                  gli scambi commerciali sono divenuti più liberi; la circolazione 
                  delle persone si è enormemente semplificata; la crescita economica 
                  è stata incontestabile.
                  La nostra generazione allora ha il dovere -prima di tutto 
                  morale- di tramandare alle generazioni future questa eredità 
                  europea.
                  Questa è un'Europa, già oggi, in cui i nostri figli -solo 
                  per fare l'esempio dell'ERASMUS- possono spendere parte del 
                  loro curriculum di studi universitari all'estero, e vedersi 
                  riconosciuti gli esami là sostenuti per la loro laurea.
                  E gli esempi di quello che è l'Europa per la vita quotidiana 
                  di ognuno di noi sono ancora tantissimi.
                  Vogliamo noi arrestare questo processo?
                  Vogliamo noi accontentarci degli aspetti "commerciali" dell'Europa 
                  (l'area di libero scambio, lo spazio economico),oppure siamo 
                  fra coloro che vogliono un'Europa politica?
                  Verrà un giorno in cui ognuno dei Paesi dell'UE dovrà porsi 
                  questa domanda. Per chi, come noi, ha sempre creduto nell'Europa, 
                  nell'idea europea, il naturale coronamento del lungo tratto 
                  di strada fin qui percorso sarà l'Europa politica. Ovvero, la 
                  condivisione di una parte di sovranità degli stati membri.
                  Se questa, per molti versi, è la prospettiva naturale di medio 
                  e lungo periodo, oggi e nei prossimi mesi c'è da rimettere l'Italia 
                  sulla giusta via.
                  Oppure: ...c'è da continuare l'opera -intrapresa con merito 
                  dal Ministero Dini- di riportare l'Italia su un sentiero europeo.
                  Vi sono quindi alcune cose essenziali da fare subito per tornare 
                  a essere partecipi di questa sfida che è l'Unione europea:
                  a) il risanamento della nostra finanza pubblica (...); 
                  b) l'attuazione di una vera politica della concorrenza (...)
                  c) la riforma dello Stato e della pubblica amministrazione: 
                  qui ci sta dentro il nuovo regionalismo, riforma che va proprio 
                  incontro al disegno istituzionale della nuova Europa;
                  ma riforma dello Stato e della PA significa anche una seria 
                  opera di delegificazione.
                  Tutte queste cose, ed altre ancora, dobbiamo farle -non mi 
                  stancherò mai di ripeterlo- non solo e non tanto perché ce le 
                  chiede Bruxelles. Ma soprattutto perché ce lo chiede l'equità 
                  fra generazioni: che cosa altro significa, infatti, risanare 
                  il debito pubblico? mettere ordine nelle pensioni? rifare la 
                  scuola? passare ad un fisco che aiuti davvero la famiglia?
                  Rientrando a pieno titolo in Europa avremo qualche (molte) 
                  opportunità in più per dare risposte adeguate ai giganteschi 
                  problemi delle nostre società avanzate.
                  Pensiamo davvero di poter risolvere problemi quali la disoccupazione 
                  -in specie giovanile- quali l'immigrazione dai paesi del terzo 
                  mondo -in specie da quelli del bacino del Mediterraneo- al di 
                  fuori di un quadro europeo?
                  Nel concludere queste brevi riflessioni sull'Europa, vorrei 
                  parlare proprio della disoccupazione.
                  Anch'io, come Jacques Delors, penso che "se l'Europa si occupa 
                  della disoccupazione, pur non avendo ricette miracolose, questa 
                  costruzione europea così lontana, così complicata.....riassumerà 
                  almeno in parte sembianze umane".
                  Questo è il messaggio di fondo del "Libro Bianco" che il Presidente 
                  Delors ci ha lasciato quasi al termine del suo mandato.
                  Ne condivido interamente il piano di azione proposto, riassumibile 
                  in :
                  a) approfondimento del mercato interno;
                  b) realizzazione di grandi rete transeuropee per facilitare 
                  la circolazione: e oggi la cosa più importante che deve circolare 
                  è l'informazione;
                  c) un'elevazione nello sforzo di ricerca e sviluppo;
                  d) la continuazione del processo di unione economica e monetaria.
                  Del Libro Bianco condivido altresì le riflessioni che pone 
                  sul tappeto a cominciare da quella sull'istruzione: 
                  i nostri giovani devono stare più anni in classe, perché il 
                  loro futuro si gioca lì; 
                  i loro coetanei asiatici infatti sviluppano una formidabile 
                  capacità di apprendimento.
                  Un'altra cosa condivido del piano Delors: le politiche dell'occupazione:
                  a) più flessibilità ai nostri rigidissimi mercati del lavoro;
                  b) la "tassa sull'inquinamento per abbassare -con i proventi 
                  che darà- il costo del lavoro non qualificato; 
                  c) maggior enfasi sulle politiche attive del lavoro, anziché 
                  solo sulle passive (sussidio disoccupazione, cassa integrazione). 
                 
 
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