La
coalizione democratica che stiamo costruendo per l'alternativa
alla destra
Alla grande domanda di governo non può venire alcuna risposta
dalla destra.
A questa domanda, che esige la partecipazione ed il contributo
di tutti i cittadini, non può essere data risposta da una democrazia
plebiscitaria. Da un capo solitario che parla ad un popolo inteso
come plebe.
Con l'arroganza che deriva dall'assoluto controllo dei mass
media che un giorno mette in vendita e che il giorno dopo ritira
dal mercato.
Questa è una concezione che ci riporta all'autoritarismo e
alla dittatura.
E' una concezione che la cultura da cui veniamo ha rifiutato
da sempre.
Di prove di arroganza ne abbiamo avute a sufficienza.
All'indomani del conferimento dell'incarico di governo, Berlusconi
aveva promesso di affrontare il problema del conflitto di interessi
fra il suo ruolo di politico e quello di proprietario della
maggioranza delle reti televisive italiane.
Sono passati 14 mesi e l'unica proposta è stata la rinnovata
arroganza nel rimanere proprietario di tre reti televisive (e
di volere ad ogni costo mantenere il suo controllo sulle altre
tre).
La destra italiana, liberista a parola
e protezionista di fatto
La coalizione di destra è contemporaneamente liberista (a parole)
e protezionista (nei fatti).
Per noi l'Europa è uno strumento per aprirsi al mondo.
Per loro è uno strumento per isolarsi dal mondo.
Per loro la solidarietà è un residuo, per noi è parte del
concetto di società.
Fra noi e loro c'è un abisso nella concezione e nella pratica
della democrazia.
La destra italiana è incapace di pensare al futuro.
E' inchiodata al presente. La civiltà televisiva vive alla
giornata.
In una riduzione dell'orizzonte spaziale e temporale. Non
guarda al mondo, se non quando pensa che le reti televisive
che trasmettono in diverse lingue possono farsi concorrenza
fra di loro.
L'unità delle forze democratiche e
la loro capacità di vincere
Di fronte ad una sfida di questo tipo la domanda di governo
è strettamente legata alla domanda di unità delle forze democratiche.
Dobbiamo superare le divisioni che sono state la causa della
sconfitta elettorale del 1994 e rispondere con l'unità alla
domanda di unità.
Per rispondere a questa domanda del Paese dobbiamo costruire
con urgenza nuove forme di cooperazione.
Cooperazione tra diverse identità culturali che hanno un identico
obiettivo politico.
E' un obiettivo di lungo periodo che, nella mia speranza potrà
un giorno arrivare alla trasformazione di questa coalizione
in un unico grande partito democratico.
Ma questa è una prospettiva ancora molto lontana.
La coalizione quindi non è qualcosa di provvisorio. Non è
un treno in cui si sale e si scende dopo aver usufruito del
servizio. E nemmeno è una semplice alleanza contro un tiranno.
Tuttavia è chiaro che questa coalizione non nasce da calcoli
di convenienza o dalla necessità della legge elettorale.
Ma dalla comune consapevolezza che questo paese ha bisogno
di una guida forte, stabile e unitaria.
E' una coalizione costruita sì per vincere le elezioni, ma
soprattutto per dare una guida al Paese.
Ma è anche una coalizione che sa vincere in tutte le prove
elettorali: nelle politiche suppletive; nelle elezioni amministrative
generali; nelle ultime prove del Trentino-Alto Adige.
E' una coalizione che sa vincere nelle regioni dove il PDS
ha una posizione di forza e nelle regioni tradizionalmente bianche.
Vince a Bologna, ma vince col 70% nella provincia di Belluno
(dove il PDS ha il 15%) e vince al primo turno, col 53%, al
comune di Trento (dove il PDS ha solo il 15%).
La coalizione è nata... e non è una
società per azioni
Dall'8 giugno la coalizione è nata ufficialmente.
Essa deve definire le proprie strutture e le proprie regole.
La coalizione deve essere una realtà unitaria.
- Non una federazione di soggetti estranei fra di loro.
- Non una Spa nella quale sia possibile individuare amministratori
delegati o azionisti di riferimento.
L'olivo è il simbolo di questa coalizione e i "Comitati per
l'Italia che vogliamo" tuttora nascono e si moltiplicano al
servizio delle coalizione e della sua unità.
I Comitati non vogliono essere un partito tra i partiti. Sono
il luogo in cui i diversi apporti alla coalizione democratica
si unificano prescindendo dalle organizzazioni di provenienza.
La ricchezza della coalizione democratica è proprio data dalla
pluralità dei soggetti che la costituiscono: la tradizione del
socialismo democratico, la tradizione del cattolicesimo democratico,
la tradizione del liberalismo democratico, la tradizione repubblicana,
e la cultura ambientalistica, si debbono unire assieme sia nel
momento elettorale che nel momento del governo.
Prepariamoci quindi ad approfondire, nelle direzioni prima
delineate, il programma di governo. Ma prepariamoci anche ad
una battaglia elettorale che sarà lunga e difficile.
Non sappiamo quando queste elezioni si terranno. Ci possono
essere su queste anche diverse valutazioni e diversi interessi
tra le forze della coalizione.
Questo non impedisce di cercare la solidità e l'efficacia
della coalizione stessa.
E' diritto dei partiti indicare la data che essi ritengono
più idonea per la consultazione elettorale, ma le elezioni si
terranno quando lo deciderà il Presidente della Repubblica e
nel momento in cui il Parlamento non sarà più in grado di dare
una risposta ai problemi del Paese.
Con chi andremo alle elezioni?
Una coalizione va alle elezioni con un programma preciso e
condiviso.
Non si può andare con un programma incerto. Un governo non
può avere due programmi. Il programma elettorale é il programma
del governo.
In democrazia è doveroso aprire confronti ma essi debbono
essere chiari ed aperti.
Con Rifondazione e Lega ci sarà quindi un confronto chiaro
ed aperto.
Noi rispettiamo il loro complicato travaglio ed aspettiamo
che siano essi a risolvere i loro difficili problemi interni.
E' doveroso quindi prepararci alla campagna elettorale con
grande tempestività.
Dobbiamo iniziare a esaminare in anticipo le caratteristiche
e i problemi dei 475 collegi elettorali maggioritari della Camera
e dei 230 del Senato.
E questo per servire la coalizione non per portare avanti
nostri particolari interessi, che non abbiamo.
La lunga traversata davanti a noi
I Comitati sono al servizio della coalizione ed è su questo
che debbono concentrare il loro lavoro.
Essi non vogliono formare un piccolo partito perché sono lo
strumento dell'unità della coalizione nella sua interezza.
E nemmeno pretendono o desiderano rilasciare certificati di
qualità ai candidati.
E nemmeno vogliono essere il luogo dove sono scelte le candidature.
Dove hanno cominciato a lavorare i Comitati, dove essi hanno
fatto il loro dovere il clima politico è però cambiato.
Si opera insieme, cadono antiche barriere, si elaborano nuove
idee, si sta creando un modo di lavoro diverso.
Stiamo cambiando la politica.
Noi non svolgiamo una funzione di mediazione fra i partiti.
Noi siamo al servizio della coalizione.
Se le elezioni amministrative hanno segnato un cambiamento
nella vita del Paese è anche perché abbiamo offerto a tutti
gli italiani una grande speranza.
La speranza di rifare l'Italia.
Noi non ci sentiamo certo di rilasciare certificati di qualità
per nessun candidato.
Vogliamo però che le scelte avvengano alla luce del sole,
in modo da fare emergere le persone più rappresentative e più
capaci di vincere nella gara elettorale.
Esiste infatti uno spazio dei partiti ed uno spazio della
coalizione.
C'è nella scheda elettorale la parte proporzionale nella quale
debbono essere rappresentate le distinte identità dei partiti
che hanno promosso la coalizione.
C'è nella scheda la parte maggioritaria (che è la parte dell'olivo)
nella quale deve prevalere lo spirito di unità, di originalità
e di capacità di rappresentanza della coalizione.
I candidati di tutti noi (cioè dell'intera coalizione) dovranno
essere scelti non facendo riferimento a sigle, quote e diritti
acquisiti, ma per la loro capacità di rappresentare il Paese.
Oggi ci lasciamo quindi con questi grandi compiti.
Il primo è quello di lavorare tutti assieme per il programma.
Il programma di portare l'Italia nel mondo.
C'è bisogno di tutta l'unità e di tutta la creatività di cui
siamo capaci.
Il rischio che abbiamo è che questa grande missione venga
frenata dal modo con cui è organizzato il nostro Stato.
Ed è per questo che dobbiamo costruire le proposte per rifare
lo Stato.
L'altro rischio è che questo passaggio lasci alle sue spalle
i deboli.
Noi, che siamo qui tutti assieme, siamo impazienti di raggiungere
la nuova frontiera.
Nella lunga traversata del deserto che ci sta davanti non
abbandoneremo però ai margini della pista né un solo vecchio
né un solo malato.
Questo non appartiene alla nostra tradizione.
A queste tradizioni intendiamo essere fedeli.
Il secondo compito è quello di aiutare a fare crescere le
donne e gli uomini per questa nuova politica.
Il nostro contributo non è sederci attorno ad un tavolo per
trattare dei posti di potere ma per portare avanti le cose in
cui noi crediamo.
Noi non cerchiamo quindi il biglietto per sederci ai tavoli
del sottogoverno, ma dobbiamo invece preparare le donne e gli
uomini che hanno scelto di costruire l'Italia che vogliamo.
Grazie.