In un programma di governo
non si vendono illusioni o sogni ma si propongono azioni possibili
e tra loro compatibili.
In questi mesi non siamo perciò rimasti in attesa di eventi
miracolosi ma abbiamo lavorato per prepararci a rinnovare l'Italia.
Attorno all'Ulivo si sono raccolte le migliori energie delle
società e le grandi tradizioni politiche e culturali del nostro
Paese: adesso siamo pronti per aiutare l'Italia ad essere protagonista
del prossimo millennio.
Il programma dell'Ulivo non è una semplice mediazione tra
le radici che ne stanno alla base: ognuno ha apportato il meglio
del proprio passato per costruire una nuova comune cultura di
governo.
Non è stato un cammino semplice perché il governo è il luogo
in cui si deve rispondere alla complessità della società.
Siamo però arrivati a risposte realistiche e possibili che
affidano a tutti noi un grande compito e una grande responsabilità,
ma anche una grande speranza: la speranza di uscire dall'incertezza.
Dall'incertezza si può però uscire solo tutti assieme, con
più partecipazione, con più democrazia.
Il mercato e le regole
Solo un libero mercato, con regole chiare e trasparenti, è
in grado di permettere a tutti di partecipare alla vita della
società.
Il mercato è il luogo della libertà, delle parità di condizioni,
della massima espressione di tutti i cittadini, ma è anche un
luogo di regole severe che impediscono le sopraffazioni e combattono
l'illegalità.
In questo modo il mercato, guidato dalle regole, diviene il
luogo di diffusione e redistribuzione del potere, impedendo
la creazione di monopoli e l'abuso delle posizioni dominanti.
Il mercato che noi vogliamo chiede quindi uno stato come arbitro,
uno stato che non interviene come giocatore tra gli altri ma
che determina e fa rispettare le regole della concorrenza in
tutti i settori.
Il ruolo che affidiamo al mercato non si esime infatti dall'osservare
che solo i paesi con strutture pubbliche forti e intelligenti
sono capaci di costruire e conservare un elevato livello di
benessere.
Uno stato non intrusivo ma intelligente, fatto di cervello
e non di muscoli, uno stato "leggero" che diventa lo stato delle
regole.
Unità nazionale ed identità locali
La prima condizione per favorire il cammino verso lo stato
leggero è una nuova distribuzione di responsabilità fra Stato
centrale, regioni ed enti locali.
E' una rivoluzione completa che trova simbolo e concretezza
nella creazione, durante la prossima legislatura, della Camera
delle Regioni in sostituzione del Senato della Repubblica.
La nostra democrazia nasce infatti non da principi generali,
ma dalle esperienze concrete della vita delle città e delle
autonomie locali. Non si sviluppa dall'alto verso il basso,
ma dal basso verso l'alto.
In Italia ogni paese, ogni città, ogni regione ha la sua identità
e l'unità nazionale si arricchisce attraverso l'integrazione
di queste diverse identità.
La moderna tecnologia e soprattutto la rivoluzione dell'informazione
permettono oggi a ciascuna di queste separate identità di essere
sempre al centro di un sistema economico che si estende non
solo nell'intero Paese, ma nell'intero mondo.
Il nostro programma di governo è quello di costruire un paese
in cui lo sviluppo e l'innovazione possano essere ovunque, in
cui non vi sia un centro e una periferia.
Il dinamismo delle regioni un tempo periferiche come il Veneto,
l'Emilia e le Marche dimostra come ciò sia possibile.
Si dovrà però sviluppare, proprio nel rispetto e nell'autonomia
delle diverse regioni, una costante preoccupazione per ricucire
il Sud e il Nord, attraverso collaborazioni nuove, anche di
piccole dimensioni, che abbiano come protagonista le diverse
realtà locali.
Le città e le periferie
Ripartire dal basso significa rendere sicure e gradevoli le
nostre città soprattutto le grandi e le piccole periferie, che
sono divenute il luogo di sofferenza del Paese.
In questo secondo dopoguerra l'Italia è diventata più brutta.
Per la prima volta nella sua storia, lo sviluppo urbano è
strumento di oppressione e di violenza sull'uomo e sul territorio
e non di bellezza e di miglioramento di vita.
Ogni nostra energia deve dirigersi a riparare questo drammatico
disastro ambientale ed umano: le città, ma soprattutto le periferie,
debbono ritornare vivibili, perché ristrutturate e gradevoli,
con spazi e orari costruiti a misura delle famiglie, dei bambini,
delle donne e degli anziani.
Le città e le periferie debbono ritornare sicure: non possono
più essere il luogo della paura.
La qualità della vita dei cittadini può essere migliorata
solo se, accanto alla preoccupazione per l'efficienza e la produttività
del sistema, si sviluppa un impegno altrettanto profondo per
la protezione e la promozione delle categorie più deboli.
Una comunità a difesa di tutti i cittadini
Il miglioramento qualitativo dello stato sociale, pur attraverso
un intensificato impegno dei cittadini che di esso usufruiscono,
rimane infatti, anche in un periodo di accentuata concorrenza
internazionale, uno dei grandi obiettivi di uno stato moderno.
Uno "Stato sociale" compatibile chiama in gioco soggetti diversi,
promuove collaborazioni fra pubblico e privato, ma conserva
alla parte pubblica il ruolo di indirizzo e di controllo della
garanzia del rispetto dei diritti sociali dei cittadini e degli
obiettivi di equità.
Uno Stato che difenda il diritto di tutti ad iniziare con
pari opportunità la corsa, è l'unica forma di Stato che di permetterà
di creare le condizioni per appianare le disparità tra uomo
e donna, per avviare a soluzione i gravi problemi occupazionali
e produttivi del Mezzogiorno.
Le risorse umane per il domani
Non possiamo però entrare nel nuovo secolo con le risorse
umane di oggi. Queste semplicemente non bastano.
Allora bisogna rifare la scuola che è la fonte e l'origine
di ogni ricchezza.
Rifarla allungando l'obbligo scolastico, modificando i programmi,
creando nuovi indirizzi per le nuove professioni, aprendola
alla società civile, rendendola più autonoma, affidando nuove
responsabilità agli insegnanti ed agli studenti, realizzando
una completa autonomia universitaria, portando l'insegnamento
e la ricerca al centro di ogni nostra attenzione.
La scuola è lo strumento per la costruzione del nostro domani
ed è il modo con cui offriamo davvero a tutti l'opportunità
di partecipare alla gara della vita.
Solo con la scuola possiamo trasmettere il senso del futuro
che abbiamo perduto in questi anni, nei quali è contato solo
il presente e si è perso la gioia e la responsabilità di progettare.
Progettare il futuro
Progettare il futuro significa anche assumerci la responsabilità
di garantire le reti connettive di questo futuro. Non solo trasporti
e telecomunicazioni, ma anche acqua e internet: le reti vecchie
e le reti nuove che sostengono la vita e l'economia e uniscono
fra di loro gli italiani e li mettono in collegamento con il
mondo.
Noi vogliamo governare l'Italia con un disegno ambizioso e
coerente, semplificando lo stato e trasformandolo senza forti
promesse che non possiamo mantenere almeno fino al nostro ingresso
in Europa. Non sono infetti possibili crolli del peso fiscale,
se non per la parte che ci obblighiamo con durezza e immediatezza
a togliere all'evasione.
Il futuro è in Europa
Noi vogliamo governare il paese per cinque anni e riportarlo
nel cuore dell'Europa. La nostra proposta è di profonda impronta
europea.
Lo è nell'ispirazione di fondo: vogliamo senza esitazioni
guidare il Paese - uno dei sei fondatori della Comunità - verso
le nuove mete dell'Europa: non solo l'Unione Economica e Monetaria
ma, soprattutto, l'Europa politica.
Lo è nella parte economico e sociale, che si lega direttamente
alla migliore tradizione del nostro continente che, nella gestione
della finanza pubblica e del Welfare State, si sforza in ogni
momento di conciliare rigore, efficienza ed equità.
Non solo per creare una società più giusta, ma anche una società
più ricca.
Risanare il bilancio per ricostruire il Paese
Trasmettere il senso del futuro significa anche affrontare
il problema del debito pubblico, problema che va ben al di là
degli aspetti puramente economici.
Quando un Paese vive sotto una montagna di debiti più alta
della stessa ricchezza che esso produce, tutto è a rischio.
E' a rischio l'equità fra le generazioni, è a rischio la distribuzione
del reddito, è a rischio la possibilità di investimenti, è a
rischio la crescita economica ed è a rischio l'occupazione.
La società italiana, di fronte ad un programma coerente e
realistico, è disposta a capire che il sentiero di risanamento
è una via obbligata a condizione che si indichi il punto d'arrivo,
che la gente intravveda una nuova primavera.
La risposta politica dell'Ulivo
La società italiana non è più disposta a credere alla demagogia
incoerente della destra, ai venditori ambulanti di prosperità.
Per raggiungere questi obiettivi non solo dobbiamo ricostruire
l'autorità delle istituzioni, ma anche l'autorevolezza delle
competenze, tanto umiliate nella vita pubblica italiana.
Nel governo del Paese questa autorevolezza deve essere riconosciuta
solo a chi ha dimostrato le capacità necessarie.
Una grande discussione popolare
In questi mesi abbiamo mobilitato le migliori competenze presenti
nella nostra società: quelle competenze che, finora, un sistema
politico chiuso aveva lasciato ai margini.
Siamo rimasti perfino sorpresi dalla quantità e dalla qualità
dei contributi intellettuali che sono stati offerti al programma
dell'Ulivo e che utilizzeremo in modo molto più vasto di quello
che non è contenuto nelle tesi che oggi presentiamo.
Queste tesi saranno discusse ed approfondite da centinaia
di migliaia di italiani.
E' il modo migliore e più profondo per riprendere a fare politica
e per aiutare a fare emergere una nuova classe dirigente per
questa difficile fase del Paese.
Vi saranno riunioni a livello di comune e di collegio per
gli approfondimenti dei contenuti delle tesi e riunioni a livello
provinciale che culmineranno con l'elezione dei delegati che,
nella Convenzione nazionale, approveranno definitivamente il
programma sul quale avvieremo il nostro confronto con le diverse
espressioni della società civile.
Arricchito dall'apporto di tanti voci, il programma sarà infine
portato in una forma rinnovata di fronte al giudizio di tutti
gli elettori ma, soprattutto, costituirà la base per cinque
anni di governo del Paese.
Romano Prodi