La storia de L'Ulivo: L'INIZIO

Nel Segno dell'olivo
di Romano Prodi
Bologna, 6 marzo 1995

L'Olivo e' forte, resistente, ben radicato nella sua terra. E` l'albero di un'Europa mediterranea, che conosce il mare e la montagna, la pianura, i laghi e le colline. Ama il sole e resiste all'inverno. Abbiamo scelto questo simbolo perche` finora l'unico albero della politica italiana era la Quercia, e occorreva un'altra pianta politica che le si affiancasse, per mostrare che la varieta', cioe' una differenza compatibile, e' una ricchezza da condividere. Gli alberi, come gli uomini, possono convivere, se trovano un terreno comune. Ma sia chiaro che non serve a molto concentrarsi solo sui simboli. Forse nessuno ricorda piu' che lo scudo crociato democristiano fu mutuato dagli emblemi innalzati nella battaglia di Legnano, nel 1176, dalle forze della Lega lombarda contro l'imperatore Federico Barbarossa. Fra il Carroccio di Umberto Bossi e il simbolo della Dc non c'era insomma molta distanza. Come si vede, in filigrana, nella storia, si possono leggere molte Ironie. E i simboli valgono qualcosa solo in quanto sintetizzano una proposta.

Le ragioni e i tratti fondamentali della mia proposta si possono leggere nelle pagine che seguono. Cio' che invece vorrei rendere esplicito in questa introduzione e' il clima in cui l'Olivo e' nato. E' stato subito un clima ad un tempo di sollievo e di entusiasmo; di sollievo perche` finiva la politica a senso unico; e di un entusiasmo grande, generalizzato, diffuso a tutte le regioni italiane. Al punto che ho pensato che non poteva essere semplicemente la mia candidatura o la mia figura pubblica a provocare quell'atmosfera di improvvisa festa politica. Era, adesso me lo spiego cosi', la sensazione che attraverso il mio impegno si cominciava a riempire un vuoto.

Un vuoto al centro dello schieramento politico, in primo luogo, un centro ancora frastornato dalla sconfitta di Segni e Martinazzoli il 27-28 marzo 1994, allorche` sei milioni di voti centristi erano stati sacrificati alla ferrea legge del sistema maggioritario. E un vuoto a sinistra: non occorrono molte analisi per sottolineare che una delle ragioni principali della sconfitta elettorale dei progressisti e' dipesa dall'incapacita' di individuare e proporre un leader come credibile candidato alla gestione del paese

Dal giorno di quella sconfitta, dal 27 marzo in poi, sono accadute molte cose. Il governo Berlusconi ha drammaticamente fallito il suo compito, perdendosi in una vana contesa con la Lega e imputando il proprio fallimento politico al cosiddettotradimento di Bossi. A destra, si sono manifestati con grande evidenza orientamenti politici tali da generare profonda inquietudine, malgrado la rapidissima metamorfosi liberale di Alleanza Nazionale realizzata con il congresso di Fiuggi: il Polo ha rivelato in modo via via piu' esplicito la propria natura politica intrisa di radicalismo. Non era una destra europea, liberale, magari neoconservatrice o thatcheriana, no, appariva sempre piu' come una forza politica interessata piu' che altro al mantenimento del potere. Sul piano dei contenuti di governo, la gerarchia di priorita' scelta dal governo Berlusconi era stata - e' il meno che si possa dire - una dimostrazione di bizzarria, con il decreto Biondi e l'occupazione manu militari della Rai scelti come prova di forza, anziche` puntare sull'intervento di stabilizzazione dell'economia. Le riforme annunciate, dal fisco alla scuola, sono rimaste a uno stadio molto preliminare (come nel caso del Libro Bianco di Giulio Tremonti) e hanno trovato espressione soltanto nelle numerosissime e vacue dichiarazioni dei ministri (come nel caso di Francesco D'Onofrio). Quelle perseguite operativamente, come per cio` che ha riguardato il sistema pensionistico, sono state pensate senza il contrappeso di misure equitative, e quindi hanno dato il via a un conflitto sociale assai aspro.

Cio' nonostante, malgrado i numerosi errori, le Caporetto, gli arretramenti rovinosi del governo di destra, sembrava impossibile potersi misurare contro la forza schiacciante del Polo, dotato di un arsenale televisivo impressionante e, a quanto si capiva dai sondaggi, di una maggioranza nell'opinione pubblica che nulla sembrava in grado di scalfire, forse nemmeno le improvvide e impopolari campagne contro i magistrati di Mani Pulite.

Invece, quando e' nata la mia candidatura, le cose hanno cominciato a cambiare, qualche assetto a scomporsi, qualche preferenza a cambiare segno. Credo che si possa ragionevolmente pensare, infatti, che esista un ampio elettorato moderato che ha trovato una collocazione nel Polo soltanto perche` non si sentiva rassicurato dai progressisti, o perche` riteneva inutile un voto al centro nell'ambito di un sistema elettorale maggioritario. L'Olivo vuole offrire i suoi rami e i suoi frutti anche a questa parte della societa' italiana. Che oggi probabilmente e' delusa, e che rischia di farsi incantare dalla musica di sirene politiche ancora piu' a destra di Berlusconi, alla ricerca di un principio di sicurezza. Noi ci rivolgiamo a questo elettorato moderato, di cui conosciamo le paure e le attese, per dire che se il destino italiano non risiede in una parodia del neoliberalismo anglosassone, non risiede nemmeno in una destra post-clientelare, caratterizzata da rancori anti-europei, intrinsecamente portata alla chiusura verso i mercati e ad atteggiamenti protezionistici.

Il futuro italiano, in questo momento, puo' trovare una prospettiva razionale solo se alcune forze politiche, e contemporaneamente alcune componenti sociali, trovano l'intelligenza per incontrarsi e per accordarsi su un'ipotesi politica, un orizzonte civile di confronto, un equilibrato programma di sviluppo.

Il fatto e' che finora il sistema politico e' rimasto zoppo. La destra si e' compattata: c'e' il Polo, con tutte le sue sfumature politiche, ma caratterizzato soprattutto dalla sua leadership, e quindi portato a sommare elementi contraddittori e a risolverli con decisionismi che possono rivelarsi virtualmente rovinosi. Il proclamato liberalismo del Polo ha partorito il decreto "salvaladri", la propensione al comando piu' che al governo ha prodotto l'occupazione della Rai, gli attacchi alla Banca d'Italia e alla Magistratura hanno sortito un conflitto mai visto con la piu' alta istituzione dello Stato. Il carattere provincialmente thatcheriano del governo Berlusconi ha condotto allo scontro con i sindacati sulla riforma del sistema previdenziale, e i residui cromosomi democristiani hanno portato all'abbandono della riforma stessa.

Infine, si e' assistito alla distruttiva operazione contro il governo Dini, che ha travolto la nostra moneta.

Eppure, fuori dal Polo c'erano solo partiti che sembravano condannati a perdere. E` al centro e a sinistra, dunque, che occorre guardare per trovare un'occasione e uno strumento per ridare una speranza all'Italia. Deve nascere un accordo e bisogna costruire un programma da proporre a tutti gli italiani, in modo che la sensibilita' sociale di una sinistra autenticamente moderna possa incontrarsi con il liberalismo di un centro capace di interpretare con efficacia il bisogno di modernita' del nostro paese.

Cio' che puo' davvero risultare vincente e' mettere insieme mercato e solidarieta', liberta' e attenzione ai soggetti deboli della societa', efficienza e preoccupazione per chi e' svantaggiato. E` stato detto che incrociare solidarieta' ed efficienza e' il minimo che si possa fare, dal momento che occorre erogare la stessa quantita' di servizi in una fase di calo delle risorse disponibili: come dire, e' poco piu' che un obbligo, non e' ancora un'offerta politica.

Tuttavia se pensiamo al profilo della societa' che vogliamo, dovremmo accorgerci che c'e' lo spazio per una proposta liberale capace di fare coincidere alcune culture, l'umanesimo cattolico, il riformismo laico, la cultura laburista. Ma occupare questo spazio non e' qualcosa di automatico, non e' semplicemente la somma algebrica di costi e benefici politici, in cui ogni parte opera un calcolo d'interesse. Questo spazio bisogna costruirlo e costruirlo con saggezza. Perche` e' la sola alternativa al vuoto del berlusconismo, o alla demagogica destra "sociale e cristiana" di Fini. E ancora: e' il solo strumento che ci offre la possibilita' di restare aggrappati all'Europa.

Da' subito fastidio, l'Olivo. E per questo che Silvio Berlusconi tenta di ignorarlo. Lo sminuisce. Vuole misurare la politica solo sui rapporti di forza, come in uno scontro di eserciti ottocenteschi. Non vuole nessuno fra il Biscione e la Quercia. Il suo sogno probabilmente sarebbe di liquidare quanto prima la nostra esperienza, in modo da consegnare tutto l'arco delle forze non di destra all'etichetta anacronistica del comunismo.

E invece, lo stiamo vedendo, questa esperienza cresce e si rafforza. Si impone come traccia di orientamento politico in ambito cattolico a dispetto delle incertezze ufficiali del Partito Popolare. Ho l'impressione che piaccia immediatamente ai cittadini perche` in essa trovano un'espressione moderata del loro bisogno di modernita'. Capiscono subito che non e' nostra intenzione attuare esperimenti politici ed economici radicali. il protagonista del romanzo di Koestler B. Mezzogiorno, un comunista incarcerato e poi condannato ingiustamente a morte, riassumeva cosi' il senso della Rivoluzione d'Ottobre e del suo fallimento: "Abbiamo voluto fare della storia un esperimento di fisica". La storia si ribella, quando si pretende di imbrigliarla in formule. Ma anche i vessilliferi dell'ultraliberismo, che applicano i loro ideologismi senza sapere che si tratta di ideologismi, e non di verita' indiscusse, in fondo trattano la societa' come un laboratorio di sperimentazione, in cui, come sosteneva Margaret Thatcher, "quella cosa chiamata societa' non esiste": esistono solo individui dominati dal calcolo.

Contro il determinismo della destra, contro le sue teorie sociali ed economiche che giungono in ritardo di decenni, nasce il mio viaggio. Un viaggio che spero possa dlventare il nostro viaggio. Non ho nessuna intenzione dl formulare programmi in astratto, di inventare formule strepitose e progetti sensazionali senza commisurarli alle necessita', ai bisogni, alle aspettative e alle speranze dei cittadini. La mia candidatura non e' nata a freddo. E' una candidatura che viene dal paese.

Viaggiando, incontrando persone e associazioni, visitando aziende, ascoltando la gente comune e discutendo con la classe dirigente, mi e' sembrato che i tempi fossero maturi per raccogliere una sollecitazione e lanciare una proposta. Eccola qui, questa proposta, in parte su queste pagine e in parte nel lavoro che stiamo facendo giorno per giorno. Nelle prossime settimane si trattera' di dare una forma definitiva alle nostre idee e ai suggerimenti che provengono dai comitati, dai nostri sostenitori, da chiunque sul territorio nazionale si riconosce nelle nostre intenzioni. Sappiamo che occorre una sintesi, perche` oggi fare politica significa scegliere. Ma si puo' scegliere con intelligenza o scegliere per approfondire i conflitti; si puo' decidere politicamente che la crescita economica diventi ricchezza di qualcuno oppure che diventi sviluppo di tutti. Messi insieme, i due alberi in cui si ritrovano gli eredi di alcune grandi tradizioni politiche italiane possono tenere unito e saldo un territorio che tende a sfaldarsi, e protendere verso l'alto le loro fronde in una immagine di speranza. PER TUTTO L'ULIVO

Il futuro ha radici antiche