Cari amici,
costruire uno stato leggero, che accresca le opportunità
e non la burocrazia, far crescere la democrazia economica, scegliere
quali bisogni tutelare, trovare soluzioni alla disoccupazione,
rilanciare la scuola e riaprire l'Italia all'Europa: molti sono
gli impegni che abbiamo davanti per rifare il paese.
Sono impegni difficili.
Ma in questo ultimo mese sono arrivate moltissime adesioni,
fax, telefonate, appelli di tantissimi cittadini che vogliono
fare, proporre, avanzare soluzioni. Una valanga di entusiasmo,
di mobilitazione, di energie pronte ad impegnarsi per rifare
il paese.
Per questo tra poco comincerò il mio viaggio per l'Italia.
Per parlare con la gente che mi è vicina, e anche con
coloro che hanno opinioni diverse sul modo di governare l'Italia.
Per unire insieme queste volontà di impegnarsi verso
la realizzazione di alcuni obiettivi sui quali bisogna riflettere
e trovare in concreto delle soluzioni.
Trasformare il senso di insicurezza e di preoccupazione per
quello che succede nel nostro paese in intelligenza dei problemi.
Mi rivolgo a voi per invitarvi a fornire un contributo diretto
di competenza, di saggezza ed equilibrio, per trovare soluzioni
partendo dai temi sui quali ho già avuto occasione di
intervenire.
La proprietà pubblica è entrata in crisi; ho
dimostrato concretamente come si possa realizzare la libertà
economica, cioè le regole della concorrenza e del mercato
con le privatizzazioni compiute.
Privatizzazioni necessarie per rendere più efficiente
l'economia, per partecipare in modo più efficace alla
concorrenza internazionale e per allargare le ristrette basi
del capitalismo italiano.
Il problema infatti non è solo quello di privatizzare,
ma di utilizzare le privatizzazioni per creare un pluralismo
di grandi centri decisionali che consenta di diffondere maggiormente
il potere economico.
Il punto è come aiutare le piccole e medie imprese
a cresce, a diventare protagoniste, come rinnovare il paese
e fare veramente venire fuori altri uomini nuovi capaci di riprodurre
il meraviglioso sviluppo che la generazione ci ha dato; uno
sviluppo in cui la crescita economica si coniughi con nuove
opportunità di occupazione.
Uno stato che si ritira dalla gestione delle imprese, che
lascia autonomia alle imprese pubbliche, al sistema bancario
ed alla Rai, è tuttavia uno stato che rafforza contemporaneamente
il proprio ruolo di arbitro.
La regolamentazione economica diventa infatti sempre più
importante man mano che lo stato proprietario di ritira. E'
più importante proprio perché se vogliamo che
l'economia privata avanzi e che il mercato possa davvero funzionare,
lo stato deve disciplinare la vita economica di un paese. Le
imprese e il mondo del lavoro non hanno infatti bisogno di burocrazia,
ma certamente hanno bisogno di regole.
Stato leggero significa quindi una struttura pensante, nerbo
di una qualsiasi società civile, elemento fondamentale
di ogni politica economica moderna ed omogenea con quella degli
altri paesi Europei.
Uno stato per i cittadini con funzioni che devono ridefinire
in particolare nel campo delle politiche sociali e al cui assolvimento
devono contribuire tutti: la pubblica amministrazione, i servizi
pubblici, il volontariato, l'associativismo, le cooperative
sociali, il privato mercantile.
Qui si apre il grande tema di come condurre elementi di concorrenza
al pluralismo in due grandi settori che rispondono ai bisogni
primari dei cittadini: la sanità e la scuola.
La scuola è il campo nel quale bisogna produrre una
mobilitazione di energie pubbliche e private, senza la quale
non solo non vi è spazio per la crescita ma nemmeno per
la conservazione del nostro attuale livello di reddito.
Abbiamo di recente assistito alla promessa di una grande riforma,
che si è tradotta nella sola novità rilevante
di abolire gli esami di riparazione.
Non possiamo permetterci di dedicare attenzione alla scuola
ed alla formazione solo quando si apre l'anno scolastico. Occorre
affrontare in modo organico alcuni nodi.
Va completato il disegno dell'autonomia scolastica, con procedure
graduali, per tappe, realistiche, capaci di realizzare il decentramento
con forme di innovazione che partono dalla periferia piuttosto
che dal centro, diminuendo il livello di conflitto tra scuola
pubblica e privata.
occorre innalzare l'obbligo scolastico, portandolo almeno
a sedici anno con l'obiettivo non di prolungare la scuola media
ma di offrire ai giovani opportunità di scegliere percorsi
formativi davvero professionalizzanti. Uscendo dalla tradizione
delle scuole professionali viste quasi come ripiego, come "scuola
dei poveri". Non mi stancherò mai di ripetere quanta
importanza hanno infatti le scuole tecniche, percorsi formativi
che vanno costruiti con il "triangolo d'oro", vale a dire Enti
locali, Rappresentanze dell'industria e del lavoro.
La scuola e la formazione sono la ricchezza del nostro futuro:
occorrono quindi strumenti di formazione permanente, che ci
consentano veramente di arrivare a non trascurare neppure una
sola persona, di non lasciare indietro le risorse umane di cui
abbiamo bisogno per accrescere la nostra ricchezza economica
e sociale.
La sanità, è questo un altro pilastro fondamentale
dello stato sociale.
Quando di è affrontato questo tema lo si è fatto
quasi solo puntando il dito su una spesa eccessiva.
Ma il punto è che la spesa italiana per la sanità
è allineata con quella degli altri paese Europei! Il
vero problema allora è che spendiamo come gli altri ma
otteniamo di meno. Anche qui il risultato è arrivare
a soddisfare il cittadino che utilizzi i servizi. Come coniugare
la necessità di no abbandonare la popolazione più
debole, perché anziana, perché non autosufficiente,
perché a reddito più basso, con la necessaria
efficacia ed efficienza.
Come introdurre forme di concorrenza regolata, mantenendo
il Servizio Sanitario Nazionale. Come rendere tutti gli operatori
della Sanità responsabili del raggiungimento dei risultati
attesi. Come restituire alle persone la possibilità di
avere nel medico di base un riferimento per orientarsi nelle
scelte delle diverse risorse di cura.
Questi profondi cambiamenti in direzione di un modello di
stato decentrato, non possono essere realizzati se l'Italia
si spacca in due, se i due terzi che stanno bene si dimenticano
del terzo della popolazione che è fuori dal gioco, se
non si realizzano forme di solidarietà efficiente.
E non possono realizzarsi se l'Italia si chiude nei suoi confini
nazionali, se rimane incapace di assumere un ruolo propositivo
nella politica europea, se ci chiudiamo in una strada di nuovo
protezionismo di fronte alle sfide della concorrenza internazionale
e della integrazione sociale e culturale tra cittadini europei.
Il legame con l'Europa, che dobbiamo fare crescere, ci consentirà,
così come è stato negli ultimi trent'anni, di
evitare pericolose regressioni economiche e politiche del nostro
paese. La creazione di una vasta Unione Europea richiederà
tempo; la direzione di marcia verso l'Europa politica limitata
a sei o sette paese, della quale dobbiamo essere parte, un'Europa
economica che aggiunga a questi gli altri paese dell'Unione
e un'Europa commerciale che si allarghi con grande rapidità
verso i paesi dell'Est.
cari amici, vi ho indicato alcune linee del rinnovamento che
ritengo indispensabili per il paese e rinnovo l'invito a farmi
conoscere le vostre proposte, le vostre considerazioni, relative
a questi temi, ma anche a tutti quegli aspetti della vita del
paese che vorreste vedere affrontati e risolti. A questo scopo
penso possano essere costituiti anche gruppi tematici di approfondimento.
Non abbiate timore di spingervi troppo avanti: dobbiamo arrivare
a formulare delle proposte che possano essere domani provvedimenti
legislativi e decisioni di governo.
Vi ringrazio. Con affetto
Romano Prodi