Intervista di D'Alema su la Repubblica del 9 novembre 1999

D'Alema: Ulivo internazionale

Blair a Parigi cerca la tregua: sono anch'io la sinistra

dal nostro inviato STEFANO MARRONI


PARIGI - Una storia comune, obiettivi comuni, un'unica appartenza che nessuno vuole mettere in discussione nemmeno nel nome, se "quel che ho chiamato Terza Via è in realtà una socialdemocrazia rinnovata". E una sola differenza importante: quella sul modo, e soprattutto sulla velocità della modernizzazione delle società occidentali.
Atteso al varco dopo mesi di polemiche aperte e di veleni, Tony Blair riassume così il dibattito nell'Internazionale socialista. E coglie a Parigi, in casa dei "rivali" francesi, un ascolto e un successo assolutamente inattesi. Con una correzione di toni e di accenti così drammatica, così segnata dal desiderio di farsi capire dai suoi critici di "sinistra", che Massimo D'Alema riscrive in corsa, e drasticamente, il suo intervento. Marcando forte - alla vigilia dell'appuntamento di Firenze con tutti i grandi del centrosinistra mondiale - il ruolo di Botteghe Oscure nella mediazione tra "Tony" e "Lionel". Ma soprattutto la consonanza dell'esperienza italiana dell'Ulivo con una Is che del dialogo "essenziale" con i Democratici americani fa finalmente un fattore di unità: "L'idea è che è sempre più - spiega - forze e e culture che si richiamano ai valori della democrazia, della libertà, del progresso devono collaborare, dialogare, unirsi".
Settimane di lavoro discreto - scandito da faticose stesure di documenti nella commissione presieduta da Felipe Gonzalez - producono un risultato vistoso proprio in quella che a La Defense è la giornata dei big del socialismo europeo. Parte Lionel Jospin. E la sua è una riproposizione pacata dell'orizzonte dei socialisti francesi, che nel mercato vedono "uno strumento efficace e prezioso, ma che strumento deve restare". Dobbiamo riscoprire - aggiunge - "quel che il marxismo ha ancora di utile, l'analisi critica delle realtà sociali e dunque del capitalismo. Per pensarlo, contestarlo, dominarlo e riformarlo".
Applaude anche D'Alema, adesso, il premier che parla di "bisogno di sognare", e invoca la necessità di regole nel mondo globalizzato: "Viviamo un tempo di grandi cambiamenti, ma non è la prima volta. E i socialisti sono quelli che non accettano il corso cosiddetto naturale delle cose".
Un discorso forse più francese che "conservatore", quello di Jospin: e comunque un discorso attentissimo - nota più tardi Veltroni - "a non mettere in difficoltà gli inglesi", evitando ogni accenno alla pietra dello scandalo - la flessibilità - lanciata mesi fa insieme da Blair e Gerard Schroeder.
La stessa scelta del cancelliere tedesco che lascia presto i lavori, atteso a Berlino dalle celebrazione della caduta del Muro, e ricorda come persino quel documento così indigesto ai francesi celebrava i "valori eterni" della socialdemocrazia, a partire dalla "giustizia sociale" e "l'eguaglianza delle opportunità".
Tocca a Blair scoprire le carte. Insistere sul fatto che le strade sono diverse, ma l'obiettivo è unico: "Si dice che Lionel sia di sinistra e io di centro, e che c'è una grande divergenza tra noi. Ora, è vero che il New Labour ha tagliato le tasse sulle imprese e riformato il welfare. Ma abbiamo introdotto il salario minimo - ricorda - e la legge sulle rappresentanza sindacale. E la destra ci attacca perché diamo più soldi alla scuola e alla sanità. Stiamo cercando la stessa cosa: l'importante è questo, non le etichette". Il confronto, insomma, è "sul come e sulla velocità della modernizzazione", in un mondo che cambia "vorticosamente" - come nota lo spagnolo Gonzalez: "dobbiamo mettere al servizio dell'umanità l'impressionante cambiamento tecnologico che si sta producendo" - e assai meno sul mercato, che è una leva da usare sapendo che "la disoccupazione è non solo una vergogna, ma economicamente è inefficiente". Sono di sinistra come voi, è il messaggio: "E non diamo retta a chi dice che occupare il centro è tradimento: è vitale costruire nuove coalizione, per realizzare le nostre idee".
Finisce tra gli applausi. E gli uomini di D'Alema annunciano presto che il premier italiano cambierà il discorso già scritto. Ne esce un testo molto più netto. Che insiste sulle responsabilità globali dell'Europa anche per bilanciare "in modo non ostile" il ruolo americano. Che lancia l'idea di lottare per "uno Stato di diritto internazionale". Che ricorda come la sinistra possa vincere solo se convince gli elettori che "una economia dinamica può convivere con i diritti sociali", coniugando "uguali diritti e uguali opportunità". E con più slancio evoca il modello italiano dell'Ulivo, attribuendo alla coalizione "che vogliamo sempre più stabile tra cattolici, laici, ambientalisti e sinistra" il merito dei recenti successi italiani. E il valore di un modello, per un'Internazionale che capisce oramai - dice - che "il socialismo da solo non basta più. E che possiamo rinnovarlo, legarlo ad altre forze. Senza rinnegare la nostra identità".

Intervista di D'Alema su la Repubblica del 9 novembre 1999




Il futuro ha radici antiche