I vantaggi del nostro ingresso in Europa sono così riassumibili:
- allargamento del mercato e rafforzamento della concorrenza
"intra" Unione Europea. Questo avra' effetti positivi sia
sulle imprese italiane, che vedono aprirsi nuovi mercati e
nuovi spazi di mercato, sia sui cittadini, che potranno consumare
una maggiore scelta di prodotti a prezzi piu' bassi e di qualita'
superiore.
- costituzione di una vasta area monetaria mondiale della
quale l'Italia fara' meritatamente parte. Resta da vedere
se l'Euro-11 vorra' operare e con quanta forza per il rafforzamento
della cooperazione internazionale.
- vantaggi differenziali per i singoli Paesi, come l'Italia
gia' da tempo sta sperimentando, vedi la forte riduzione dei
tassi di interesse che non solo diminuisce gli oneri del debito
pubblico ma finalmente produce effetti positivi "nelle tasche
di tutti gli Italiani", come e' il caso dei mutui casa al
5 per cento.
Vi sono pero' anche alcuni aspetti critici che occorre tenere
in considerazione. Il primo e' che in ogni parte d'Europa dovra'
essere instaurato e mantenuto un clima di stabilita' e di ottimismo
affinche' gli imprenditori possano investire e la ricchezza
affluire ai consumatori, sostenendo cosi' la domanda di beni.
Un secondo rischio e' che lo sviluppo si concentri nelle aree
gia' in partenza piu' favorite d'Europa, o su quelle che possono
contare su fattori di competitivita' come il costo del lavoro
piu' basso della media europea o un sistema infrastrutturale
e di servizi piu' moderno e favorevole all'imprenditorialita'.
Piu' in generale, la moneta unica europea implica che non sara'
piu' possibile per l'Italia sopperire alle carenze di concorrenzialita'
delle sue produzioni attraverso il meccanismo delle svalutazioni
competitive. C'e' da esserne felici, in quanto e' anche attraverso
le perversioni di questo meccanismo che abbiamo sperimentato
fenomeni di alta inflazione e conseguentemente ulteriori svalutazioni.
L'Italia entra in Europa definitivamente risanata nei suoi equilibri
finanziari e tale rimarra' nei prossimi anni.
Va anche sottolineato che anche se non ci fosse stata l'urgenza
di Maastricht avremmo dovuto egualmente attrezzarci nel senso
di una maggiore disciplina; infatti negli ultimi anni si e'
instaurato in tutte le economie mondiali un nuovo regime di
finanza sana e liberi movimenti di capitale che rende impossibile
per un Paese partecipare in condizioni diverse al libero commercio
internazionale.
Gli stimoli della concorrenza rendono indispensabili interventi
strutturali nella nostra economia che favoriscano il contenimento
dei costi di produzione espressi in una valuta unica internazionale.
Fra questi interventi si deve anche pensare a valutare il contenimento
delle dinamiche salariali.
Inoltre, molti settori produttivi non hanno la flessibilita'
microeconomica sufficiente a rispondere all'aumentata competizione
internazionale. Occorre quindi favorire la specializzazione
delle nostre aziende esportatrici sui prodotti a domanda meno
sensibile al prezzo, a maggiore contenuto di innovazione tecnologica.
Occorre razionalizzare l'organizzazione di chi produce beni
sul mercato non esposto alla concorrenza, come gia' si sta facendo
per il piccolo commercio e i servizi tradizionali. Occorre riuscire
ad innalzare la qualita' dei servizi non vendibili che il nostro
settore pubblico in qualche modo produce. Occorre proseguire
il riequilibrio del nostro welfare state, in modo da liberare
risorse pubbliche per il finanziamento degli investimenti in
infrastrutture.
Se si fa un quadro e una quantificazione degli incentivi finanziari
agli investimenti nelle aree depresse del Paese, e' facile concludere
che non ci sono meno agevolazioni nel nostro Mezzogiorno che
in altre zone critiche d'Europa. Il problema e' da un lato quello
di promuovere adeguatamente la conoscenza delle opportunita'
che esistono, dall'altro quello di intervenire fortemente perche'
vengano superati le arretratezze culturali, le carenze infrastrutturali
e in certi casi i problemi di sicurezza pubblica che affliggono
parti del Sud Italia.