Il Movimento per L'Ulivo: LA SCUOLA QUADRI
Movimento per l'Ulivo, rapporti con i partiti, strutturazione nel territorio:
l'esperienza 1995-97 e gli scenari futuri
di Giovanni Procacci

 

La vastità del tema affidatomi, come si può leggere nel programma, non mi consente di svilupparlo con la dovuta vastità in ogni suo aspetto e mi induce, nella parte storica, più che a ripercorrere le tappe del nostro percorso, ad offrire delle chiavi interpretative degli eventi vissuti, tuttora utili nella individuazione delle prospettive future.

Intendo partire da una constatazione: la prima fase dei comitati, dalla primavera del '95 fino a quella del '96, vide una crescita spontanea e tumultuosa, determinata anzitutto dalla grande novità prodotta dalla caduta degli steccati tra culture e formazioni politiche da sempre in conflitto, dalla comune angoscia nei confronti di una destra che aveva inaspettatamente vinto le elezioni del '94 e dalla apertura dei partiti verso quest'esperienza nuova che riusciva ad entusiasmare e motivare tanta parte della società italiana anche fuori dall'alveo dei tradizionali canali di consenso. Tutto questo faceva dell'Ulivo una grande iniziativa popolare, dentro la quale rimanevano comunque saldamente presenti le forze politiche, con la loro identità, ma in una totale disponibilità a collaborare e interagire.

Il passaggio elettorale del '96 segnò un primo irrigidimento e qualche lacerazione dovuta alla questione delle candidature, spesso piovute dall'alto, e alla mancata costituzione del gruppo unico dell'Ulivo nei due rami del Parlamento, anche se queste ferite venivano in qualche modo lenite dall'entusiasmo per la vittoria elettorale e per la repentina costituzione di una compagine di governo di altissimo profilo. L'Ulivo ormai viveva nelle istituzioni ed alcuni, paghi di questo, dimenticarono ben presto che occorreva farlo vivere anche tra la gente, in ossequio a quanto ci si era prefissi di fare sin dalla prima ora: cambiare non solo il paese, ma anche la politica del paese, nella consapevolezza, tuttora valida, che i due propositi non potessero essere disgiunti in un progetto teso a consolidare ed allargare la democrazia partecipata.

Fu ancora una volta l'iniziativa di Romano Prodi a smuovere le acque, con l'insediamento di un gruppo di lavoro chiamato a ripensare l'organizzazione dei comitati: sia per non disperdere importanti risorse umane ed ideali, sia per continuare ad offrire a tanti uno strumento di impegno politico, nuovo per metodi ed obiettivi.

Oggi si può a buona ragione affermare che le intuizioni fondamentali emerse in quel consesso, successivamente incarnate nella "Carta organizzativa" ed in quella dei "principi", sono risultate una guida efficace per il movimento, tanto da facilitarne il progressivo radicamento in tutto il territorio nazionale.

La prima di quelle intuizioni portò a ritenere che il nuovo soggetto dovesse avere una finalità specifica ed idealmente a termine che risultasse nel suo stesso nome e che riuscisse a mettere insieme tutti coloro che intendessero spendersi per realizzare un bipolarismo compiuto mediante la costruzione di un Ulivo che non si riducesse a semplice alleanza elettorale. Era necessario dunque pensare a uno strumento fondato non tanto sui contenuti, quanto sui metodi e sui principi della politica: campo questo di grande attrazione per tanta parte della società civile in un tempo post-ideologico.

La seconda idea fu quella secondo la quale il movimento, rigettando la vecchia impalcatura piramidale delle formazioni politiche, dovesse organizzarsi con una struttura a rete, tendente, più che a omologare, a raccordare le mille diverse esperienze territoriali, sottraendole ad un esclusivo localismo, talvolta asfissiante, e facendole convergere verso grandi obiettivi di politica nazionale.

La terza fondamentale convinzione fu quella che indusse a dotare il movimento della massima capacità di penetrazione e compatibilità con partiti e movimenti della coalizione, al fine di creare una virtuosa circolarità di posizioni, di idee e di impegni, capace di annullare gradualmente gli steccati - si badi bene non le identità! - ancora esistenti all'interno dell'Ulivo.

Queste intuizioni dunque si sono rivelate feconde e determinanti per la crescita del movimento e ne costituiscono ancora il codice genetico, ma nessuna incidenza esse avrebbero avuto se non vi fosse stata la tenace e generosa opera di chi - e qui cito per tutti Marina Magistrelli - ha saputo tenere accesa la fiaccola della speranza anche nei momenti bui e difficili.

A Marina, fuori di ogni retorica di circostanza, va riconosciuto, fra gli altri, il merito di aver strappato il movimento dalla malinconica e talvolta fatalistica rassegnazione alla sua eutanasia e a una qualche più o meno sperata confluenza, e di avergli ridato entusiasmo, fiducia e prospettive.

E se riandiamo con la memoria alle condizioni in cui si versava un anno fa, viene spontaneo affermare, senza trionfalismo alcuno, ma con contenuto orgoglio, che oggi il movimento per l'Ulivo è una realtà!

Magari non è ancora quello che tutti noi vorremmo che fosse, ma non c'è dubbio che esso stia lentamente ma progressivamente entrando nella coscienza politica del Paese.

Nel 1997 con grande tenacia e superando non poche difficoltà, si è riusciti a radicare il movimento in tutto il territorio nazionale, con l'elezione democratica dei responsabili provinciali e regionali, dopo aver sviluppato una campagna adesioni che, pur senza alcuno sforzo pubblicitario, ha dimostrato la validità della nostra idea e la sua capacità di rispondere alle attese di tanta parte della società italiana.

A partire dalla fine del'97 ha ripreso a manifestarsi il fenomeno della costituzione spontanea di comitati, mentre in alcuni comuni intere liste e movimenti cittadini, pur conservando la loro identità locale, sono entrati a far parte del movimento.

La crescita del movimento e dei suoi comitati non è dunque un fiume in piena come nella lunga stagione preelettorale, ma è certamente meno spontaneista, più consapevole, più costante, più matura, fondata su una più diffusa presa di coscienza del progetto politico che sta diventando patrimonio e ragione di impegno in ogni aderente.

Ciò che conforta è inoltre la constatazione che il movimento si diffonde nonostante la sua difficile ed originale peculiarità di essere contemporaneamente soggetto politico e strumento di coesione della coalizione, di essere espressione di una parte dell'Ulivo, e nello stesso tempo di riconoscersi e tendere al tutto dell'Ulivo.

Va, spero definitivamente, chiarito che questa ambivalente peculiarità del movimento è dovuta alla particolarità del tempo politico che attraversiamo, che, piaccia o no, sta conducendo gradualmente il Paese verso nuovi orizzonti, per assecondare i quali occorre servirsi di strumenti che necessariamente contengano in sé sia elementi atti ad affrontare la contingenza, sia elementi che già prefigurino la meta prefissa.

La necessaria ambivalenza del movimento per l'Ulivo non è dunque una scelta di comodo, bensì l'unica strada percorribile per costruire l'Ulivo che vogliamo non solo dall'alto di pur utili accordi di vertice - significherebbe dargli fondamenta poco solide! - ma con il concorso operativo dei cittadini che nutrono tale aspirazione, cercando di realizzarla in tutti i contesti territoriali del Paese.

Da questa inevitabile impostazione deriva quindi il duplice compito del movimento che da un lato è elemento di coesione della coalizione, dall'altro vi partecipa anche come soggetto fra gli altri, anche in considerazione del fatto che esso ha il dovere di dare adeguata rappresentanza anche a quei cittadini, il cui numero cresce costantemente, che si riconoscono direttamente nell'Ulivo e nel suo programma, senza avvertire la necessità di ulteriori opzioni di parte.

Coloro che, dentro e fuori il movimento, continuano a giudicare questa ambivalenza come ambiguità - lo dico senza alcun velo di polemica! - dimostrano di non essersi ancora definitivamente affrancati dalla pur comprensibile tendenza a pensare la politica con gli schemi propri del sistema proporzionale. E sorprende non poco constatare come invece ruolo e natura del movimento siano talvolta più facilmente compresi da quei cittadini che, pur nella loro semplicità, scorgono in esso uno strumento per realizzare pienamente il tanto sospirato bipolarismo che, non dimentichiamolo, rimane un'aspirazione largamente maggioritaria nel popolo italiano, anche se sentita soprattutto come semplificazione del quadro politico.

Un'altra questione nodale su cui dare un contributo di chiarezza può sintetizzarsi nella domanda: "quale Ulivo intende costruire il Movimento?".

Non poche idee confuse infatti circolano a riguardo, con l'inevitabile conseguenza di accendere dibattiti inutili e provocare dannose quanto pretestuose polemiche.

La ricchezza e la varietà delle culture politiche che vivono nell'Ulivo non permettono a nessuno, che non voglia fantasticare, di sperare o ragionevolmente prefigurare nei prossimi anni scenari che vedano l'Ulivo organizzato in partito unico.

Questa particolare condizione, ancorché avvertita come limite o impedimento ad un progetto, magari sotterraneamente nutrito, va ritenuta un'allettante quanto preziosa opportunità e una risorsa per poter dar vita gradualmente ad un soggetto politico ampio che non solo non distrugga le identità, ma sia capace su di esse e con esse di elaborare un'articolata e completa piattaforma progettuale in grado di affrontare con lungimiranza la necessaria modernizzazione non solo della società, ma della politica stessa, chiamata, alle soglie del nuovo millennio, a raccogliere sfide che possono essere sostenute soltanto mediante categorie interpretative e progettuali completamente diverse da quelle del passato, anche di quello recente.

A pensarci bene del resto, se l'epilogo di tutto questo fermento fosse semplicemente la costituzione in tempi brevi del partito unico dell'Ulivo, non avremmo fatto altro che sostituire più partiti con uno solo, certamente con un nome diverso, più grande, ma con le stesse caratteristiche.

Non è a questo che dobbiamo puntare: significherebbe ridurre le nostre speranze alla costruzione di un involucro nuovo che lascerebbe poi, cambiata la pelle, e magari nomi e volti, gran parte delle cose come sono, senza sciogliere quei punti nodali che rimangono la sostanza delle nostre aspirazioni e della nostra azione e che ci richiamano alla necessità di un grande strumento politico articolato, capace di promuovere una nuova cittadinanza democratica e un nuovo sano protagonismo della società, idoneo a riaccendere i circuiti della partecipazione e ad affrontare virtuosamente la questione della democrazia non solo sul piano del funzionamento delle istituzioni, ma anche su quello più sostanziale del ruolo dei cittadini nei processi politici, del libero ed autentico formarsi del consenso ad ogni livello, della difesa della persona e della sua unicità dalla omologazione dei media e dalla globalizzazione dei linguaggi e dei modelli.

Occorre allora puntare - e questa è la nostra visione strategica - alla costituzione di un grande soggetto politico, una sorta di casa comune, dentro la quale partiti, movimenti, associazioni, insieme ai singoli cittadini possano interagire con uno statuto e con regole chiare che prevedano organi comuni preposti alla definizione delle posizioni e delle decisioni della coalizione o federazione che sia.

Il meccanismo di composizione di tali organi dovrà tutelare da un lato le diverse identità, ma dall'altro anche la volontà di tutti i singoli aderenti, iscritti o meno ai partiti della coalizione. Si tratta in sostanza di disciplinare, con norme unanimemente condivise, i processi decisionali dell'Ulivo.

Tutto questo è ben diverso da una semplice alleanza di più soggetti costituiti, nella quale si entra e si esce a seconda delle convenienze e del gradimento delle scelte assunte, come purtroppo avviene nelle realtà locali.

Far parte dell'Ulivo per le formazioni che liberamente vi aderiscono, dovrà invece significare entrare a far parte di un soggetto politico con fondamenti ideali comuni e con delle regole da rispettare comunque, anche quando dovessero emergere decisioni particolari poco condivise.

L'immagine simbolo dell'Ulivo che vogliamo è dunque quella dell'arcipelago, nel quale il mare non sia visto come vuoto o elemento di separazione, bensì come parte stessa dell'arcipelago, come strumento di coesione, come rete di raccordo, come tessuto unificante di tantissime soggettività diverse, piccole e grandi, che continuano a vivere nella loro specifica singolarità, pur incastonate in una grande tela comune.

Nella nostra azione dunque occorre ispirarsi a questo nuovo modello, non solo perché sembra oggi l'unico realizzabile per l'Ulivo, ma molto più perché appare il più idoneo a garantire la dimensione umana della politica, consentendo anche alle mille realtà locali, pur rimanendo se stesse, con il loro territorio e la loro storia, di entrare nei processi globali, organizzate accanto alle formazioni nazionali che, va sottolineato, sono anch'esse composte di tante realtà territoriali. Personalmente credo che una politica così organizzata sarebbe anche il miglior antidoto contro le tentazioni secessioniste che attraversano parte consistente del paese.

Del resto non dimentichiamo che Romano Prodi ha iniziato l'avventura dell'Ulivo con lo slogan delle cento città, anche perché la democrazia italiana è nata nei comuni e ancora oggi è proprio in essi che si verificano gli episodi più significativi di coinvolgimento popolare.

Questa dunque è la meta ultima che il movimento si prefigge e per la quale sviluppa la sua azione, pur nella consapevolezza che solo gradualmente vi si potrà giungere, senza forzare i tempi oltre misura e soprattutto senza intraprendere pericolose scorciatoie che potrebbero risultare controproducenti.

Naturalmente il nostro percorso è fatto anche di obiettivi intermedi e la proposta che attualmente il movimento rivolge ai partiti della coalizione è quella di una prima strutturazione della stessa, anche nei livelli territoriali, secondo una Carta organizzativa che Marina Magistrelli ha già presentato al Comitato di Nazionale di Coalizione.

Questa importante tappa del resto è il frutto di un lungo lavoro, talvolta ingrato e oscuro, che il movimento ha svolto in questi due anni, senza il quale l'Ulivo sarebbe stato soltanto il nome del governo e non una realtà politica presente nel Paese.

Non poche sono state infatti nei partiti le spinte tendenti a sminuire la valenza politica della coalizione, nell'intento di ridurla ad una mera alleanza elettorale, sostenuta da occasionali e reciproche opportunità e assolutamente ininfluente sui processi di cambiamento in atto: uno stratagemma dunque per aggirare le nuove leggi elettorali maggioritarie e poi essere nelle istituzioni con modalità e metodi perfettamente simili a quelli del sistema proporzionale.

Noi non crediamo che i partiti debbano rinunciare alla propria identità, chiediamo soltanto ad essi di non assolutizzarla e di viverla come una delle radici di un albero comune, con tutte le conseguenze che questo comporta.

Non si può pensare del resto che i partiti in un sistema bipolare possano essere pensati e organizzati allo stesso modo nel quale vivevano nel sistema proporzionale: questo è il vero nodo che spesso provoca difficoltà nei rapporti fra partiti e movimento!

Non si deve però d'altra parte tralasciare che non pochi esponenti di partito, insieme a tanta parte della base, sinceramente credono nell'Ulivo. Con essi occorre sempre più interagire per intensificare con slancio lo sviluppo del comune progetto, anche se non sono mancate negli ultimi tempi difficoltà prodotte da pur legittime strategie di soggetti importanti della coalizione.

Mi riferisco evidentemente al processo costituente dei Democratici di Sinistra su cui pure va detta una parola chiara.

Il disegno di ricomporre in unità, sia pur nell'ambito dell'Ulivo, diverse sigle della sinistra italiana è sicuramente un dato positivo, se non altro perché contribuisce a semplificare lo spettro della coalizione.

Quando però si richiama come modello ispiratore il socialismo europeo e la sua Internazionale, si rischia di ingenerare in molti, sia pur involontariamente, convinzioni, attese e prospettive poco organiche all'Ulivo.

Nelle realtà territoriali infatti non sono pochi i casi nei quali questo progetto viene vissuto, magari non in modo alternativo all'Ulivo, ma comunque come il vero impegno strategico dei Democratici di Sinistra, dando così l'impressione sicuramente in molti casi sbagliata, di rimanere nell'Ulivo solo perché la tanto sospirata autosufficienza ancora non si intravede all'orizzonte, ma di non viverlo come il proprio percorso e il proprio futuro.

Più una necessità insomma che una passione!

Non a caso del resto, specularmente alla costituente di sinistra, si è sviluppata l'iniziativa di Cossiga, tendente alla ricomposizione di un polo di centro alternativo alla sinistra quanto alla destra, nel quale si intende riaggregare tutto l'elettorato di centro dal Partito Popolare a Forza Italia.

Se tutto questo andasse in porto l'Ulivo diventerebbe soltanto il ricordo di una bella avventura di fine millennio!

Del resto l'esito dell'ultimo passaggio elettorale non è stato molto felice proprio perché in non pochi casi queste sirene hanno ostacolato la formazione dell'Ulivo, tra le cui forze, da qualche tempo, si registra un forte aumento di competitività.

E in questo quadro generale la vicenda del Friuli dove domani si vota per il Consiglio Regionale, risulta particolarmente emblematica.

Tutto questo porta a concludere che il vero nodo politico da affrontare in questo momento è il modello di bipolarismo da dare al paese. Su questa vicenda l'azione del movimento e di tutte le forze dell'Ulivo deve svilupparsi in modo quanto mai deciso e determinato.

Non è sufficiente infatti soltanto dichiararsi contrari all'idea di Cossiga, ma occorre operare per scongiurare tale iattura con tutti gli accorgimenti necessari che vanno messi a punto nelle sedi adeguate.

Se infatti, indipendentemente dalla volontà delle forze interessate, i flussi elettorali dovessero distribuirsi secondo quel proposito, formazioni come il Partito Popolare e Rinnovamento Italiano si dibatterebbero a fatica tra la sinistra da un lato e il cosiddetto grande centro dall'altro, in cui la peculiarità della loro identità sarebbe sicuramente travolta.

Occorre dunque che le forze politiche della coalizione prendano sempre più coscienza del paradosso che sinistra e centro dell'Ulivo possono perseguire le proprie istanze soltanto se uniti. Fuori di questa simbiosi essi vivrebbero una sorte di esilio in una "terra" dove forzati condizionamenti e alleanze obbligate finirebbero per spegnere le loro prerogative più significative.

Ma ancor più l'impegno a difendere l'Ulivo dai tentativi che attualmente lo minacciano non è dovuto all'ostinata e quasi fanatica tutela di un simbolo e di un progetto a cui pure siamo molto legati, ma risponde all'esigenza di costruire nel paese un assetto politico più adeguato a interpretare e rappresentare la complessità della società contemporanea che non può essere letta con le categorie politiche che hanno dominato questo secolo.

Le moderne democrazie bipolari infatti propongono essenzialmente due schemi: uno del tipo tedesco-spagnolo, nel quale la sinistra socialista si contrappone al centro moderato; l'altro del tipo anglo americano nel quale si fronteggiano il centro sinistra ed il centro destra, i democratici e i conservatori, come è avvenuto anche in Italia nelle ultime elezioni politiche.

Il primo modello è anche quello che disciplina gli schieramenti nel Parlamento europeo dove i socialisti sono alternativi ai popolari e ad altre formazioni di centro.

Il Movimento per l'Ulivo ritiene questo schema ormai definitivamente superato non solo perché nella società europea la cultura della sinistra democratica, profondamente evolutasi, trova naturali convergenze con quella del centro più illuminato e avanzato, ma soprattutto perché la sinistra europea, dovunque ha responsabilità di governo, si allontana sempre più, tranne forse in parte l'eccezione francese, dal modello socialista, per attingere anche ad altri patrimoni ideali, non ultimo quello liberale.

Come è possibile infatti ricondurre lo "Stato leggero", le privatizzazioni, la riforma del Welfare o la liberalizzazione del commercio nell'alveo di una visione socialista della politica?

Del resto perché Tony Blair invoca la costituzione di una Internazionale democratica di centro-sinistra?

Non è forse il segno inequivoco di un giudizio di inadeguatezza nei confronti dell'Internazionale socialista e dunque dell'assetto politico che ancora stancamente domina in Europa, mostratosi ormai poco capace di rappresentare gli orientamenti emergenti nella società europea contemporanea?

Voglio solo ricordare, ad onor di storia, e pur nel rispetto delle opinioni altrui, che quella di cui parliamo è la seconda Internazionale socialista che fu costituita nel 1889 a cento anni dalla rivoluzione francese per celebrarne la ricorrenza. E' una istituzione di altissimo prestigio e certamente carica di gloria, ma è più un evento della storia che una prospettiva per il futuro.

Il Movimento per l'Ulivo dunque si inserisce nel solco di questo tentativo di autentica modernizzazione della politica che va sviluppandosi a livello internazionale, come dimostrano anche le recenti scelte della politica Giapponese, apertamente ispirate all'Ulivo italiano.

Essere Europa significherà dunque anche impegnarsi su questo fronte, senza subire, da provinciali, modelli precostituiti e datati, ma cercando di costruirne altri più rispondenti alla moderna realtà europea.

In questa ottica occorre far in modo che, con il concorso di tutti, le prossime elezioni europee non solo non segnino una battuta d'arresto nel percorso dell'Ulivo, bensì inaugurino una azione comune per portare questa nostra grande idea oltre i confini nazionali, dove ci attendono tanti uomini e tante donne che come noi vogliono costruire non solo una realtà economicamente forte, ma un' Europa politicamente rinnovata che ancora una volta, su basi nuove, sia faro di un nuovo cammino di pace e di solidarietà per tutto il pianeta.

In questi scenari dovrà svilupparsi nei prossimi mesi l'azione del Movimento per l'Ulivo che da un lato intensificherà l'opera di coesione e strutturazione della coalizione e dall'altro potenzierà la sua capacità di penetrazione nel paese, continuando, su queste importanti coordinate nazionali ed internazionali e su un rinnovato impegno programmatico a tessere la rete tra associazioni, liste e movimenti locali, volontariato, parti vitali della società e singoli cittadini, per fare dell'Ulivo, prima ancora di una struttura organizzata una grande vicenda di popolo che pianti definitivamente le sue radici nella storia culturale e politica della nostra Italia.


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