
"La
Repubblica" 7 marzo 97
Panchina
lunga al castello
manca solo Da Empoli
di CURZIO MALTESE
"DIECI
idee per l'Ulivo", in due giorni, non sono poche. E poi
perché chiederle sempre agli altri? Tanto per cominciare gli
organizzatori di Gargonza, seconda tappa del giro de li castelli
(o Relais & Chateaux) dell'intellighenzia italiana, potevano
farsene venire una migliore che non copiare la trovata del ritiro
di Pontignano. Dalla scelta del luogo, un'altra Arcadia, fino
all'ormai scontato divieto d'ingresso ai giornalisti e alle
telecamere. Somma ipocrisia per un evento studiato nei dettagli
per attrarre la curiosità pettegola dei media. A cominciare
dal balletto dei nomi, in perfetto stile calcistico. Con le
polemiche all'italiana, ovvero sul nulla, fra i finti esclusi
(Gerardo Bianco come Roberto Baggio), i delusi perché non invitati,
i delusi perché invitati, quelli che preferiscono rimanere all'
estero (Stefano Rodotà alias Gianluca Vialli), gli altri che
non sentono più il fascino della maglia (Stefano Benni/Roberto
Mancini). Finché il commissario tecnico dell'Ulivo, Omar Calabrese,
non ha sciolto la riserva e diramato le convocazioni. E tutti
hanno tirato un sospiro. Seguito da uno sbadiglio. Rieccoli.
Da una parte, Prodi, Veltroni, D' Alema, Marini, Manconi e insomma
la squadra della maggioranza, con dieci ministri e una panchina
tanto lunga da comprendere Lapo Pistelli e Pier Luigi Petrini,
transfuga leghista. Dall'altra il blocco storico degli intellettuali
di sinistra, quelli che da trent'anni non si perdono un convegno
o un appello. Capitanato, ci mancherebbe, da Eco e Vattimo.
E poi Luciano Berio ed Ettore Scola, Corrado Augias e Luigi
Spaventa, Andrea Manzella e tanti altri. Tutti o quasi campioni
della cultura le cui idee migliori, purtroppo, risalgono nella
maggioranza dei casi agli anni Sessanta e Settanta. E meno male
che arrivano il prete giovanilista don Mazzi e Maurizio Costanzo
a portare una ventata di modernità agli stati generali dell'
Ulivo. Costanzo che, a parte l'iscrizione alla P2 e L'Occhio,
ha avuto un'altra idea negli ultimi vent'anni e da allora la
mette in scena tutte le sere che il buon dio manda in terra.
Non resta che sperare nelle donne e nei giovani, come ha detto
D'Alema al congresso. Qui ne sono stati invitati addirittura
due, uno per categoria. Elvira Sellerio, già consigliera nella
Rai dei professori. Ed Enrico Letta, deputato popolare e nipote
di Gianni Letta, in rappresentanza anche della vasta categoria
dei nipoti, cara al centro sinistra. A proposito, resta inspiegabile
l'assenza fra i convitati di pietra di Giuliano da Empoli e
Vittorio Veltroni, le uniche novità intellettuali dell'era ulivista.
Ne sentiremo la mancanza, noi giornalisti. Ma soprattutto loro,
i Prodi, Ciampi e Dini che a guardare la coppia di professorini,
così piccoli e già tanto bolsi, devono sentirsi giovani e pimpanti
come rock star.
LA DUE giorni nel castello promette d'essere uno degli eventi
più noiosi dell' anno. In linea, del resto, con il primo anno
di vita (?) dell'Ulivo trascorso all'insegna dello slogan: l'assenza
d'immaginazione al potere. E in fondo è meglio così. Il progetto
di "rilanciare l' Ulivo con dieci idee" balenata a
Omar Calabrese, già protagonista di un rilancio di Alba Parietti
sfociato in una crisi di nervi della soubrette, appare un po'
inattuale e avventurosa. Finora Prodi e compagni sono riusciti
a governare senza una sola idea, al massimo con qualche parametro.
Se Eco e Vattimo, i più pericolosi in tal senso, gliene danno
davvero dieci in un colpo chi ci salverà dal regime?
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