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Dieci idee per L'Ulivo

Articolo pubblicato su "La Stampa" - Venerdì 7 marzo 1997
Gargonza, il pensatoio ulivista
C’è anche Eco nel "castello" di Prodi

ROMA. "Non mi hanno invitato a Gargonza, vorrà dire che andrò a Gorgonzola". Gerardo Bianco l’aveva buttata sullo scherzo, quando si era ritrovato fuori dalla lista degli invitati. Ieri a cose chiarite, è sembrato più sereno ma soltanto a parole. "Mi hanno invitato, ci mancherebbe altro - ha detto - io sono stato uno dei fondatori dell’ Ulivo. Ma a Gargonza non ci vado lo stesso: Ho altri impegni. Devo andare in Puglia per la campagna elettorale del mio partito...". Poco prima, incontrando in Transatlantico Federico Orlando, ex vice di Montanelli al Giornale e oggi deputato dell’ Ulivo, gli ha regalato lo stemma dell’ Ulivo da lui portato durante la campagna elettorale. Ma Orlando m nel ringraziarlo lo ha informato che né lui né altri deputati indipendenti eletti appunto come ulivisti, sono stati invitati a Gargonza. "Segno - ha concluso l’ex giornalista - che chi si è impossessato dell’ Ulivo non sa nemmeno chi siano i suoi parlamentari doc e che anche l’ Ulivo, come il Polo, è ridotto a un nome...". A Gargonza, comunque, in un castello in mezzo alla campagna di Arezzo ci sarà mezzo governo. Al seminario "Dieci idee per l’ Ulivo" saranno in molti a stringersi intorno a Romano Prodi, a partire da dieci-ministri-dieci: Veltroni, Maccanico, Flick, Visco, Treu, Costa, Bassanini, Bindi, Ronchi e Pinto. E poi tutti i leader dell’ Ulivo (D’Alema, Marini e Manconi, ma non gli "esterni" Dini e Bertinotti), e poi un piccolo esercito di sottosegretari, deputati e senatori: da Micheli a Mussi, da Bogi a Minniti, da Parisi a Salvi, da Mattarella a Folena. Con loro una folta pattuglia di intellettuali, guidati da Umberto Eco e Gianni Vattimo, e qualche presenza "rubata" al cinema o alla televisione come Maurizio Costanzo, Corrado Augias, Ettore Scola e don Antonio Mazzi. Uno dei promotori dell’incontro è il semiologo Omar Calabrese, che ha definito il convegno di Gargonza "un confronto non teatralizzante in cui sia possibile parlare non solo attraverso girnali e tv". Un’iniziativa che - ha proseguito Calabrese - sarebbe utile anche a destra. "Se entrambi gli schieramenti promuovessero incontri come questi - ha detto - si potrebbe dare un tono diverso alla politica, oggi più concreta, ma anche più maleducata. Bisogna costruire un’abitudine di occasioni in cui prevalga la serena spiegazione e le differenze diventino un vero patrimonio. Non a caso alcuni intellettuali che fanno riferimento al centrodestra, come Lucio Colletti e Domenico Fisichella, hanno già dato un giudizio positivo sull’iniziativa. Anche se, per ora, a destra prevale una visione populista". Quanto al centrosinistra, Calabrese non teme di essere spiazzato dal dibattito sulle larghe intese: "Uno slogan che lascia il tempo che trova, o meglio la parola buona che corrisponde a inciucio, un gioco tattico. Mentre ciò che conta sul piano strategico è il funzionamento dell’alleanza dell’ Ulivo per i prossimi otto, dieci anni". Da semiologo poi, Calabrese ricorda che coalizione ha un significato diverso da alleanza: "Viene dal latino alligare, legarsi. E’ un atto molto più volontario della scelta di allearsi". [r.i.]


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