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[ al 13 Maggio]

       
 
 

Gli Interventi
Una nuova formazione politica: Alfredo Galasso

Oltre la coalizione e la medesima idea dell’alleanza, l’Ulivo deve e può divenire una formazione politica nuova, inedita: luogo di partecipazione e di "contaminazione" di soggetti individuali e collettivi, di culture diverse, di storie peculiari.

Alla coalizione e al governo dell’Ulivo è mancato il progetto, un’idea di cambiamento che nasce dall’incontro libero, dialettico non di segreterie o vertici di partiti bensì di uomini e di donne, di gruppi e movimenti, anche parziali.

Uno dei punti essenziali della modernità da assumere in un quadro politico e ideale di riferimento è, oggi, il principio dell’autonomia, intesa come autodeterminazione individuale e collettiva.

Autonomia che non può risolversi esclusivamente nell’iniziativa economica e nella libertà di impresa, dove i limiti della utilità sociale e del rispetto della persona vanno mantenuti ed anzi rigorosamente osservati, ma che piuttosto va riconosciuta e favorita con riguardo ai bisogni e agli interessi legati alla sfera della personalità e al circuito della solidarietà.

Il primato dell’autonomia e dell’autodeterminazione nella vita di relazione comporta che c’è bisogno più di ridurre che di ampliare l’ambito delle regole imposte, più di libertà di sperimentazione che di legislazione.

E penso anche e soprattutto alla questione attualissima della bioetica, rispetto alla quale, ferma restando la necessità di una cornice generale di principi fondamentali ( ma non ci sono già nella nostra Costituzione?), non credo che la via migliore sia quella della corsa alle regole legali, cogenti.

In un quadro strategico di riferimento per una nuova formazione politica, uno dei valori di fondo è la giurisdizione.

Polemiche e strumentalizzazioni hanno fatto perdere di vista, pericolosamente, un dato elementare: l’esercizio indipendente e corretto della giurisdizione è un bene collettivo da salvaguardare. La magistratura non può essere arbitra dei diritti e delle libertà, deve piuttosto rappresentarne la massima garanzia.

Ed invece accade che la critica e la polemica, anche politica, investe spesso singoli magistrati che svolgono la propria attività professionale correttamente e in modo autonomo, quindi scomodi ai potentati illegali; non i magistrati pigri, negligenti o peggio integrati in un sistema di poteri economici e politici.

E invece accade ancora che i "pacchetti" di riforme tendenti a determinare un livello accettabile di efficienza della giustizia, varcata la soglia del Consiglio dei ministri, non diventano norme di legge.


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