Corriere
della Sera - Domenica
9 Marzo 1997
TALI & QUALI di CHIAPPORI
Gargonza, match D'Alema-Veltroni sull'Ulivo
Il segretario: fondamentali i partiti.
Il vicepremier: senza l'alleanza non si vince.
Il leader pds fa arrabbiare Eco
Maurizio Caprara
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
GARGONZA (Arezzo) - Non basta un seminario a porte chiuse in
un borgo medioevale per
risolvere il dilemma sul futuro dell'Ulivo: ancora una coalizione
tra partiti o cantiere di una
nuova forza politica che ne fonda le varie anime? Almeno ieri,
il convegno di centrosinistra
con una ristretta platea di intellettuali ha visto una conferma,
neppure troppo diplomatica, di
divergenze già palesi. Ai fautori della seconda via, Massimo
D'Alema sostanzialmente ha
consigliato con freddezza una frenata. Il bipartitismo, ha sottolineato,
è una prospettiva
«lontana». Dunque venga accettato il peso dei partiti e sia
chiaro a tutti che la politica «è una
branca specializzata delle professioni intellettuali».
Che le divergenze nella coalizione si fermino ben prima di un
momento di rottura della
medesima non significa che siano irrilevanti. Pur definendo
«un dogma» l'idea che tocca
all'alleanza dell'Ulivo governare, perché vincitrice delle elezioni
del 1996, il leader del Pds ha
attaccato il direttore di «Micromega» Paolo Flores d'Arcais
un po' come, nel congresso della
Quercia, aveva preso di mira il segretario della Cgil piemontese
Pietro Marcenaro per colpire
le tesi di Sergio Cofferati sullo Stato sociale. Flores non
è un emissario di Romano Prodi né è
vicino a Walter Veltroni, e infatti la botta di D'Alema non
era diretta al governo, ma quando il
direttore della rivista ha detto che difendere molto i partiti
equivale a «portare acqua al mulino
dell'antipolitica», D'Alema se l'è presa con lui per colpire
anche altri obiettivi: il semiologo
Omar Calabrese, un «ulivismo» che reputa naïf e quanti, anche
nel governo e nel Pds, non lo
contrastano con energia. «Se perdiamo il valore aggiunto dell'Ulivo,
scordiamoci di vincere le
elezioni», sono state invece le conclusioni di Veltroni.
Impostazioni diverse. «Scusate se sarò spigoloso. Considerare
la società civile contro i partiti
è un metodo tardo sessantottesco, una situazione estrema che
ha prodotto soltanto dittature o
Berlusconi», è stata grosso modo la premessa di D'Alema contro
Flores. «Sappiate che i
partiti svolgono un ruolo fondamentale nelle democrazie europee
e noi eserciteremo il nostro
fino in fondo», ha continuato. E' vero, ha affermato in segretario
del Pds, che la saldatura tra
cultura cattolica, laica e di sinistra ha portato alla vittoria
elettorale, però attenzione:
«Abbiamo due milioni di voti in meno» e la sconfitta dell'avversario
si deve alla circostanza
«che la destra non ha un progetto».
Anche quella del presidente del Consiglio, non soltanto quella
di Veltroni, era stata un'altra
impostazione. «E' il momento di creare le condizioni per accrescere
l'attrattiva della
coalizione», aveva detto Prodi aprendo il seminario. «La nostra
intenzione era quella di fare
un giorno di riflessione, ma è diventata una cosa chic, e non
per nostra volontà», si era
giustificato riferendosi ai non invitati.
Calabrese, fuori, ha mostrato contento ai cronisti una tessera
del «Movimento per l'Ulivo».
«Ne abbiamo stampate 100 mila e, senza una campagna molto forte,
ne sono già state prese
25 mila», ha spiegato il semiologo, attribuendo autoironicamente
il merito del risultato «a noi
quattro straccioni», ossia gli ulivisti più convinti. Proprio
tenendo conto dei dilemmi sul futuro,
l'iscrizione è un argomento delicato. «Si tratta della tessera
del Movimento per l'Ulivo, non
della coalizione. E' di quello che deve essere il valore aggiunto»,
fa notare il dalemiano Marco
Minniti.
La tesi di D'Alema, e di Minniti, è che premere sull'acceleratore
dell'Ulivo-partito, al di là
delle intenzioni, può porre il problema del «sovrano» (parole
del primo) o «essendo il Pds la
forza più ampia, renderlo egemone» (parole del secondo). Un
invito a non forzare, rivolto alle
componenti minori. «L'Ulivo è sicuramente molto di più di un
cartello elettorale», ha
osservato tuttavia Veltroni. «Ed è in crescita, ci dicono i
sondaggi», ha proseguito. Benché in
punta di fioretto e non di Durlindana, com'è nel suo stile,
il vicepresidente del Consiglio ha
ribadito la sua posizione: in un «sistema compiutamente bipolare»
ci potranno essere «il
partito dell'Ulivo» e quello del Polo. Non ha pigiato sul'acceleratore,
ma certo non invertito la
sua direzione di marcia e ha sostenuto che le attuali divisioni
tra componenti dell'alleanza
«vengono dal passato, non dal presente».
Un dettaglio: di passato si era occupato anche D'Alema. «L'etica
può avere due ruoli:
consolidare l'innovazione o resistere alla corruzione. La fase
del secondo aspetto è finita, noi
dobbiamo pensare all'innovazione», avrebbe detto. L'innovazione
viene evocata spesso dal
vice di Prodi, però se nel giudizio ci fosse un taglio con il
Berlinguer della «questione morale»
si tratterebbe di un'ulteriore divergenza.
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