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Consiglio Nazionale Roma, 5 febbraio 1999
1. E' arrivato il momento di partire. Ma la casa di cui oggi gettiamo le fondamenta è una casa con le porte aperte. Durante il nostro ultimo Consiglio Nazionale avevamo insieme deciso di esplorare ogni possibilità e ogni via utile a garantire che alle prossime elezioni europee la coalizione dell'Ulivo potesse presentarsi nel modo più unito e compatto possibile. Avevamo anche deciso che la priorità assoluta da perseguire dovesse essere quella di dar vita a una lista unica di tutte le componenti dell'Ulivo che si potessero in tal modo presentare insieme agli elettori Come sapete nei giorni successivi al nostro Consiglio Nazionale molte riunioni e molti incontri si sono svolti. Abbiamo registrato un largo interesse alla nostra proposta ma anche resistenze e difficoltà che non sempre abbiamo potuto capire. Allo stato attuale non vi sono le condizioni per pensare di poter giungere a un'unica lista di tutte le diverse componenti dell'Ulivo. Ci sono invece le condizioni affinché alle prossime elezioni europee le varie componenti dell'Ulivo concorrano comunque sulla base di indirizzi programmatici comuni e con un segno comune che ricordi agli italiani che il progetto dell'Ulivo è ancora vivo e vitale. Mancando le condizioni per una lista di tutti noi abbiamo esplorato ogni possibilità per dar vita a una iniziativa che sia comunque la più ampia possibile. Abbiamo dunque rivolto il nostro appello a tutte le diverse componenti dell'Ulivo, a tutte parimenti dichiarando il nostro interesse a lavorare insieme. Il nostro invito è stato accolto da alcune componenti importanti, che peraltro già avevano dimostrato di condividere pienamente la nostra impostazione. Intendo riferirmi innanzitutto all'Italia dei Valori e a Centocittà, realtà che hanno con noi comunanza di analisi e identità di intenti. Non abbiamo avuto ancora risposta egualmente aperta e chiara da parte degli altri partiti della coalizione dell'Ulivo con i quali abbiamo avviato un confronto. In questa situazione credo che dobbiamo comunque assumere oggi la decisione di dar vita a una lista comune di tutte le forze che, appartenendo alla coalizione dell'Ulivo e condividendo la nostra analisi, le nostre impostazioni e il nostro disegno programmatico, accettino di presentarsi insieme a noi. Dobbiamo cioè cominciare subito a costruire una nuova grande iniziativa che possa aggregare, oggi o domani, tutti i democratici che hanno condiviso il progetto dell'Ulivo e che questo progetto vogliono continuare a portare avanti insieme. Vogliamo cioè essere quello che ci sentiamo: Democratici per l'Ulivo. Non si tratta di fondare un nuovo partito né di creare un soggetto che divida chi nell'Ulivo si è riconosciuto, escludendo alcuni e riconoscendo altri. Si tratta piuttosto di fare un passo avanti, di percorre una nuova tappa della strada comune che cominciammo insieme quattro anni fa. Si tratta appunto di dare alle nostre passioni e ai nostri obiettivi un nuovo strumento e un'identità capace di esprimere la nostra voglia di unità e di coesione. Ecco perché noi avvieremo fin da ora la nuova grande esperienza dei Democratici per l'Ulivo. Un'esperienza aperta a tutti e disposta sin da ora a svilupparsi in futuro secondo linee e modalità che consentano a tutta la gente dell'Ulivo di ritrovarsi insieme nella comune prospettiva che oggi avviamo. Restiamo dunque aperti a ricercare le intese possibili con le altre forze dell'Ulivo a cominciare dal partito popolare che ha avviato al suo interno un dibattito sul modo con cui rispondere alla nostra proposta. Ma lo stesso discorso vale per gli altri partiti, dai Verdi ai DS. Possiamo dire che noi cominciamo oggi a mettere le fondamenta della casa comune. Ma lo facciamo con l'animo e la volontà di chi si aspetta che in essa possano abitare tutti gli amici che condividono il nostro progetto e dunque fin d'ora lascia per essi la porta aperta. 2. Le ragioni politiche della nostra scelta: costruire la nuova Europa e creare le condizioni perché l'Italia possa restare in Europa. Le ragioni che motivano la nostra scelta sono assolutamente semplici. Quattro anni fa cominciammo a lavorare avendo chiari due obiettivi fra loro strettamente collegati: portare l'Italia in Europa costruire un'Italia in grado di essere protagonista in Europa e capace di reggere il confronto con le altre grandi democrazie 2.1 portare l'Italia in Europa per concorrere con gli altri Paesi a costruire la nuova Europa Quando abbiamo cominciato il nostro lavoro sembrava che l'Italia fosse destinata a restare fuori dall'Europa. Giudicammo questo inaccettabile. Dicemmo allora che l'avvenire di tutti noi aveva senso solo in Europa. Dicemmo allora che fuori dall'Europa l'Italia sarebbe andata alla deriva. Dicemmo allora che noi, come italiani, sentivamo di avere il diritto e il dovere di partecipare alla costruzione di una nuova Europa che fosse capace di coniugare insieme sviluppo e solidarietà; mercato e sicurezza sociale per i bisogni essenziali dei suoi cittadini; integrazione economica e coesione politica; capacità tecniche e legittimazione democratica. Affinché anche l'Italia potesse partecipare a questa impresa noi ci impegnammo. La situazione sembrava disperata. I conti economici erano tali che pareva impossibile raggiungere l'obiettivo. Il sistema politico italiano, figlio della stagione del proporzionalismo e della prepotenza dei partiti appariva instabile e difficilmente affidabile. Le forze delle tradizioni riformistiche italiane sembravano incapaci di potersi efficacemente contrapporre a un centrodestra oggettivamente lontano dalle tradizioni europee e nel suo insieme raccogliticcio, pasticcione e soprattutto pericoloso. Insieme alle altre forze della coalizione creammo l'Ulivo. Avanzammo cioè una grande ipotesi di lavoro politico basata sul valore del programma, sulla ricerca di un rapporto stretto e continuo con gli elettori e i cittadini, sulla consapevolezza che solo il convinto sostegno degli elettori a un programma da loro condiviso potesse essere in grado di legittimare un governo autorevole e stabile. L'Ulivo fu e deve continuare ad essere questo. E' l'Ulivo dell'Italia che vogliamo, di quell'Italia cioè alla costruzione della quale noi chiedemmo a tutti di partecipare. E'l'Ulivo che riuscì a unire insieme le migliori tradizioni riformatrici italiane e la speranza che finalmente fosse possibile anche in Italia vedere i cittadini contare ed essere messi in grado di scegliere con il loro voto non un partito ma un governo, non un'ideologia ma un programma, non una memoria ma una prospettiva. In una parola la speranza che si era espressa nei referendum del 1993: che fosse finita la stagione della delega alle segreterie di partito perché facessero e disfacessero i governi; quelli nazionali e quelli locali. Riuscimmo nell'impresa, vincemmo le elezioni e riuscimmo a avere dai nostri concittadini la fiducia per poter adottare le misure difficili ma necessarie per portare l'Italia in Europa. Col nostro successo abbiano potuto dare all'Italia successo. Il successo dell'Ulivo, coalizione ma anche nuovo soggetto politico, ragionamento ma anche entusiasmo, calcolo ma anche sogno, ha consentito all'Italia di giocare un ruolo importante in questi anni. In politica estera come nel contesto europeo noi siamo stati autorevoli e ascoltati, malgrado le nostre difficoltà e i limiti del nostro passato. In politica interna siamo riusciti a realizzare un risanamento economico inaspettato e insperato, mantenendo altissimo il tasso di democrazia del nostro Paese. Abbiamo mantenuto le nostre promesse e abbiamo dimostrato concretamente che la nostra intuizione era efficace e utile al Paese. Su quella via dobbiamo ora continuare. Dobbiamo cioè continuare a operare perché continuino ad esistere e si rafforzino le condizioni per mantenere forte il ruolo dell'Italia in Europa e alta la nostra capacità di concorrere a costruire, insieme con gli altri popoli, l'Europa che vogliamo. 2.2 L'Europa che vogliamo Noi vogliamo un'Europa che sia sempre più una realtà politica oltre che economica. Vogliamo un'Europa che sia sempre più basata sulla legittimazione democratica delle sue istituzioni piuttosto che sulla capacità professionale e finanziaria delle sue tecnocrazie. Noi non vogliamo né l'Europa dei banchieri né l'Europa della burocrazia europea. Noi vogliamo l'Europa dei cittadini e delle autonomie. Vogliamo un'Europa che sappia superare i limiti del secolo che sta morendo e sappia guardare con coraggio e capacità di innovazione al futuro. Vogliamo un'Europa che sappia legare insieme la preziosa eredità dello Stato sociale Europeo e i benefici effetti della competizione globale in un mondo aperto e intercomunicante. Vogliamo un'Europa capace di padroneggiare i gravi problemi del secolo che sta per iniziare e capace dunque di trovare un punto di equilibrio accettabile con le altre civiltà, le altre razze, le altre tradizioni culturali che premono alle nostre frontiere. Vogliamo un'Europa capace di estendersi a nuovi Paese nella giustizia, nel rispetto reciproco, nella consapevolezza che l'allargamento stesso dell'Europa o è un fatto di civiltà e comune scommessa sul futuro, o non è. Vogliamo un'Europa attenta ai temi del lavoro e dell'ambiente. Un'Europa attenta ai bisogni dei più deboli e aperta a offrire a tutti occasioni di crescita e di promozione umana. Questa è l'Europa che vogliamo. 3. Portare l'Ulivo in Europa e fare dell'Italia un Paese di forte democrazia, capace di garantire stabilità ai governi e reale scelta ai cittadini. Per costruire l'Europa che vogliamo, per dare il nostro contributo a questa grande impresa, noi ci presenteremo insieme alle prossime elezioni. 3.1. Portare l'Ulivo in Europa. La ragione prima del nostro impegno, che oggi riconfermiamo e che da oggi insieme svilupperemo sta proprio nella nostra volontà di concorrere a costruire l'Europa che vogliamo. La nuova Europa ha bisogno di legittimazione democratica e dunque ha bisogno di forze che siano capaci di legare a questa nuova realtà i popoli europei. Le tradizionali forze politiche, quelle che vengono dal passato e che costituiscono oggi le grandi famiglie europee sono, nel bene e nel male, figlie della storia del secolo che ci sta alle spalle. E'questa una storia gloriosa, ricca di luci e di ombre. E'la storia della divisione europea ma anche la storia della sua unificazione. E' comunque la storia politica che ci viene dai nostri padri e dal nostro passato. 3.2 Superare le distinzioni che vengono dal passato Mi chiedo e vi chiedo: è possibile che si possa costruire il futuro limitandosi a unire insieme, in famiglie politiche separate secondo gli schemi ideologici del novecento europeo i partiti che in ogni Paese si sono affermati dentro i confini dei rispettivi Stati-nazione e dentro i limiti della cultura politica di un'epoca che noi vogliamo superare? Io credo di no. Sono fermamente convinto che anche in Europa vi sia bisogno di Ulivo. Vi sia bisogno cioè di una intuizione e di un soggetto politico che abbia come scopo quello di unire insieme le migliori forze del riformismo europeo, superando gli argini del nostro passato e guardando invece al nostro comune futuro. La tradizione del socialismo riformista, del cristianesimo democratico, del liberalismo democratico, dell'ambientalismo hanno anche in Europa molto in comune. Non vi è ragione dunque che, in omaggio a tradizioni del passato, noi dobbiamo accettare di continuare a tenere schematicamente divise le forze che contenutisticamente sono fra loro affini. Soprattutto non ha senso immaginare che mentre dobbiamo costruire una nuova grande realtà democratica a scala continentale noi dobbiamo accettare di essere pregiudizialmente prigionieri di limiti barriere e schemi che non vengono dalla volontà dei nostri popoli o dalle differenze dei nostri progetti culturali ma soltanto dalla non spiegata volontà di rinunciare a qualunque innovazione nella tradizionale ripartizione dei ruoli politici. Nessuno più di noi è affezionato al bipolarismo. Ma noi vogliamo, in Italia come in Europa, un bipolarismo vero, che tenga divisi coloro che devono essere divisi perché hanno idee, progetti, speranze diverse e unisca invece coloro che possono essere uniti da un medesimo obiettivo e da un medesimo progetto. L'Europa che noi vogliamo è l'Europa delle grandi tradizioni del riformismo europeo, così come l'Italia che noi abbiamo voluto e vogliamo, era ed è l'Italia del miglior riformismo italiano. 3.3. Dobbiamo lavorare con tutte le forze che anche negli altri Paesi d'Europa si sono messe in marcia per cercare una "nuova via". Per questo noi diciamo che in Europa come in Italia c'è bisogno di una nuova iniziativa politica. Una iniziativa capace di comprendere l'importanza di un'articolazione federale che, basata sul rispetto rigoroso del principio di sussidiarietà, sia capace di massimizzare i benefici delle differenze e minimizzare i costi dell'uniformità. Una iniziativa che sappia comprendere che nel rispetto delle differenze di culture e di esperienze sta il fondamento non solo della possibilità di costruire una Europa democratica ma anche della possibilità di vincere su ogni terreno, a partire da quello economico, la sfida mondiale che comunque noi europei dobbiamo fronteggiare. Una nuova iniziativa politica che unisca le grandi e nuove esperienze della migliore cultura europea. Una iniziativa che, come in Italia, favorisca il confronto tra i democratici liberali, i socialisti, gli ambientalisti, i regionalisti e gli autonomisti, i popolari del gruppo di Atene. Con queste forze vogliamo lavorare insieme per superare le divisioni e le distinzioni del passato e per sconfiggere i conservatori, i nazionalisti, gli xenofobi che oggi minacciano la nuova Europa democratica che noi vogliamo concorrere a costruire. Noi vogliamo confrontare e condividere la nostra esperienza con le forze che anche in altri Paesi europei si sono messe in cammino per la ricerca di una nuova via. Anche l'Europa ha bisogno di Ulivo. 3.4. Rafforzare l'Ulivo italiano e portare a compimento la costruzione di un sistema politico italiano bipolare Il nostro impegno non è però rivolto solo alla dimensione europea. Noi sappiamo bene che perché la nostra proposta conti in Europa è necessario che in Europa conti l'Italia tutta. Noi sappiamo bene che perché l'Italia conti in Europa non basta l'azione, per quanto efficace, del Governo. Governo che noi comunque sosteniamo lealmente perché ha il nostro stesso programma e opera nella stessa direzione che anche il Governo precedente aveva seguito. Noi sappiamo che perché l'Italia conti in Europa occorre che la lunga marcia iniziata nei primi anni novanta per dare al Paese un sistema politico-istituzionale capace di garantire stabilità ai governi e vera sovranità ai cittadini raggiunga finalmente l'obiettivo per il quale tutti noi abbiamo lavorato. Solo il raggiungimento di questo obiettivo può consentire all'Italia di confrontarsi alla pari con gli altri Paesi europei che questa meta hanno già conseguito. 3.4.1. La nostra solidarietà alla battaglia referendaria Per questo noi siamo oggi solidali con la battaglia referendaria. Vediamo nel referendum una tappa importante per la continuazione di questa marcia. E vediamo anche nel referendum uno strumento importante per consentire ai cittadini di dire la loro volontà di non tornare indietro ma anzi di andare avanti sempre più rapidamente sulla via intrapresa. Noi abbiamo paura che senza un nuovo balzo in avanti il Paese e il suo sistema politico possano essere tentati di compiere un grande salto all'indietro, tornando a quel Governo basato sui partiti che l'Italia ha voluto consapevolmente, pressata dalla necessità stessa della storia, superare. 3.4.2. La nostra volontà di tenere fede alle promesse dell'Ulivo: costruire un sistema bipolare ; assicurare la stabilità dei governi; garantire agli elettori la scelta del capo dell'Esecutivo; rafforzare le comunità locali attraverso un forte e diffuso federalismo Noi abbiamo paura che si dimentichi il valore della democrazia, che si trascuri la crescente disaffezione degli elettori che sempre più spesso trascurano le urne, che si dimentichi (come per tanti anni si è colpevolmente fatto finta di ignorare) che l'instabilità dei governi e le lotte interpartitiche sono state e possono tornare ad essere il maggior fattore di debolezza e di discredito del Paese sul piano internazionale. Noi abbiamo paura che, senza la nostra presenza, senza la forte presenza di un Ulivo che è allo stesso tempo sogno e realtà, sfida e speranza, proposta e nuovo soggetto politico, i partiti, anche quelli legati alle migliori tradizioni culturali, perdano ogni contatto con la gente e siano trascinati a ripercorre le strade del passato. Noi abbiamo paura che senza la nostra presenza si dimentichino i grandi impegni e le grandi scommesse sulle quali avevamo costruito il nostro programma e fatto la nostra proposta al Paese: la proposta di realizzare un sistema politico e istituzionale basato sul principio del bipolarismo, sulla scelta diretta del Capo dell'esecutivo, su una forte e diffusa rete territoriale basata sul federalismo e sull'autonomia. 4. C'è bisogno di Ulivo in Italia Per questo noi siamo convinti che oggi più che mai ci sia bisogno di Ulivo in Italia. Noi siamo convinti che solo dentro l'Ulivo, in una forte coesione politica, nella comune prospettiva di costruire una nuova iniziativa politica , le migliori tradizioni del riformismo italiano possano trovare la loro prospettiva. Noi siamo convinti che solo nell'Ulivo, in un Ulivo forte e determinato il Paese possa trovare il punto di riferimento necessario per andare avanti sulla strada della costruzione di un sistema politico davvero democratico e davvero europeo. Noi siamo convinti che senza l'Ulivo, senza il nostro Ulivo, l'Italia è più povera, la democrazia italiana più debole, l'attenzione dei cittadini per la politica più lontana. Noi siamo convinti che l'Italia ha bisogno dell'Ulivo. Per questo riprendiamo la nostra marcia. Per questo siamo fiduciosi che quelli che ieri hanno condiviso e condividono oggi i nostri ideali saranno con noi. Per questo, mentre iniziamo questa nuova fase del nostro impegno attendiamo con speranza e fiducia che anche coloro con cui ieri lavorammo e che oggi non sono qui possano presto riunirsi a noi. Noi comunque li aspettiamo. Nessuno di noi può assistere senza rammarico al fatto che i milioni di donne e di uomini che hanno creduto nell'Ulivo fino a portarlo alla vittoria del 1996 possano oggi trovarsi di fronte a scelte diverse capaci di costringere quanti allora furono insieme a dividersi. In ogni caso a tutte le donne e a tutti gli uomini che furono con noi, a tutti i cittadini italiani, anche a quelli che non ci votarono e non ci voteranno, noi vogliamo dire che siamo una forza che vuole unire e non dividere; una forza che vuole rafforzare e non indebolire la capacità di governo del Paese; una forza che vuole dare speranza e non sofferenza; una forza che crede nel futuro e che sempre opererà per aiutare tutto il Paese a credere nel suo futuro. 4.1. La ricerca dell'unità: l'orizzonte delle amministrative. Le primarie come modo per cementare l'unità dell'Ulivo e radicare di più la democrazia dei cittadini Per questo, ovunque sia possibile e utile, noi fin da ora ricercheremo tutto ciò che può unire e supereremo tutto ciò che, senza mettere in discussione il nostro progetto, possa comunque essere elemento di divisione e difficoltà. Opereremo dunque in modo che alle prossime elezioni amministrative tutte le forze che si sono riconosciute in passato nel progetto dell'Ulivo possano collaborare a pieno titolo con noi e avere comunque la nostra collaborazione. Opereremo perché nelle nostre città, nelle nostre Province, il processo di aggregazione che è stato ed è ancor oggi l'Ulivo non arretri ma faccia piuttosto più rapidi passi avanti. Opereremo perché nelle nostre città e nelle nostre province l'esperienza dei Democratici per l'Ulivo, che oggi nasce, sia elemento di coesione e non di divisione, di accelerazione e non di freno del processo di aggregazione più ampio che noi, con la nostra decisione di oggi, vogliamo offrire al Paese. Per questo, e per favorire a livello locale la massima compattezza possibile fra tutte le forze che hanno sviluppato l'esperienza dell'Ulivo noi chiederemo di superare, almeno nella scelta delle candidature comuni, i tradizionali metodi basati sugli accordi tra le segreterie. Chiederemo di dare la parola ai cittadini promuovendo le primarie come unico metodo legittimo per radicare fin dalla selezione delle candidature la forza della coalizione dentro la volontà dei cittadini. Specialmente a livello locale la forza degli eletti e la capacità di rappresentanza che oggi hanno i sindaci non può più consentire che i cittadini siano tenuti fuori dalle scelte fondamentali che riguardano proprio i candidati chiamati a incarnare la forza delle idee e dei programmi. E ciò è tanto più vero quanto più si operi, come noi crediamo necessario operare in una prospettiva che deve unire forze diverse ed esperienze diverse. Le prossime elezioni amministrative devono essere quanto più possibile esemplari del nuovo cammino che tutti insieme dobbiamo compiere.
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