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Riunione de L'Ulivo Roma, 19 Gennaio 1999
Cari
amici dell'Ulivo, essere qui oggi, di nuovo, noi che uniti abbiamo
vinto le elezioni del 21 aprile, le ultime elezioni politiche,
è motivo ed occasione di orgoglio e di riflessione.
Se vi ho proposto di incontrarci tutti assieme, una volta di più, è perché, in un momento carico tanto di opportunità quanto di rischi per l'Ulivo, ho avvertito forte la necessità di un confronto tra di noi, un confronto vero, autentico, sincero. Non vi parlo, dunque, appellandomi alle regole, agli statuti, alle carte fondative della nostra coalizione ma solo muovendo da ciò che in questo momento sento come la mia responsabilità, il mio dovere verso gli ideali che ci hanno unito e verso tutti coloro che nel nome di questi ideali si sono in questi anni impegnati, con passione, con generosità e con straordinario successo. Qualsiasi richiamo a regole scritte presupporrebbe, peraltro, per essere sino in fondo credibile, che la casa, che il soggetto politico che quelle regole hanno contribuito ad edificare fossero pieni di vita e di salute. Per quanto grande possa essere la passione politica che ci anima, nessuno di noi, qui dentro, è cieco o sordo al punto da non vedere e sentire che l'Ulivo, il nostro Ulivo, è oggi una pianta duramente colpita, una pianta in grave sofferenza. Dando vita, lo scorso ottobre, al governo D'Alema il centro-sinistra si è fatto carico della responsabilità per i rischi ai quali l'instabilità politica avrebbe esposto il paese, per il pericolo che l'Italia potesse all'ultimo minuto perdere quell'aggancio all'Europa che tanti sacrifici era costato e che aveva costituito l'obiettivo prioritario e il grande successo dell'esecutivo uscito dalle elezioni del 21 aprile 1996. E' per questo che, con convinzione e lealtà che voglio oggi confermare e ribadire, ho espresso il mio appoggio al governo presieduto da Massimo D'Alema e al suo programma. Il prezzo politico che le forze dell'Ulivo hanno pagato per uscire dalla crisi apertasi in Parlamento con il voto contrario all'esecutivo espresso dal Partito della Rifondazione Comunista, per formare una nuova maggioranza, per dare un governo al Paese, è stato, tuttavia, molto alto. Pur difendendo ed imponendo una continuità programmatica, si è, infatti, dovuta accettare una soluzione politica che, dichiaratamente e pregiudizialmente, ha segnato la conclusione della stagione del governo dell'Ulivo. Un'alleanza organica tra componenti politico-culturali accomunate dalla medesima ispirazione democratica e riformatrice, un patto apertamente contratto dinanzi ai cittadini e legittimato dal voto sono stati sostituiti da un accordo a tempo tra forze che mantengono obiettivi politici diversi e che si preparano ad affrontarsi, domani, su sponde contrapposte, da un'intesa sulla quale gli elettori non hanno potuto esprimersi. Rispetto alla stagione dell'Ulivo si notano crescenti e preoccupanti, i segnali della discontinuità politica. Penso alla mancanza di iniziativa dell'Ulivo in quanto realtà unitaria. Penso alla presenza e al riaffermarsi, all'interno del governo, delle delegazioni dei partiti. Penso al trasferimento di queste stesse logiche dal governo centrale ai governi regionali. Questa è la realtà che sta sotto gli occhi di tutti noi. Questa è la realtà che mi ha indotto a promuovere la riunione di oggi. Questa è la realtà che mi spinge ad invitare a riprendere, tutti insieme, uno sforzo comune per fare rifiorire l'Ulivo. Nel Paese cresce la nostalgia dell'Ulivo. Nel Paese ritorna a crescere la domanda di Ulivo. E' la domanda di Ulivo come strumento e garanzia di una modernizzazione della società e delle istituzioni. E' la domanda che il patto solennemente contratto davanti agli elettori dalle forze democratiche e riformatrici e da coloro che sotto il simbolo comune dell'Ulivo si sono candidati e sono stati eletti mantenga il proprio valore per l'intera legislatura. Un patto per la costruzione di una alleanza organica e duratura. Un patto per il superamento delle appartenenze culturali come ragioni di divisione e separatezza e, invece, per la loro composizione come ragione di reciproco arricchimento. Un patto per la partecipazione dei cittadini come impegno per una compiuta democrazia dell'alternanza nella quale si restituiscano all'elettore il potere e il diritto della scelte sull'indirizzo politico del paese, nella quale si garantiscano ai governi quella autorità e quella continuità dalle quali dipende la possibilità per l'Italia di essere protagonista alla pari con gli altri paesi sulla scena europea ed internazionale, nella quale si ricostruiscano e si rinnovino le ragioni della fiducia tra i cittadini, i partiti, le istituzioni. Un patto per la sussidiarietà come cultura e come pratica delle autonomie nel segno di una riforma in senso federalista dello Stato. Un patto per la solidarietà come ispirazione di fondo di una coalizione riformatrice e democratica che crede pienamente nei valori e nelle opportunità offerte da una libera, concorrenziale economia di mercato ma che sempre si ricorda dei più deboli e si rifiuta di abbandonarli lungo il cammino. Questo è l'Ulivo che ci viene chiesto di rilanciare. Questa è la domanda di Ulivo alla quale dobbiamo dare riposta. Per farlo, per rilanciare la promessa e la realtà della democrazia dell'alternanza, di un'alleanza dei riformatori unita e vittoriosa, dobbiamo approfittare della prima prova elettorale a nostra disposizione, quella offerta dalle elezioni europee del prossimo giugno. Non ci sono ragioni obiettive che impongano di andare a questo appuntamento divisi o anche soltanto che costringano ad assumere come un dato di fatto la conclusione che presentandosi divisi si ottengano i migliori risultati. Nel quotidiano dibattito politico nazionale sono ben presenti le voci di coloro che, guardando al panorama politico europeo e presentandolo come modello, sottolineano le divisioni e le contrapposizioni tra popolari e socialisti. E il sistema proporzionale, certo, di per sé non agisce come uno stimolo all'unione delle forze. Tuttavia, né la presenza, nel Parlamento di Strasburgo, dei due grandi gruppi popolare e socialista né il sistema proporzionale che governa le consultazioni europee sono motivi necessari o sufficienti perché le forze dell'Ulivo debbano scegliere la strada della divisione anziché quella, già sperimentata come vincente, dell'unione. Non è necessario essere esperti della geografia del Parlamento europeo per comprendere come la linea che divide il campo dei riformatori da quello dei conservatori non sia certo quella che corre tra gli eurosocialisti e gli europopolari. Più che partiti, i raggruppamenti politici europei sono delle larghe famiglie, delle case ampie costruite per accogliere ospiti scelti sulla base di appartenenze culturali e ideologiche del passato e che oggi faticano a corrispondere alla realtà. Entrambi membri del Partito popolare europeo, cos'hanno, ad esempio, in comune tra loro il premier spagnolo José Maria Aznar, sicuro avversario dei socialisti, autorevole esponente del fronte conservatore europeo, fautore della associazione di Forza Italia e di Silvio Berlusconi al Ppe, e il belga Jean Luc Dehane, erede della tradizione sociale del cattolicesimo democratico nord-europeo, capo di un governo e di una maggioranza stabilmente basati sull'alleanza tra popolari e socialisti? Noi vogliamo portare la nostra unità in Europa per fare da ponte tra le componenti innovatrici e riformatrici. Non vogliamo importare dall'Europa delle divisioni artificialmente enfatizzate da una lettura provinciale della realtà europea. Del resto, il sistema proporzionale è una regola per legare il voto alla distribuzione dei seggi, non una camicia di forza da imporre ai partiti per coartare le loro scelte o, peggio, per imporre una organizzazione della politica indifferente alle domande dei cittadini. Il sistema elettorale per le elezioni europee è dato come proporzionale ma le forze politiche restano libere di definire la propria natura e le proprie politiche. A chi ci vuole dividere in Europa per dividerci in Italia, dobbiamo rispondere che vogliamo restare uniti in Italia per esserlo anche in Europa. A chi ci vuole vedere oggi andare divisi al voto europeo per tenerci divisi anche domani e per indebolirci dobbiamo rispondere che vogliamo restare uniti. Uniti oggi per vincere nelle elezioni europee e nelle elezioni amministrative opportunamente abbinate alle europee. Uniti già oggi per vincere domani nelle prossime elezioni politiche. Quando, in giugno, andremo a votare, all'inizio della campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento mancheranno appena venti mesi. E' un periodo breve e che dobbiamo mettere a frutto. Per completare la realizzazione del programma dell'Ulivo. Per preparare la vittoria elettorale dell'alleanza dei riformatori. Abbiamo dimostrato che sappiamo governare bene, che sappiamo governare nell'interesse del Paese. Non siamo in politica per partecipare. Siamo in politica per vincere, per governare. L'Ulivo è l'alleanza per la vittoria. Oggi, qui, io vi chiedo di ritrovare le ragioni dell'unità e della vittoria, le ragioni dell'Ulivo. Per parte mia questa è la strada che percorrerò, con passione e senza esitazioni.
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