La questione giustizia, come del resto avevamo
previsto, continua ad essere al centro di polemiche e di vere
e proprie provocazioni politiche.
Le ultime sortite del Polo, che è riuscito
a far coincidere la discussione parlamentare sulla proposta
di istituzione di una commissione d’inchiesta su Tangentopoli
con il momento della condanna in primo grado Di Silvio Berlusconi
per vicende di corruzione, hanno di nuovo elevato la tensione,
con la finalità- nemmeno tanto mascherata- di iniziare
un "processo", questo si tutto politico, all’azione
di repressione svolta dalla magistratura italiana nei confronti
della corruzione.
L’opinione pubblica, tuttavia, percepisce chiaramente
che, al di là delle pur legittime divergenze di opinione
sugli aspetti tecnici, quello che anima il dibattito sulla giustizia
sembra essere qualcosa di molto diverso dalla volontà
di far funzionare bene un servizio tanto essenziale per la democrazia,
assicurandogli quell’efficienza che gli è indispensabile.
Non è, infatti, la ricerca delle riforme
legislative che suggerisce l’iniziativa del Polo, quelle riforme
che l’Ulivo ha previsto, in modo chiaro, nel proprio programma
elettorale e che ha coerentemente coltivato con l’azione di
governo per contemperare il rispetto delle fondamentali garanzie
dell’individuo con le sacrosante e pressanti esigenze di difesa
sociale da una criminalità, piccola e grande, sempre
più dilagante.
Si tratta, invece, dell’ennesimo tentativo
di impedire o di condizionare il controllo di legalità
costituzionalmente assegnato alla giurisdizione, contrabbandando
per una battaglia di libertà quella che, più semplicemente,
e la voglia di immunità penale di quanti, sul sistema
delle tangenti, hanno costruito le proprie fortune personali
e politiche.
La gravità dell’attacco generalizzato
portato oggi alla magistratura italiana, apertamente accusata
di operare come organo di regime, richiede una forte capacità
di risposta da parte di quanti ancora hanno il senso dello stato
e credono che sia possibile pretendere il rispetto delle regole
senza dover essere costretti a partecipare ad insensate guerre
di religione.
Il Movimento per L’Ulivo deve, pertanto, dar
voce a tali aspettative, interpretando quella diffusa voglia
di pulizia, di efficienza e di normalità che, sulla questione
giustizia sembra doversi continuamente scontrare con resistenze
vecchie e nuove.
Roma, 9 Luglio 1998
Il Coordinatore Nazionale
Marina Magistrelli
CommissioneGiustizia
Giampaolo Schiesaro