Il serpente cambia pelle per l'ultima volta e si trasforma
in euro. Dall'ulteriore muta del sistema monetario europeo (il
'serpente' appunto), non nascera' piu', infatti, un aggiustamento
dei cambi tra le divise europee ma una vera e propria moneta,
che mandera' in soffitta e tra le pagine dei libri di storia
marchi, franchi, lire e pesetas.
La futura moneta unica europea, che sara' 'battezzata' a Bruxelles
per diventare il solo ed unico contante degli europei a partire
dal 2002, ha pero' alle spalle un quarto di secolo di storia
'valutaria'. Le radici dell' unificazione monetaria continentale
risalgono infatti al 'serpente monetario' varato nel '73, anno
di recessione per tutto il Vecchio Continente sconvolto dal
primo choc petrolifero. Un'iniziativa apparentemente modesta
e travagliata, che comunque ha portato man mano alla grande
sfida dell'euro, una vera rivoluzione con pochi precedenti.
Come obiettivo primario c'era stata la stabilizzazione dei
cambi in Europa attraverso bande di oscillazione reciproche
tra le varie valute, che nel tempo sono passate dal 4,5% dell'inizio
(12% in un primo momento per lira, peseta e sterlina irlandese)
al 30% (15% sopra e sotto le parita' centrali) dopo la tempesta
scatenata dalla speculazione internazionale che porto' all'uscita
dal sistema monetario europeo di lira e sterlina.
La prima pelle il serpente monetario la perde il 13 marzo
del '79 quando, per via di uno dei tanti accordi franco-tedeschi
che dal 1951 (anno di nascita della Ceca) hanno segnato le tappe
fondamentali dell'integrazione europea, diventa Sistema monetario
europeo, lo Sme. Lo sviluppo della politica dei cambi fissi
in Europa si avvale quindi dell'ecu, l'unita' di conto europea,
destinata a diventare dopo l'Atto unico del 1986 (primo impegno
ufficiale verso l'unione monetaria) e ancora di piu' in seguito
al Trattato di Maastricht firmato nel gennaio del '92, il 'bozzolo'
dell'euro.
Dopo anni di assestamento, svalutazioni (soprattutto per la
lira) e rivalutazioni (per lo piu' per marco e fiorino), guidati
dai padri dello Sme, Valery Giscard d'Estaing e Helmut Schmidt,
gli allora Dodici membri comunitari decidono intorno alla meta'
degli anni Ottanta di passare ad una sorta di ''fase due'' del
serpentone monetario. Un'integrazione monetaria piu' stretta,
da realizzare con una fascia di oscillazione piu' bassa (2,25%
in piu' o in meno rispetto alla parita' centrale) comune a tutte
le valute, e con l'ingresso di quelle ancora fuori dallo Sme.
L'invito e' rivolto in particolare alla sterlina inglese, la
cui entrata nel Sistema sarebbe avvenuta solo nell'ottobre del
'90 con una fascia di oscillazione del 6%. La stessa della peseta,
entrata l'anno prima, e la stessa lasciata dalla lira nel gennaio
del '90 con il suo debutto nella banda stretta.
Nell'aprile del '92 - sempre con la fascia del 6% - entra
l'escudo portoghese a completare la griglia dello Sme, dal quale
resta fuori (fino al marzo scorso) soltanto la dracma greca.
Ma poco dopo che il Trattato di Maastricht ha definito il
lungo sentiero per arrivare alla moneta unica, la speculazione
internazionale vede nel difficile cammino dell'euro, e soprattutto
nella difficolta' di realizzare la convergenza economica tra
la solidita' tedesca e la 'leggerezza' dei bilanci del 'Club
Med' (i paesi del Mediterraneo) molti elementi di debolezza.
Nell'estate del '92 sotto il peso degli speculatori cadono prima
la lira poi la sterlina, che escono dallo Sme. La peseta viene
fortemente svalutata e ben presto anche il franco 'scricchiola',
tanto da mettere in discussione la stessa futura unione monetaria.
La banda di oscillazione balza al 30%; si inizia a parlare di
euro a due velocita': moneta unica subito solo per i virtuosi
(Germania, Francia e Benelux), mentre la strada per l'Italia
sembra sbarrata. Ma l'esito del referendum francese a favore
di Maastricht ed il colpo di reni nel risanamento dei conti
pubblici italiani calmano col tempo le acque. Dopo una svalutazione
che l'ha portata a sfiorare 1.300 lire per un marco, la lira
rientra nello Sme alla fine del '96 (rispettando uno dei parametri
di Maastricht), ponendo le condizioni per fondersi con le divise
forti nell'Ume.
Arriva cosi' il 25 marzo di quest'anno, quando con due diverse
pagelle, l'Ime (l'istituto monetario europeo, nocciolo della
futura Banca centrale europea creato nel '94) e la Commissione
Ue indicano i paesi in regola per entrare nell'euro dal primo
gennaio prossimo. Italia 'dentro' e' il verdetto finale che
pone cosi' fine alle annose polemiche scatenate soprattutto
da tedeschi e olandesi sulla sostenibilita' del risanamento
italiano. Undici giocatori in campo sin dall'inizio, quindi,
con la Grecia in panchina e Gran Bretagna, Svezia e Danimarca
in trattativa per l'ingaggio.
L'euro, denominato ufficialmente cosi' dopo il vertice di
Madrid del '95, e' ormai sulla rampa di lancio. Il lungo cammino
percorso dall'Unione monetaria e dall'integrazione economica
tra i Quindici puo' metterlo al riparo dalle temepeste valutarie,
cosi' come il patto di stabilita' adottato nel '96 a Dublino
lo mette in condizioni di operare nel rispetto del rigore monetario
(sotto pena di sanzioni pecuniarie per chi non rispetta gli
impegni assunti). La sfida nei confronti di dollaro e yen sui
mercati internazionali e' tuttavia appena cominciata..