Il
Governo de L'Ulivo: L'INGRESSO IN EUROPA
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Euro:
la "lunga marcia" dell'Italia
ROMA - E' stata una
lunga marcia costellata di momenti difficili quella che ha condotto
l'Italia alle soglie dell'euro: l'uscita dallo Sme, stangate
e manovre per oltre 360 mila miliardi di lire, laceranti riforme,
chiusura dei rubinetti della spesa pubblica e una congiuntura
economica sfavorevole.
L'eurotassa varata nel '96 ha rappresentato, insieme alla Finanziaria
'97, il punto di svolta, di 'non ritorno', di un sentiero imboccato
sei anni fa e sul quale hanno marciato ben cinque governi. A
discutere e firmare il Trattato di Maastricht, il 7 febbraio
del '92, e' toccato all'ultimo governo guidato da Giulio Andreotti
(ministri degli esteri e del Tesoro erano Gianni De Michelis
e Guido Carli).
Ma e' stato Giuliano Amato, giunto a palazzo Chigi nel luglio
dello stesso anno, a dare il via alla rincorsa verso l'euro
partendo da una situazione resa incandescente anche dal 'ciclone
tangentopoli': l'Italia, si diceva in quei giorni, era arrivata
sull'orlo del baratro.
Ai blocchi di partenza per l'Unione monetaria il paese si presentava
con una situazione economica lontana anni luce dai parametri
di convergenza fissati da Maastricht: nel '91 il rapporto deficit-Pil
era oltre il 10%, quello debito-Pil al 101,5% (ma sarebbe cresciuto
ancora), l'inflazione al 6,9%, e i tassi a lungo termine al
13%.
Tra luglio e dicembre del '92 Amato, affiancato da Piero Barucci
al tesoro e Carlo Azeglio Ciampi al timone della Banca d'Italia,
prende una serie di misure economiche radicali ed in molti casi
duramente contestate, che rappresenteranno la chiave d'avvio
della rincorsa: l'imposta del 6 per mille sui depositi bancari,
lo scioglimento dell'Efim, la fine della scala mobile sui salari
prima della pausa estiva. A settembre la lira viene prima svalutata
rispetto alle altre monete dello Sme e dopo soli quattro giorni
(il 17) e' costretta a uscire 'temporaneamente' dal Sistema,
fuori dal quale restera' per quattro anni.
Una manovra economica record da 93.000 miliardi per il '93 e
l'ottenimento di quattro deleghe per realizzare le necessarie
riforme nei settori chiave della spesa pubblica (sanita', pensioni,
pubblico impiego e finanza locale) sono stati gli altri punti
chiave dell'azione condotta da Amato.
Nell'aprile del '93 tocca al governo 'tecnico' di Ciampi prendere
in mano la situazione. Intanto, il rapporto deficit-Pil e' sceso
al 9,7%, ma quello del debito e' salito al 108,7% . I tassi
a dieci anni sono arrivati al 13,7%. E l'Italia ha chiesto e
ottenuto dai partner comunitari un prestito per 8 miliardi di
ecu - che utilizzera' solo a meta' - che sottopone la politica
di bilancio a un'ulteriore stretto monitoraggio da parte di
Bruxelles.
Il 23 luglio del 1993 Ciampi riesce a raggiungere uno storico
accordo con le parti sociali per il contenimento del costo del
lavoro, un punto fermo che si rivelera' determinante per combattere
l'inflazione. Pochi giorni dopo, il 27 luglio, l'allora ministro
degli esteri Beniamino Andreatta e il commissario europeo per
la concorrenza Karel Van Miert sottoscrivono un'intesa che obbliga
l'Italia a privatizzare l'Eni e l'Iri entro la fine del 1996.
Nella primavera del '94 il testimone passa a Silvio Berlusconi.
Il primo governo della seconda Repubblica vara una manovra da
55 mila miliardi e decide, tra l'altro, il blocco delle assunzioni
nel pubblico impiego. L'impopolarita' della manovra scatena
la protesta popolare: gli iniziali scioperi spontanei si trasformano
in protesta organizzata ed in sciopero generale. Il 12 novembre
la piu' grande manifestazione popolare della storia repubblicana
provoca la spaccatura della coalizione di governo con la fuoriuscita
della Lega Nord e la conseguente caduta del governo Berlusconi.
All'inizio del '95, Lamberto Dini si insedia a palazzo Chigi.
L'ex direttore generale di Bankitalia (che mantiene ad interim
anche il Tesoro) riesce a concludere una prima riforma del sistema
pensionistico.
Nel biennio '94-'95 le privatizzazioni segnano il passo, la
lira resta fuori dallo Sme e oscilla pericolosamente. Il consuntivo
dei conti pubblici migliora, ma e' sempre pesante: il rapporto
deficit-Pil scende solo all'8%, quello debito-Pil arriva al
124,4%, i tassi sono all'11,8, l'inflazione e' al 5,8%. E quando
Romano Prodi forma il suo governo, dai partner Ue continuano
ad arrivare pressanti inviti a fare di piu' per il risanamento
dei conti pubblici.
La svolta decisiva arriva nel settembre '96: il Governo, dopo
aver ulteriormente stretto i rubinetti della spesa pubblica,
punta tutto sull'aggancio all'Europa e vara l'eurotassa. La
manovra che deve portare l'Italia al di sotto del fatidico rapporto
del 3% tra deficit e Pil e' di 62.500 miliardi, piu' una seconda
tranche ''correttiva'' di 16.000 miliardi.
Il 25 novembre, infine, la lira rientra nello Sme con una parita'
centrale di 990 contro il marco.
Prende cosi' lentamente il via il 'circolo virtuoso' innescato
dalla discesa dei tassi - e quindi della spesa pubblica per
gli interessi - che ha consentito al Tesoro di risparmiare alcune
decine di migliaia di miliardi e di facilitare il raggiungimento
di un risultato 'straordinario': piu' che dimezzare il rapporto
deficit-Pil nell'arco di un solo anno.
PER TUTTO L'ULIVO