Parisi: "Siamo in gioco senza riserve"
"Ma alla prima melina ci chiameremo fuori"
di STEFANO MARRONI
ROMA - Dicono gli amici che quando Arturo Parisi parla di politica
lo aiuta molto - nello sveltire ragionamenti a volte un po' professorali
- la sua capacità tutta sarda di inventare paragoni impensati.
È una dote che lo accomuna al suo principale detrattore, Francesco
Cossiga. E così paradossalmente sono proprio le immagini dell'ex
Picconatore a venire in mente, mentre il vicepresidente dei Democratici
spiega che cosa è cambiato di così sostanziale, per far
decidere all'Asinello di non tirar più calci, e mettersi a tirare
invece la carretta del governo. Perché nel giorno in cui il "nuovo
Ulivo" prende il largo, e ciascuno dei suoi rami interpreta l'evento
a modo suo, il professore illustra il suo pensiero citando un gioco
di una volta: "Quel che speriamo di riuscire a fare da oggi - dice -
è far finire questa specie di schiaffo del soldato".
Mi scusi, professore?
"Sì, lo schiaffo del soldato... Ci avrà giocato, no? È
quel gioco in cui uno sta girato di spalle, e deve indovinare chi gli
ha tirato la sberla. Ecco: noi vogliamo che il cittadino, quando ha
qualcosa di ridire su ciò che fa il centrosinistra, non si ritrovi
più davanti a venti mani alzate, ma a qualcosa di chiaramente
identificabile: a un responsabile unico di ciò che il governo
fa o non fa, dice o non dice. È questo, il nuovo soggetto politico
di cui stiamo avviando la costituzione".
Soggetto politico è spesso sinonimo "moderno" di partito...
"È un termine generico. Del resto, quando si chiamano partiti
ciò che spesso non sono che rimasugli di antiche correnti...
Diciamo che un soggetto politico è certamente capace di produrre
decisioni non riconducibili alle singole forze che lo compongono: a
cominciare dalla scelta dei propri candidati. Questo non esclude che
all'interno possano coesistere tendenze diverse".
A sentire i Popolari, il nuovo Ulivo è però poco più
di un cartello elettorale...
"A questo passaggio siamo arrivati con diversi gradi di maturazione.
È naturale che gli approcci siano diversi. Da oggi, siamo a un
"non più" e a un "non ancora": è normale che ciò
che per noi è un punto di arrivo per altri sia un punto di partenza.
Ma a tutti è chiaro che il comitato promotore a cui daremo vita
sarà il "cervello" della coalizione. Chi ne farà parte,
e con quale rilievo, lo vedremo più avanti, dopo le risposte
conclusive delle forze che non facevano parte del primo Ulivo".
E in che rapporto sarà, questo "cervello", con il presidente
del Consiglio?
"Nello stesso rapporto che D' Alema ha avuto finora con le forze che
lo sostengono. D'Alema si trova in una posizione di passaggio: è
il capo del governo, ma non è ancora il candidato alla guida
del governo che la coalizione presenterà agli elettori nel 2001,
e che per ciò stesso ne è il capo. Per questo la funzione
del comitato è limitata alla fase in cui verranno definite le
regole dello stare insieme, e quelle per la scelta del premier".
Castagnetti fissa alle Regionali il momento della scelta.
"Siamo tutti d'accordo su questo, anche D'Alema. Anche perché
sono a distanza sufficiente dalle politiche del 2001 per consentire
una scelta che non si riverberi drammaticamente sull'efficacia dell'azione
di governo: è una delle condizioni per presentarci concorrenziali
alla sfida con il Polo".
L'altra, evidentemente, è una maggiore coesione...
"Certo. Uno dei limiti dell'Ulivo sta nella sua scarsa capacità
di comunicare scelte omogenee, di far apparire l'azione di governo come
uno sviluppo coerente, e non come il succedersi di singoli atti. Pensi
alla differenza con la classica foto dei tre leader del Polo che vengono
a raccontarci la loro favoletta. Se prova a lasciar perdere quel che
che dicono, il messaggio in sé è rassicurante".
Ma sono coerenti con questo spirito le vostre perplessità sull'
ingresso nell'Ulivo di Cossiga o Cossutta?
"Le nostre perplessità non sono pregiudiziali: esprimono la preoccupazione
che esista davvero un progetto condiviso. Su Buttiglione non avevamo
torto, visto che poi si è fatto da parte... Mentre va dato atto
a Mastella di aver riconosciuto con coerenza, a un certo punto, che
si era aperta una nuova fase. Con lui il confronto è stato appena
avviato: con Cossutta, dobbiamo ancora partire. Su Cossiga, invece,
direi che abbiamo qualcosa di più che delle perplessità:
temiamo che l'aver preso atto della sconfitta del suo disegno originale
non ne abbia attenuato la carica destabilizzante".
Tra i primi riflessi dell'accordo c'è il via libera ad un governo
"rinnovato". La vostra presenza nell'esecutivo, la vostra delegazione,
avrà un profilo adeguato al ruolo politico che assumete nella
coalizione?
"È evidente che la nostra presenza al governo dovrà essere
all'altezza degli impegni che ci siamo assunti. In questo passaggio
ci siamo messi in gioco senza riserve, e quindi non possiamo accontentarci
di risultati modesti, né rischiare di scadere nella melina. Se
ci dovessimo accorgere di rischi di questo tipo - lo dico con serenità,
ma con fermezza - saremmo costretti a chiamarci fuori senza esitazioni.
Ma per favore non mi parli di delegazioni! Non c'erano, nel governo
Prodi. E si è visto anche in rapporto a Maccanico, in quello
D'Alema...".
Perché vi è stato imposto, Parisi?
"No. Maccanico è stato scelto dal presidente del Consiglio, e
ce ne siamo rallegrati: ma ha messo in chiaro da subito, uscendo dal
nostro esecutivo, che mettere i panni di ministro non ne faceva il nostro
rappresentante nell'esecutivo...".