Intervista di Arturo Parisi a il
Mattino
18 maggio 1999
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Noi Democratici, antidoto ai Ds
CLAUDIO SARDO
"Nessuno di noi ha mai detto che D’Alema è
anti-ulivista. Il problema è che D’Alema ha dell’Ulivo un’idea
diversa della nostra: una coalizione tradizionale, un semplice cartello
elettorale di partiti. Il suo è un atteggiamento sostanzialmente
conservatore. Mentre noi Democratici vogliamo costruire un soggetto
più denso, che non cancelli le componenti partitiche, ma punti
a superarle, ancorché in una prospettiva lontana". Arturo
Parisi, sottosegretario alla Presidenza nel governo Prodi e tuttora
il consigliere più ascoltato del Professore, misura così
le distanze con il premier, spiega che i Democratici sono nati per contestare
"la tentazione egemonica di una Quercia alleata con forze ad essa
incomparabili per quantità e qualità" e racconta perché
"le ferite dell’ottobre scorso non sono ancora rimarginate".
A D’Alema, però, Parisi vuole concedere un’apertura: "Non
contestiamo certo la sua aspirazione a candidarsi come capo del governo
nelle prossime elezioni politiche. È una candidatura legittima,
anzi, al momento, la più autorevole. Ma deve farlo sulla base
delle sue riconosciute qualità personali e non come leader del
partito di maggioranza relativa: sarebbe questa una pretesa che rimanda
ad una concezione cristallizzata e partitica. Non ci si può lamentare
per la competizione elettorale tra i partiti della coalizione e, allo
stesso tempo, fondare sul primato quantitativo del partito di appartenenza
la richiesta di guidare il governo".
Professor Parisi, proprio non riesce a trattenere la polemica
con D’Alema.
"Nessuna polemica. Sono sicuro che D’Alema riuscirà
a dimostrare di essere il candidato premier migliore: anche se finora
su lavoro e riforme i risultati sono stati magri, confidiamo che il
tempo gli renderà merito. Naturalmente, D’Alema dovrà
accettare di misurarsi con altri plausibili concorrenti come Veltroni,
Bassolino, Mattarella, Rutelli, Di Pietro. E saranno poi gli elettori
di centrosinistra, speriamo attraverso le primarie, a decidere".
Ma voi Democratici sosterrete il governo? O insisterete
negli attacchi contro il Presidente del Consiglio?
"Mi citi un solo caso in cui i Democratici hanno fatto
venir meno, o solo minacciato di negare il loro sostegno al governo.
Anche se il governo D’Alema è nato, come tutti sanno, da una
discontinuità politica con il governo Prodi, abbiamo sempre riconosciuto
una continuità programmatica e, in nome di questa, ci impegneremo
affinché l’esecutivo completi la legislatura. Di tutto il Paese
ha bisogno fuorché di un’altra crisi di governo".
Di tutto il centrosinistra sembra aver bisogno fuorché di litigi
in pubblico tra Prodi e D’Alema.
"Il rammarico è forte per ciò che è successo
dopo l’incontro di venerdì tra Prodi e D’Alema. Ma Prodi non
ha alcuna responsabilità. Il contenuto di quella conversazione
doveva restare privato. Invece, ne sono trapelate ricostruzioni parziali
e non certo da parte nostra..."
Ma cosa non va nel centrosinistra?
"La ferita dell’ottobre scorso non si è rimarginata. La mancata
presenza del simbolo dell’Ulivo alle europee ne è una riprova".
Non siete stati proprio voi a sequestrare il simbolo, impedendo a Verdi,
Ppi e Ds di usarlo?
"La verità è che, per noi, l’Ulivo non può ridursi
solo a un simbolo. Per questo, ci siamo rifiutati di usarlo senza legare
ad esso un adeguato contenuto. Chiedevamo l’impegno a riproporre l’esperienza
dell’Ulivo su scala europea. O meglio, chiedevamo di non chiudere completamente
questa prospettiva per il futuro. Ma ci è stato risposto di no,
innanzitutto dai popolari".
Rimprovera anche a Veltroni ciò che rimprovera a D’Alema?
"No. Nei comportamenti di Veltroni ci sono segni evidenti di un’ispirazione
comune. Ma il problema non può essere ridotto a rapporti fra
persone. Il nodo è il rapporto tra i Ds e la coalizione".
Come possono i Ds fondare la nuova fase dell’Ulivo su un rapporto privilegiato
con i Democratici? Ds e Democratici, da soli, non sono in grado di vincere...
"Ma noi non vogliamo sostituire l’egemonia Ds con un’altra, e meno
che mai con un duopolio. Vogliamo costruire, dopo il 13 giugno, una
coalizione plurale, in cui ognuno partecipi con uguali titoli e dignità,
ma dove il programma e i candidati emergano come sintesi politica e
non come somma, o peggio spartizione, di partiti. Senza questa qualità,
la vittoria del Polo è già sicura".
Per costruire una forza "comparabile" ai Ds (l’espressione è
di Prodi) pensate di gettare un ponte verso il Ppi? È in programma
la cosiddetta federazione di Centro?
"Nei Democratici confluiscono persone che vengono da storie diverse,
dal Ppi come dai Ds. Non vogliamo, né possiamo ridurci ad una
federazione di Centro. Il nostro obiettivo resta il Partito democratico:
ci distingue da D’Alema una concezione della coalizione e alle europee
vogliamo raccogliere i voti di chi ha nostalgia dell’Ulivo. Nella nostra
intenzione, tuttavia, i Democratici sono una proposta a termine e ci
auguriamo che il
termine sia breve".
E se non fosse così breve?
"Saremo costretti a strutturarci. Convinti anche noi
che Ds e Democratici, da soli, non bastano a vincere. Ma anche che un
Ds egemone condanna la coalizione alla sconfitta".
Non vi resta che convincere D’Alema.
"Quando con Prodi e Veltroni partecipammo a New York
al convegno sulla Terza Via, D’Alema abbondò in scetticismo e
irrisione. Oggi mi pare tra i leader europei più convinti dell’importanza
di quel progetto. Mai disperare della conversione dei cuori..."