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Da: Paolo Scattoni <p.scattoni@tiscalinet.it> [...] Così stando le cose c'è qualcuno di questa lista che può spiegarmi per quale motivo avrei dovuto sollecitare il Governo italiano a cancellare il rilevante debito dell'Etiopia verso l'Italia? [...] Non ti seguo: siccome uno dei paesi coinvolti nella cancellazione del debito e' sede di gravi violazioni dei diritti umani, tu rifiuti di sottoscriverlo ed appoggiarlo a discapito di tutti gli altri paesi poveri? Con tutti i suoi limiti, la campagna "Jubilee 2000 - Cancella il debito" ha avuto il merito di sollevare una questione importante e farla uscire dall'indifferenza generale. Ragionando per obbiettivi minimi, una campagna del genere (che incontra fortissime resistenze al di la' delle belle parole dei leaders occidentali) rappresenta solo un primo passo. Indispensabile. Ogni governo occidentale si comporta in maniera impari e discriminatoria verso i diversi paesi debitori, a seconda delle proprie conveniente (e connivenze). Una campagna per una riduzione GENERALIZZATA ed incondizionata del debito ha un significato alto, anche se in singoli casi puo' far pensare ad un'ingiustizia. Ma l'ingiustizia maggiore e' la conservazione delle disparita' di trattamento presenti, che seguono logiche di convenienza lontanissime dal rispetto dei diritti umani e dalla ricerca della pace. Scrive Cominelli: [...] sono favorevole ad aiutare i paesi poveri, ma ponendo condizioni drastiche sulla finalizzazione degli aiuti finanziari e ponendo condizioni politiche. Per es.: scambio tra libertà politiche e aiuti finanziari. Niente aiuti ai regimi dittatoriali. Nienti aiuti a regimi guerrafondai. Ninete aiuti a chi viola i diritti umani. Taglio immediato degli aiuti a chi li investe in armi. [...] Siamo perfettamente d'accordo, ma come intervenire se le armi le vendiamo noi per primi, e dunque siamo noi ad avere convenienza al mantenimento di un alto grado di sudditanza dei regimi guerrafondai nei confronti dell'occidente? Se un'azione volta ad eliminare lo strangolamento delle popolazioni del terzo mondo si rifaccia ad una moda buonista estemporanea o piuttosto ad una politica organizzata di riduzione dello sfruttamento, dipendera' dalla direzione politica che seguira' a questa azione. Intanto, cominciamo ad appoggiarla. L'unico strumento che per ora abbiamo e' la pressione sui governi e sulle istituzioni democratiche. Un successo di questa campagna puo' essere il preludio ad un cambiamento positivo, se la pressione dell'opinione pubblica non si sgonfiera' subito dopo. Un insuccesso aprira' solo altre porte agli affaristi di morte e all'indifferenza generale. Flavio Mobiglia .. da http://www.nonluoghi.it/debito1.html "Cancella il debito": una campagna di giustizia globale Le stranezze nelle carte del credito estero italiano: chi paga e chi no fra i più poveri... ---------------------------------------------------------------------------- ---- di FRANCESCO TERRERI La Guinea Conakry - 550 dollari di reddito pro capite - ha pagato nel 1998 2 miliardi 815 milioni di lire di interessi su un debito di 17 miliardi con l'Italia, e precisamente con la Sace, l'agenzia pubblica che assicura i crediti all'esportazione e li prende in carico quando vanno insoluti. La Guinea ha anche versato mezzo miliardo di rata di ammortamento in conto capitale. L'anno prima, nel '97, gli interessi pagati erano stati 3 miliardi 279 milioni. I guineani, che vivono con meno di 2 dollari al giorno, stanno pagando alla Sace il 16-18% di interessi l'anno. Appena un po' meglio va al Ciad - 230 dollari pro capite, meno di un dollaro al giorno di reddito per abitante - che versa ogni anno nelle casse dell'agenzia italiana circa 400 milioni di lire su un debito di 3 miliardi: il 13%. Il Madagascar invece nel '98 ha sborsato quasi 8 miliardi su un debito di 141 miliardi: appena il 5,6%. Siamo a tassi europei, per una popolazione che vive con un reddito ottanta volte inferiore a quello italiano. Queste ed altre sorprendenti scoperte sono contenute in una tabellina dal titolo innocuo - "Recuperi effettuati" - infilata tra molte altre nella "Relazione semestrale" che il ministro del Tesoro trasmette al parlamento sull'attività svolta dal Mediocredito centrale e dalla Sace nel settore dell'assicurazione e del finanziamento delle esportazioni (Legge Ossola del '77 Sono gli unici dati disponibili sul "servizio del debito", cioè sugli interessi e gli ammortamenti che i paesi poveri stanno pagando all'Italia sulla loro esposizione debitoria. Delle tre componenti dei crediti italiani, una, quella dei crediti d'aiuto, comporta per definizione un servizio del debito molto basso; di un'altra, i crediti commerciali privati e bancari, si sa poco o nulla; di questa, gli "indennizzi da recuperare" della Sace, cioè i crediti privati divenuti pubblici, conosciamo appunto i "recuperi", che in genere avvengono a seguito le scadenze di pagamento ristrutturate. Sono cifre che gettano una luce particolare sulle intenzioni del governo D'Alema in materia di cancellazione del debito. Il disegno di legge di Natale prevede come è noto la cancellazione di 3 mila miliardi di debiti, prevalentemente verso la Sace, "in gran parte inesigibili, in quanto... potenzialmente recuperabili su periodi molto lunghi e a tassi di interesse prossimi allo zero, insufficienti pertanto ad assolvere la funzione conservativa della consistenza del credito stesso", come si legge nella relazione illustrativa. Nell'ultima, in ordine di tempo, delle liste di "beneficiati" - resa nota dal "Sole-24 Ore" qualche settimana fa - si citano 18 paesi con reddito pro capite inferiore ai 300 dollari annui. Due di essi, Niger e Ruanda, non sono neanche indebitati con l'Italia. Dieci paesi - Burkina Faso, Burundi, Congo ex Zaire, Malawi, Mali, Sao Tomè, Sierra Leone, Somalia, Sudan e Yemen - pagano pochissimo o nulla: i loro debiti sono, appunto, praticamente inesigibili. Solo sei paesi tra quelli individuati - Ciad, Etiopia, Guinea Bissau, Madagascar, Mozambico e Tanzania - stanno pagando qualcosa: per loro la cancellazione avrà un effetto reale. Ma ci sono altri paesi poveri, con reddito inferiore o appena superiore a 300 dollari, che stanno pagando e per i quali non si prevedono operazioni di cancellazione: la già citata Guinea, ad esempio, ma anche lo Zambia, l'altro paese di cui la Campagna lanciata dalla Conferenza Episcopale Italiana vuole "acquistare" il debito (altri soldi nel pozzo della Sace?). Lo Zambia nel '98 ha pagato quasi un miliardo di lire di interessi e rate di ammortamento per oltre 7 miliardi e mezzo, su un'esposizione verso la Sace di 49 miliardi. Il Ghana invece era in arretrato: a seguito dell'accordo di ristrutturazione con l'Italia dell'ottobre 1997, che prevede il riscadenzamento degli "arretrati, compresi interessi di ritardo", nel '98 sborsa qualcosa come 37 miliardi 673 milioni di interessi e 24 miliardi di rate in conto capitale, portando il suo debito da 75 a 51 miliardi di lire. Il Senegal invece ha pagato nel '97 alla Sace oltre 2 miliardi 200 milioni di interessi, un tasso del 13% annuo, e mezzo miliardo di restituzione di capitale, così nel '98 ha potuto limitarsi a un servizio del debito di soli 400 milioni. Se poi il reddito pro capite raggiunge gli stratosferici livelli del Marocco, 1.260 dollari, allora non si discute: tassi di interesse all'8%, oltre 8 miliardi su 100 di debito nel '98. Filippine, 1.200 dollari pro capite: la Sace incassa ogni anno, anche nei durissimi '97 e '98, mentre la crisi asiatica mordeva più duramente, dal 9 al 13% di interessi -4,4 miliardi su una cinquantina di esposizione debitoria nel 1998. E dal Perù, dove siamo a oltre 2.000 dollari pro capite, e il debito con l'Italia risale ai fasti del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, arrivano nelle casse pubbliche del nostro paese oltre 70 miliardi di lire ogni anno, su 635 miliardi di "indennizzi da recuperare". La campagna Sdebitarsi-Jubilee 2000 sta sollevando questi casi, sottolineando che dai 52 paesi poveri di cui si chiede, a livello internazionale, la cancellazione del debito, arrivano ogni anno in Italia dai 150 ai 200 miliardi di lire di servizio del debito. E non si tratta solo di fermare l'emorragia, ma anche di procurare nuove risorse per dare una qualche prospettiva di ripresa. Il Benin, piccolo paese sulla costa del Golfo di Guinea, paga sul debito verso la Sace il suo bravo mezzo miliardo annuo. Ma proprio dal Benin, dove sta avviando il sostegno a esperienze locali di microcredito, il Consorzio di "microfinanza etica" Etimos, che partecipa a Sdebitarsi, lancia la proposta: passiamo dal debito dei governi al credito ai popoli. "Cancellare il debito del Benin verso l'Italia - 20 miliardi di lire circa - non basta" afferma Giampietro Pizzo, direttore di Etimos. "Occorre trasformare i flussi che oggi vanno dai paesi poveri a quelli ricchi in nuovi fondi per il microcredito nei paesi del Sud". Con alcune avvertenze: "Una questione cruciale è quella del gestore: chi controlla questi fondi? Il problema è coinvolgere gli attori locali veramente rappresentativi, soggetti economici che oggi non emergono né decidono: le associazioni, le cooperative, le federazioni dei produttori, i microimprenditori organizzati". E poi c'è da scegliere i progetti, le priorità. "Ma se la logica è dire: facciamo l'ospedale, facciamo la scuola, facciamo la strada, il problema delle priorità non si risolve e possono svilupparsi anche conflitti aspri. Il pregio del credito invece" sottolinea Pizzo "è che lascia al singolo prenditore di finanziamento decidere cosa fare di questi soldi, e allora le cose saranno piccolissime ma grandissime: avere la possibilità di comprare le sementi per la prossima campagna, potersi comprare un aratro in ferro invece che in legno, avere una spolpatrice per il caffè, avere la possibilità di portare al mercato i propri prodotti. Queste diventano le priorità, ma le decide la gente, non le decidiamo né noi né le élite locali. Questo è il grande pregio di ragionare in una logica di microcredito". ![]() |