[GARGONZA:9227] "Cancella il debito": una campagna di giustizia globale
Mobiglia  Lunedi`, 24 Luglio 2000

Da: Paolo Scattoni <p.scattoni@tiscalinet.it> 
[...] Così stando le cose c'è qualcuno di questa lista che può spiegarmi per
 quale motivo avrei dovuto sollecitare il Governo italiano a cancellare
 il rilevante debito dell'Etiopia verso l'Italia? [...]

Non ti seguo: siccome uno dei paesi coinvolti nella cancellazione del debito
e' sede di gravi violazioni dei diritti umani, tu rifiuti di sottoscriverlo
ed appoggiarlo a discapito di tutti gli altri paesi poveri?
Con tutti i suoi limiti, la campagna "Jubilee 2000 - Cancella il debito" ha
avuto il merito di sollevare una questione importante e farla uscire
dall'indifferenza generale.
Ragionando per obbiettivi minimi, una campagna del genere (che incontra
fortissime resistenze al di la' delle belle parole dei leaders occidentali)
rappresenta solo un primo passo. Indispensabile.
Ogni governo occidentale si comporta in maniera impari e discriminatoria
verso i diversi paesi debitori, a seconda delle proprie conveniente (e
connivenze).
Una campagna per una riduzione GENERALIZZATA ed incondizionata del debito ha
un significato alto, anche se in singoli casi puo' far pensare ad
un'ingiustizia.
Ma l'ingiustizia maggiore e' la conservazione delle disparita' di
trattamento presenti, che seguono logiche di convenienza lontanissime dal
rispetto dei diritti umani e dalla ricerca della pace.

Scrive Cominelli:
[...] sono favorevole ad aiutare i paesi poveri, ma ponendo condizioni
drastiche sulla finalizzazione degli aiuti finanziari e ponendo
condizioni politiche. Per es.: scambio tra libertà politiche e aiuti
finanziari. Niente aiuti ai regimi dittatoriali. Nienti aiuti a regimi
guerrafondai. Ninete aiuti a chi viola i diritti umani.
Taglio immediato degli aiuti a chi li investe in armi. [...]

Siamo perfettamente d'accordo, ma come intervenire se le armi le vendiamo
noi per primi, e dunque siamo noi ad avere convenienza al mantenimento di un
alto grado di sudditanza dei regimi guerrafondai nei confronti
dell'occidente?
Se un'azione volta ad eliminare lo strangolamento delle popolazioni del
terzo mondo si rifaccia ad una moda buonista estemporanea o piuttosto ad una
politica organizzata di riduzione dello sfruttamento, dipendera' dalla
direzione politica che seguira' a questa azione. Intanto, cominciamo ad
appoggiarla. L'unico strumento che per ora abbiamo e' la pressione sui
governi e sulle istituzioni democratiche. 

Un successo di questa campagna puo' essere il preludio ad un cambiamento
positivo, se la pressione dell'opinione pubblica non si sgonfiera' subito
dopo.

Un insuccesso aprira' solo altre porte agli affaristi di morte e
all'indifferenza generale.

Flavio Mobiglia

..
da http://www.nonluoghi.it/debito1.html
"Cancella il debito": una campagna di giustizia globale 
Le stranezze nelle carte del credito estero italiano: chi paga e chi no fra
i più poveri... 
  
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di FRANCESCO TERRERI
La Guinea Conakry - 550 dollari di reddito pro capite - ha pagato 
nel 1998 2 miliardi 815 milioni di lire di interessi su un debito di 17
miliardi con 
l'Italia, e precisamente con la Sace, l'agenzia pubblica che 
assicura i crediti all'esportazione e li prende in carico quando vanno
insoluti. 
La Guinea ha anche versato mezzo miliardo di rata di ammortamento in conto
capitale. 
L'anno prima, nel '97, gli interessi pagati erano stati 3 miliardi 279 
milioni. I guineani, che vivono con meno di 2 dollari al giorno, stanno
pagando 
alla Sace il 16-18% di interessi l'anno. Appena un po' meglio va al 
Ciad - 230 dollari pro capite, meno di un dollaro al giorno di reddito per
abitante
 - che versa ogni anno nelle casse dell'agenzia italiana circa 400 
milioni di lire su un debito di 3 miliardi: il 13%. Il Madagascar invece nel
'98 
ha sborsato quasi 8 miliardi su un debito di 141 miliardi: appena il 5,6%. 
Siamo a tassi europei, per una popolazione che vive con un reddito 
ottanta volte inferiore a quello italiano. 
    Queste ed altre sorprendenti scoperte sono contenute in una tabellina
dal 
titolo innocuo - "Recuperi effettuati" - infilata tra molte altre nella 
"Relazione semestrale" che il ministro del Tesoro trasmette al parlamento 
sull'attività svolta dal Mediocredito centrale e dalla Sace nel settore 
dell'assicurazione e del finanziamento delle esportazioni (Legge Ossola del
'77
Sono gli unici dati disponibili sul "servizio del debito", cioè sugli 
interessi e gli ammortamenti che i paesi poveri stanno pagando all'Italia
sulla loro esposizione debitoria. 

  Delle tre componenti dei crediti italiani, una, quella dei crediti
d'aiuto, 
comporta per definizione un servizio del debito molto basso; di un'altra, 
i crediti commerciali privati e bancari, si sa poco o nulla; di questa, gli 
"indennizzi da recuperare" della Sace, cioè i crediti privati divenuti
pubblici, 
conosciamo appunto i "recuperi", che in genere avvengono a seguito le
scadenze di pagamento ristrutturate. 
  

   Sono cifre che gettano una luce particolare sulle intenzioni del governo
 D'Alema in materia di cancellazione del debito. Il disegno di legge di
Natale 
prevede come è noto la cancellazione di 3 mila miliardi di debiti,
prevalentemente 
verso la Sace, "in gran parte inesigibili, in quanto... potenzialmente
recuperabili
 su periodi molto lunghi e a tassi di interesse prossimi allo zero,
insufficienti 
pertanto ad assolvere la funzione conservativa della consistenza del credito
stesso",
 come si legge nella relazione illustrativa. Nell'ultima, in ordine di
tempo, 
delle liste di "beneficiati" - resa nota dal "Sole-24 Ore" qualche settimana
fa 
- si citano 18 paesi con reddito pro capite inferiore ai 300 dollari annui. 
Due di essi, Niger e Ruanda, non sono neanche indebitati con l'Italia. 
Dieci paesi - Burkina Faso, Burundi, Congo ex Zaire, Malawi, Mali, 
Sao Tomè, Sierra Leone, Somalia, Sudan e 
Yemen - pagano pochissimo o nulla: i loro debiti sono, appunto, 
praticamente inesigibili. Solo sei paesi tra quelli individuati - Ciad,
Etiopia, 
Guinea Bissau, Madagascar, Mozambico e Tanzania - stanno pagando 
qualcosa: per loro la cancellazione avrà un effetto reale. 

   Ma ci sono altri paesi poveri, con reddito inferiore o appena superiore a

300 dollari, che stanno pagando e per i quali non si prevedono operazioni di

cancellazione: la già citata Guinea, ad esempio, ma anche lo Zambia, l'altro
 paese di cui la Campagna lanciata dalla Conferenza Episcopale Italiana 
vuole "acquistare" il debito (altri soldi nel pozzo della Sace?). Lo Zambia
nel '98
 ha pagato quasi un miliardo di lire di interessi e rate di 
ammortamento per oltre 7 miliardi e mezzo, su un'esposizione verso la Sace
di 49 miliardi. 

   Il Ghana invece era in arretrato: a seguito dell'accordo di 
ristrutturazione con l'Italia dell'ottobre 1997, che prevede il
riscadenzamento 
degli "arretrati, compresi interessi di ritardo", nel '98 sborsa qualcosa 
come 37 miliardi 673 milioni di interessi e 24 miliardi di rate in conto
capitale, 
portando il suo debito da 75 a 51 miliardi di lire. Il Senegal invece ha
pagato 
nel '97 alla Sace oltre 2 miliardi 200 milioni di interessi, un tasso del
13% annuo, 
e mezzo miliardo di restituzione di capitale, così nel '98 ha 
potuto limitarsi a un servizio del debito di soli 400 milioni. 

Se poi il reddito pro capite raggiunge gli stratosferici livelli del
Marocco, 
1.260 dollari, allora non si discute: tassi di interesse all'8%, oltre 8
miliardi 
su 100 di debito nel '98. Filippine, 1.200 dollari pro capite: la Sace
incassa 
ogni anno, anche nei durissimi '97 e '98, mentre la crisi asiatica mordeva 
più duramente, dal 9 al 13% di interessi -4,4 miliardi su una cinquantina di

esposizione debitoria nel 1998. E dal Perù, dove siamo a oltre 2.000 dollari

pro capite, e il debito con l'Italia risale ai fasti del Banco Ambrosiano di

Roberto Calvi, arrivano nelle casse pubbliche del nostro paese oltre 70 
miliardi di lire ogni anno, su 635 miliardi di "indennizzi da recuperare". 

   La campagna Sdebitarsi-Jubilee 2000 sta sollevando questi casi, 
sottolineando che dai 52 paesi poveri di cui si chiede, a livello
internazionale, 
la cancellazione del debito, arrivano ogni anno in Italia dai 150 ai 200
miliardi 
di lire di servizio del debito. 

   E non si tratta solo di fermare l'emorragia, ma anche di procurare nuove 
risorse per dare una qualche prospettiva di ripresa. Il Benin, piccolo paese

sulla costa del Golfo di Guinea, paga sul debito verso la Sace il suo bravo 
mezzo miliardo annuo. Ma proprio dal Benin, dove sta avviando il 
sostegno a esperienze locali di microcredito, il Consorzio di "microfinanza
etica"
 Etimos, che partecipa a Sdebitarsi, lancia la proposta: passiamo dal 
debito dei governi al credito ai popoli. "Cancellare il debito del Benin
verso 
l'Italia - 20 miliardi di lire circa - non basta" afferma Giampietro Pizzo, 
direttore di Etimos. "Occorre trasformare i flussi che oggi vanno dai paesi
poveri
 a quelli ricchi in nuovi fondi per il microcredito nei paesi del Sud". 

   Con alcune avvertenze: "Una questione cruciale è quella del gestore: 
chi controlla questi fondi? Il problema è coinvolgere gli attori locali
veramente 
rappresentativi, soggetti economici che oggi non emergono né decidono:
 le associazioni, le cooperative, le federazioni dei produttori, i 
microimprenditori organizzati". E poi c'è da scegliere i progetti, le
priorità. 

   "Ma se la logica è dire: facciamo l'ospedale, facciamo la scuola,
facciamo
 la strada, il problema delle priorità non si risolve e possono svilupparsi 
anche conflitti aspri. Il pregio del credito invece" sottolinea Pizzo "è che

lascia al singolo prenditore di finanziamento decidere cosa fare di questi 
soldi, e allora le cose saranno piccolissime ma grandissime: avere la
possibilità 
di comprare le sementi per la prossima campagna, potersi comprare un aratro 
in ferro invece che in legno, avere una spolpatrice per il caffè, avere la
possibilità
 di portare al mercato i propri prodotti. Queste diventano le priorità, ma
le 
decide la gente, non le decidiamo né noi né le élite locali. Questo è il
grande
 pregio di ragionare in una logica di microcredito". 


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