[GARGONZA:9166] ci interessa quel conflitto?
Rosanna Tortorelli  Sabato, 15 Luglio 2000

almeno a noi... interessa quel conflitto?
ciao
rosanna

http://www.repubblica.it/quotidiano/repubblica/20000715/commenti/14valen.html

A chi interessa
quel conflitto
di GIOVANNI VALENTINI
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"DEL conflitto di interessi ai cittadini non solo non importa niente, ma lo
considerano una garanzia assoluta che chi è incaricato della responsabilità di
governo non abbia bisogno di fare i propri interessi, di rubare, avendo una
posizione propria che gli consente di disinteressarsi dei suoi interessi per
interessarsi di quelli del paese (da una dichiarazione di Silvio Berlusconi,
nella conferenza-stampa della Casa delle Libertà - Adnkronos, 6 luglio 2000).

"Credo che sia del tutto legittimo dire all'onorevole Berlusconi che se non
vuole trovarsi in una condizione anomala e inaccettabile per uno statista di un
paese democratico, deve essere lui a risolvere, e non la legge, il problema del
conflitto di interessi" (da un intervento di Massimo D'Alema, alla Festa
dell'Unità di Roma, Terme di Caracalla - Agenzia Ansa, 9 luglio 2000).

HANNO ragione tutti e due, Silvio Berlusconi e Massimo D'Alema, l'uno a dire che
agli italiani non interessa il conflitto di interessi e l'altro che il Cavaliere
dovrebbe risolvere il problema da solo, senza neppure aspettare una legge. Ha
ragione Berlusconi perché è vero che la questione, forse anche per colpa di
certi eccessi polemici (e per parte sua chi scrive fa autocritica), è stata
ormai metabolizzata dall'opinione pubblica; la gente non la capisce e non la
sente; ritiene in genere che sia una strumentalizzazione o peggio una
persecuzione politica. E ha ragione anche D'Alema, perché è altrettanto vero che
per Berlusconi, tanto più se tornerà alla guida del governo, questa resterà una
palla di piombo al piede da trascinarsi dietro per il mondo.
Per quanto infatti alla maggioranza degli italiani possa non interessare, il
problema conserva invece un certo peso sul piano internazionale. Nel quadro di
un'economia globalizzata, in cui i sistemi produttivi e commerciali tendono a
integrarsi, la concorrenza aumenta e le regole diventano sempre più
sovranazionali, è impensabile che un capo di governo partecipi a un vertice del
G7 o del Fondo monetario, a una riunione del Parlamento europeo o della Banca
europea, essendo nel contempo proprietario di un impero televisivo e soprattutto
concessionario pubblico, detentore cioé di concessioni rilasciate dallo Stato,
controparte di se stesso. Diciamo che un tale premier sarebbe impresentabile,
come se arrivasse a un summit armato di pistola e mitragliatrice oppure
accompagnato da un seguito di nani e ballerine.
Di chi è la colpa di tutto ciò? Perché la sinistra, o meglio il centrosinistra,
non è riuscito finora ad approvare una legge sul conflitto di interessi? E
perché ha lasciato marcire in Parlamento il disegno di legge unificato (n.3236)
che reca tra le altre anche la firma del medesimo onorevole Berlusconi? Certo, è
stato un errore accantonare o rimuovere il problema: e può anche darsi che
qualcuno abbia pensato di usarlo come moneta di scambio, come strumento di
pressione o perfino di ricatto, per trattare con il centrodestra al tavolo delle
riforme istituzionali. Quel progetto fu approvato a larghissima maggioranza
dalla Camera il 22 aprile 1998, addirittura con una "standing ovation", tutti in
piedi ad applaudire la storica votazione. Da allora sono passati più di due
anni, il provvedimento è rimasto lettera morta e il leader del Polo ha sempre
avuto gioco facile a rinfacciare una tale inerzia al centrosinistra.
Ma che cosa prevede quel testo? Prevede per esempio all'articolo 1 che "i
titolari di cariche di Governo, nell'esercizio delle loro funzioni, devono
dedicarsi esclusivamente alla cura degli interessi pubblici". Già, proprio così:
e volete che Berlusconi, una volta tornato a palazzo Chigi, non si dedichi anima
e corpo alla cura degli interessi pubblici? Ormai è tanto ricco che non ha di
meglio da fare. Nello stesso articolo, si stabilisce anche che gli uomini di
governo "hanno l'obbligo di astenersi da ogni atto idoneo a influenzare
specificamente, in virtù dell'ufficio ricoperto, i propri interessi". E qui non
si può più dubitare del disinteresse e della correttezza di Berlusconi, anche
perché lui i suoi affari li ha già sistemati per sempre la volta precedente,
quando arrivò al governo con un'azienda che aveva all'incirca cinquemila
miliardi di debiti e in pochi mesi riuscì abilmente a sistemare tutto.
Il disegno di legge sul conflitto di interessi prevede inoltre che gli uomini di
governo non possono "ricoprire cariche o uffici in imprese che abbiano rapporti
di concessioni con pubbliche amministrazioni", ma ormai Berlusconi ha già
affidato ai figli la guida dell'azienda e comunque c'è sempre il fedele Fedele
Confalonieri a presidiare la situazione. E infine, l'articolo 7 prescrive che
l'interessato, entro 45 giorni dall'assunzione delle carica, "decide
l'alienazione totale o parziale delle attività economiche ovvero il
trasferimento delle stesse a un trust istituito a norma della Convenzione
dell'Aja". Che altro si vuole di più?
In realtà, andrebbe tutto bene se non fosse per il fatto che Berlusconi non
produce automobili o computers, non possiede soltanto quote azionarie di una o
più società di capitali, ma controlla di fatto un grande impero mediatico. E a
differenza delle partecipazioni finanziarie o industriali, delle proprietà
mobiliari o immobiliari, le reti televisive non si possono "sterilizzare", non
si può cioé congelare la loro gestione nelle mani di un blind-trust, un fondo
più o meno cieco, in modo da renderle neutrali. Qui non si tratta, insomma, di
impedire che il governante influenzi con le proprie decisioni i propri interessi
televisivi, bensì d'impedire al contrario che questi influenzino i suoi
interessi politici.
Quanto all'ineleggibilità del titolare di concessioni pubbliche, stabilita da
un' antica legge del '57, la Giunta per le elezioni di Montecitorio decretò già
nel '94 che Berlusconi non era il proprietario dell'azienda, ma solo l'azionista
di riferimento. E ora D'Alema avverte giustamente che una nuova legge, riveduta
e corretta, "verrebbe considerata liberticida da almeno una metà del paese". Non
resta perciò che affidarsi al buon senso e al buon cuore del Cavaliere: nella
speranza che oltre a risolvere tutti i problemi italiani, dalla guida
dell'economia a quella della Nazionale di calcio, sappia risolvere "motu
proprio" anche quello macroscopico del suo conflitto d'interessi.

"L'ITALIANO ha un tale culto per la furbizia che arriva persino all' ammirazione
di chi se ne serve a suo danno" (da "Codice della vita italiana" di Giuseppe
Prezzolini, articolo 16, 1917 - su segnalazione del lettore Giuseppe Grazioso).

g.valentini@repubblica.it

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Rosanna Tortorelli - Milano
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