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almeno a noi... interessa quel conflitto? ciao rosanna http://www.repubblica.it/quotidiano/repubblica/20000715/commenti/14valen.html A chi interessa quel conflitto di GIOVANNI VALENTINI -------------------------------------------- "DEL conflitto di interessi ai cittadini non solo non importa niente, ma lo considerano una garanzia assoluta che chi è incaricato della responsabilità di governo non abbia bisogno di fare i propri interessi, di rubare, avendo una posizione propria che gli consente di disinteressarsi dei suoi interessi per interessarsi di quelli del paese (da una dichiarazione di Silvio Berlusconi, nella conferenza-stampa della Casa delle Libertà - Adnkronos, 6 luglio 2000). "Credo che sia del tutto legittimo dire all'onorevole Berlusconi che se non vuole trovarsi in una condizione anomala e inaccettabile per uno statista di un paese democratico, deve essere lui a risolvere, e non la legge, il problema del conflitto di interessi" (da un intervento di Massimo D'Alema, alla Festa dell'Unità di Roma, Terme di Caracalla - Agenzia Ansa, 9 luglio 2000). HANNO ragione tutti e due, Silvio Berlusconi e Massimo D'Alema, l'uno a dire che agli italiani non interessa il conflitto di interessi e l'altro che il Cavaliere dovrebbe risolvere il problema da solo, senza neppure aspettare una legge. Ha ragione Berlusconi perché è vero che la questione, forse anche per colpa di certi eccessi polemici (e per parte sua chi scrive fa autocritica), è stata ormai metabolizzata dall'opinione pubblica; la gente non la capisce e non la sente; ritiene in genere che sia una strumentalizzazione o peggio una persecuzione politica. E ha ragione anche D'Alema, perché è altrettanto vero che per Berlusconi, tanto più se tornerà alla guida del governo, questa resterà una palla di piombo al piede da trascinarsi dietro per il mondo. Per quanto infatti alla maggioranza degli italiani possa non interessare, il problema conserva invece un certo peso sul piano internazionale. Nel quadro di un'economia globalizzata, in cui i sistemi produttivi e commerciali tendono a integrarsi, la concorrenza aumenta e le regole diventano sempre più sovranazionali, è impensabile che un capo di governo partecipi a un vertice del G7 o del Fondo monetario, a una riunione del Parlamento europeo o della Banca europea, essendo nel contempo proprietario di un impero televisivo e soprattutto concessionario pubblico, detentore cioé di concessioni rilasciate dallo Stato, controparte di se stesso. Diciamo che un tale premier sarebbe impresentabile, come se arrivasse a un summit armato di pistola e mitragliatrice oppure accompagnato da un seguito di nani e ballerine. Di chi è la colpa di tutto ciò? Perché la sinistra, o meglio il centrosinistra, non è riuscito finora ad approvare una legge sul conflitto di interessi? E perché ha lasciato marcire in Parlamento il disegno di legge unificato (n.3236) che reca tra le altre anche la firma del medesimo onorevole Berlusconi? Certo, è stato un errore accantonare o rimuovere il problema: e può anche darsi che qualcuno abbia pensato di usarlo come moneta di scambio, come strumento di pressione o perfino di ricatto, per trattare con il centrodestra al tavolo delle riforme istituzionali. Quel progetto fu approvato a larghissima maggioranza dalla Camera il 22 aprile 1998, addirittura con una "standing ovation", tutti in piedi ad applaudire la storica votazione. Da allora sono passati più di due anni, il provvedimento è rimasto lettera morta e il leader del Polo ha sempre avuto gioco facile a rinfacciare una tale inerzia al centrosinistra. Ma che cosa prevede quel testo? Prevede per esempio all'articolo 1 che "i titolari di cariche di Governo, nell'esercizio delle loro funzioni, devono dedicarsi esclusivamente alla cura degli interessi pubblici". Già, proprio così: e volete che Berlusconi, una volta tornato a palazzo Chigi, non si dedichi anima e corpo alla cura degli interessi pubblici? Ormai è tanto ricco che non ha di meglio da fare. Nello stesso articolo, si stabilisce anche che gli uomini di governo "hanno l'obbligo di astenersi da ogni atto idoneo a influenzare specificamente, in virtù dell'ufficio ricoperto, i propri interessi". E qui non si può più dubitare del disinteresse e della correttezza di Berlusconi, anche perché lui i suoi affari li ha già sistemati per sempre la volta precedente, quando arrivò al governo con un'azienda che aveva all'incirca cinquemila miliardi di debiti e in pochi mesi riuscì abilmente a sistemare tutto. Il disegno di legge sul conflitto di interessi prevede inoltre che gli uomini di governo non possono "ricoprire cariche o uffici in imprese che abbiano rapporti di concessioni con pubbliche amministrazioni", ma ormai Berlusconi ha già affidato ai figli la guida dell'azienda e comunque c'è sempre il fedele Fedele Confalonieri a presidiare la situazione. E infine, l'articolo 7 prescrive che l'interessato, entro 45 giorni dall'assunzione delle carica, "decide l'alienazione totale o parziale delle attività economiche ovvero il trasferimento delle stesse a un trust istituito a norma della Convenzione dell'Aja". Che altro si vuole di più? In realtà, andrebbe tutto bene se non fosse per il fatto che Berlusconi non produce automobili o computers, non possiede soltanto quote azionarie di una o più società di capitali, ma controlla di fatto un grande impero mediatico. E a differenza delle partecipazioni finanziarie o industriali, delle proprietà mobiliari o immobiliari, le reti televisive non si possono "sterilizzare", non si può cioé congelare la loro gestione nelle mani di un blind-trust, un fondo più o meno cieco, in modo da renderle neutrali. Qui non si tratta, insomma, di impedire che il governante influenzi con le proprie decisioni i propri interessi televisivi, bensì d'impedire al contrario che questi influenzino i suoi interessi politici. Quanto all'ineleggibilità del titolare di concessioni pubbliche, stabilita da un' antica legge del '57, la Giunta per le elezioni di Montecitorio decretò già nel '94 che Berlusconi non era il proprietario dell'azienda, ma solo l'azionista di riferimento. E ora D'Alema avverte giustamente che una nuova legge, riveduta e corretta, "verrebbe considerata liberticida da almeno una metà del paese". Non resta perciò che affidarsi al buon senso e al buon cuore del Cavaliere: nella speranza che oltre a risolvere tutti i problemi italiani, dalla guida dell'economia a quella della Nazionale di calcio, sappia risolvere "motu proprio" anche quello macroscopico del suo conflitto d'interessi. "L'ITALIANO ha un tale culto per la furbizia che arriva persino all' ammirazione di chi se ne serve a suo danno" (da "Codice della vita italiana" di Giuseppe Prezzolini, articolo 16, 1917 - su segnalazione del lettore Giuseppe Grazioso). g.valentini@repubblica.it .-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.- Rosanna Tortorelli - Milano .-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.- ![]() |