[GARGONZA:9161] R: Veltroni: diritto di scelta
Piero DM  Giovedi`, 13 Luglio 2000


----- Original Message -----
From: Francesco Clementi
> sono rimasto particolarmente colpito dall'articolo di Veltroni apparso
>ieri sulla Stampa. Per chi non avesse avuto modo di leggerlo lo invio -
>sperando di fare cosa gradita - in rete.

Hai fatto cosa molto gradita, vista la scarsezza dell'informazione che ho
riscontrato su questo articolo nei due giornali che leggo quotidianamente,
Messaggero e Repubblica.

Il Veltroni - e il partito, e l'Ulivo - che viene fuori da quest'articolo
non è nuovo, e anzi riconferrma cose già note: qua  e là buone idee
generiche, qualche contraddizione stridente, grande voglia di essere
carismatico a suon di parole e di belle immagini, qualche falsità che serve
ad evitare smagliature nel bel quadro d'insieme. Nel complesso, a
prescindere da tutto questo, più una dichiarazione d'intenti che un
programma politico o un progetto.

Tanto meno mi sembra che una simile dichiarazione d'intenti possa costituire
una "identità politica" della sinistra: certamente, a fronte di una destra
come quella dell'Unto di Arcore, anche Aznar dovrebbe far parte dell'Ulivo,
o potrebbe perfino iscriversi ai DS di Veltroni.
Ma certo non basta distinguersi da Berlusca per avere una "identità" e un
progetto politico forte.
Quello che è più grave e paradossale, però, è che questa distinzione -
benchè insufficiente se pure ci fosse - è in effetti molto più nelle
intenzioni che nel contenuto dell'articolo, ossia in quel tanto o quel poco
di merito politico che viene indicato.

Mi spiego meglio attraverso un paio di esempi, senza mettere in atto un
commento dell'articolo punto per punto, per evitare uno dei miei soliti
mega-interventi (ché già così... :-)

> Diritto alla scelta - La Stampa 11 luglio 2000
> ...E' un'idea della libertà molto lontana da quella del Polo, che vuole
essere libertà del più forte e libertà dalle regole.  Chi sta nella casa dei
>riformisti, chi sta nell'Ulivo, ha un'altra idea, più moderna, della
libertà. La intende come opportunità di realizzazione dei propri piani di
vita, >come diritto di scelta del singolo individuo, come creazione delle
condizioni perché ogni individuo, ogni giovane, ogni ragazza e ogni ragazzo
>del nostro Paese possa scegliere sempre più, sempre meglio, il proprio
tempo di lavoro, il proprio percorso formativo, l'ambiente di cui vivere,
>il momento in cui fare un figlio, quello in cui andare in pensione.  E' una
frontiera che si può raggiungere. Perché il lavoro di questi quattro >anni e
i risultati raggiunti consentono di farlo. Perché le politiche di
risanamento, le politiche dei redditi, le politiche per l'Europa hanno
>permesso di ricomporre alcuni gravi squilibri ereditati dal ventennio
precedente: lo squilibrio dei conti pubblici, l'instabilità valutaria, la
>tendenza inflazionistica determinata dalla rincorsa fra costi e prezzi, lo
squilibrio dei conti con l'estero. E anche perché in questi anni l'Italia ha
>saputo innovarsi. Abbiamo saputo innovare il rapporto fra cittadini e
istituzioni locali, attraverso le nuove responsabilità dirette degli
>amministratori. Innovare le regole (...)

Tralasciando di obiettare su tutta questa pretesa catena di innovazioni
epocali, è evidente (perfino un po' ridicolo) il contrasto tra la serie
elencata delle poetiche libertà esistenziali di "ogni giovane, ogni ragazza,
etc", e i risultati vantati di questi quattro anni di lavoro - centrati sul
risanamento dei conti pubblici, la lotta all'inflazione, la bilancia dei
pagamenti.
Chiunque non sia un imbecille concorda facilmente sul fatto che ci sia un
qualche legame tra la felicità dei cittadini e la sanità dei conti dello
stato - non proprio un rapporto di causa-effetto, ma un legame c'è.
Tuttavia solo un infervorato ministro del tesoro - o un commercialista, un
ragioniere - è in grado di ignorare il fatto che tra le due catene di valori
(quella esistenziale e spirituale delle "ragazze etc", e quella della
ragioneria dello stato) c'è guarda caso il grande territorio della politica,
ossia il vasto spazio dove quei tabulati diventano leggi, territorio,
società e appunto "vita", e dove viceversa l'apparente caos della vita
diventa conto pubblico e tabulato finanziario.
Non c'è niente di male ad essere un ragioniere o un oculato ministro del
tesoro, anzi, ma è curioso che tale sembri un partito o un "leader" che
vorrebbero
invece proporsi con spessori spiccatamente spirituali, carismatici, e
morali, più che politici addirittura meta-politici, e su questa metafostica
dell'estetica intendono fondare la propria distinzione.

In questo stridente (e un po' ridicolo) accostamento è riassunta tutta la
debolezza della concezione veltroniana della sinistra, che ora si esprime
nell'elencazione delle idealità, ora in quella delle (vere, presunte, fatte,
da fare) medagliette di buona amministrazione, ma si guarda bene
dall'affrontare quella che semplicemnente è la politica.

Comunque, torniamo un momento agli imbecilli di cui sopra.
Anche un imbecille tuttavia capirebbe che il risanamento dei conti etc non è
di per sé un prodotto specifico della sinistra.
Lo sarebbe semmai se fosse ottenuto senza toccare le classi più povere, o
facendone pagare le spese ai settori speculativi, o
inventando formule nuove e più democratiche (e liberali) di riequilibrio
finanziario: tutto questo è ben lontano dall'essersi verificato.
Potremmo ragionevolmente convenire che, dato un certo sistema, il
risanamento deve avvenire entro una ristretta gamma di opzioni, e che c'è
ben poco spazio per opzioni di destra o di sinistra: ne conveniamo, ma
risulta appunto piuttosto velleitario piantare bandierine rosse o rosate su
questa nuda e cruda realtà.

> ...Alla stessa dimensione di libertà possiamo fare riferimento quando
pensiamo alle innovazioni dei sistemi di formazione e istruzione. Il
>riordino dei cicli scolastici e la riforma della didattica universitaria
introducono nuove flessibilità e aprono la strada all'arricchimento
>dell'offerta. Inedite dimensioni di scelta sono rese possibili dalle
tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Perché non utilizzare di
>più lo strumento del credito d'imposta per incentivare le attività di
formazione, di ricerca, di innovazione da parte delle imprese e dei
cittadini? >Perché non adottare in alcuni casi i «buoni di acquisto»,
piuttosto che l'erogazione forzosa di servizi da parte di organi
burocratici?  >L'educazione è centrale anche perché è «educazione a
scegliere». E' la convinzione che anima lo stesso «progetto 2000», che
abbiamo >presentato al congresso di Torino, momento centrale
dell'elaborazione programmatica dei Ds: compito dei riformisti è liberare
l'Italia della >sclerosi, dalla paura dell'innovazione. In tante aree della
nostra società le «libertà sostanziali» sono negate da regolamentazioni
>anacronistiche, come quelle che limitano artificiosamente la concorrenza
nel settore dei servizi professionali, o da strutture giuridiche più >adatte
all'Italia di cinquant'anni fa che ad un Paese che voglia accettare la sfida
della competizione mondiale,

Lasciamo stare la formazione, di cui abbiamo già detto recentemente.
Il guaio grosso di Veltroni è che non parla più - come poteva essere cinque
o dieci o venti anni fa - dall'opposizione, con tanto di fattore K. Parla da
ex-vicepremier, e da segretario del partito che sta governando da alcuni
anni.
Non tanti anni, d'accordo, ma sono bastati sette mesi di governo Berlusconi
per decretarne l'inefficiuenza e l'inaffidabilità ...
Furbamente, Veltroni accenna ai tempi lunghi di certe riforme, e avrebbe
anche ragione, se non fosse per un piccolo dettaglio: gran parte delle belle
cose  che elenca (diamole tutte per chiare e per belle, anche se...) non
sono state neppure tentate, o fatte oggetto di una seria campagna di
informazione, di discussione, tale che si potesse capire quali fossero le
volontà e i tempi della sinsitra, i suoi progetti concreti.
In qualche caso (specie nel settore scuola) la discussione c'è stata, ma per
contrastare le opinioni della destra, che ora Veltroni sembra riprendere
sotto la voce "perché non facciamo così?". Bene, se è tanto bello fare così
e tanto innovativo, come mai non si è fatto e ne stiamo ancora a parlare,
visto che la destra e i cattolici dell'Ulivo proprio questo volevano e
dunque eravamo tutti d'accordo?

Peggio ancora, in alcuni settori le vaghe formule verbali nascondono un
indirizzo che non va affatto nella direzione "poeticamente" indicata, ma va
invece verso una semplice redistribuzione delle sclerosi e dei privilegi.
In certi casi il magico concetto di "innovazione" si è materializzato in
normalissimi e discutibilissimi "cambiamenti", che di nuovo e innovativo non
hanno praticamente nulla, e che anzi sono la dilatazione infiocchettata di
esperienze dell'epoca pentapartitica - vedi ad esempio le agenzie per
l'occupazione giovanile eredi della famigerata legge De Vito; vedi la
pestifera  ideologia assistenziale, ipocrita e mafiosetta
dell'associazionismo, del volontariato istituzionalizzato, del rapporto
privilegiato e cooptatorio con la grande impresa, le emanazioni sindacali e
quelle vaticane, etc.

>...Se noi, l'Ulivo, i riformisti, riusciremo a lavorare per creare le
condizioni affinché i cittadini possano scegliere avendo le informazioni e
le >possibilità, la capacità e la libertà di farlo, allora avremo fatto un
passo avanti nella realizzazione del nostro compito. Il compito di chi vuole
>coniugare modernità e coesione sociale. Il compito di chi vuole,
>governando, continuare a cambiare radicalmente l'Italia.

Pistolotto. Retorica pura.
Insomma, con Mastella e Parisi, con Dini e con De Mita, con Rutelli e con
Salvi, Bordon, Turco e i boy scout di Badaloni, noi "cambieremo radicalmente
l'Italia" ... anzi, "continueremo" a cambiare radicalmente etc.
E poi prendevano in giro Zeman, che voleva Dal Moro per vincere lo scudetto
:-)

Come sempre, come nella mozione congressuale, come in altre occasioni, a
quella che sembra una lunghissima prefazione non segue mai il romanzo, per
cui alla fine si prende atto che la letteratura dell'attuale sinistra è
fatta di prefazioni, e di tante pagine in bianco sulle quali ciascuno di noi
può scrivere quello che vuole, o perfino vederci disegnati scenari e ombre,
progetti e desideri i più diversi - e questa è l'unica forma concreta che
vedo di "libertà", di diritto di scelta, in questa visione della sinistra,
oggi.

= Piero DM =











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